25/10/2022 – S. Gaudenzio di Brescia e Beato don Carlo Gnocchi

Marco 10, 17-22

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

 

 

Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre».

 

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

 

Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

 

 

Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

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Un giovane si reca da Gesù spinto dal desiderio di vivere onestamente e di migliorare il suo comportamento per “ereditare la vita eterna”. Questo giovane, ci suggerisce Gesù, già “conosce” i comandamenti e li osserva.
Eppure, di fronte alla richiesta del Maestro “buono” di fare della sua intera vita un dono, si allontana triste.

Mi sembra che il comportamento di questo giovane ci suggerisca che non basta “conoscere” i comandamenti, ma che la nostra vita, le nostre scelte, le nostre azioni, la nostra stessa morale, devono essere “questione di cuore”.

Ogni piccolo gesto quotidiano non può essere la semplice (seppur faticosa) risposta a un comandamento e non deve nemmeno essere orientato al puro conseguimento della vita eterna (il regno – insegna Gesù – va già costruito su questa terra, dove la gioia può già
essere piena), ma deve essere lo specchio della nostra adesione alla persona di Gesù.
Seguire Gesù, infatti, non è seguire un pensiero, ma fidarsi di una persona che ci dice che la nostra vita ha senso se è spesa, donata, quasi “venduta” all’altro che ci sta davanti, chiunque sia (compagno di viaggio o estraneo, povero, lontano).

È una coerenza difficile quella che ci è chiesta, ma non impossibile, poiché Gesù ci guarda e ci ama e questo dovrebbe bastare.

Dalla preghiera di abbandono di Charles De Foucauld

Rimetto la mia anima nelle tue mani,
la do a Te, mio Dio,
con tutto l’amore che ho nel cuore,
perché ti amo,
e perché ho bisogno di amore,
di far dono di me
di rimettermi nelle tue mani senza misura,
con infinita fiducia,
perché Tu sei mio Padre.

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