23/09/2021 – S. Pio da Pietralcina

Lc 18, 18-23
In quel tempo. Un notabile interrogò il Signore Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre”».

 

 

Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza».

 

Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!».

 

Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco.

Proviamo, questa volta, a cominciare dal fondo: “ Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco”.

Come può essere?! Si incontra Gesù, si ascolta la sua parola e si diventa tristi? Pietro affermava che solo Gesù aveva parole di vita eterna, quando il Maestro aveva chiesto ai suoi se avessero desiderato andarsene anche loro, come avevano fatto in molti.

E questo notabile? Pone la domanda che riguarda la vita eterna, ma la risposta lo rende triste invece di spalancargli l’orizzonte. Ultime tre parole del brano: “era molto ricco”.

E ci risiamo! Sembra proprio che la ricchezza nel Vangelo non vada d’accordo nè con la felicità, nè con la vita eterna, nè con il regno di Dio…..insomma, essere ricchi pare essere una vera disgrazia. In realtà questo è un grande malinteso.
La chiave di volta non è in quel che si possiede, ma nella capacità di spogliarsi di tutto, di lasciar andare, di non esercitare il possesso per poter accumulare un tesoro nei cieli e mettersi a seguire Gesù sulle strade della nostra vita quotidiana.

Quindi, un investimento per il futuro e un programma di vita decisamente contro corrente per il presente.
Ci vuole coraggio a scegliere di essere felici, soprattutto perché il mondo sostiene una tesi ben diversa, facendo coincidere la felicità con la possibilità di avere quel che si desidera: cose, persone, potere, denaro, successo: tutto sul medesimo piano.

Ma c’è un dettaglio che non possiamo non notare: nella versione di Luca – a differenza di quanto riportano Marco e Matteo – il notabile non se ne va. Chissà che non sia davvero rimasto, pur nella sua tristezza.
Chissà che non abbia continuato ad ascoltare la Parola di Gesù. Chissà che, alla fine, questa Parola non l’abbia scosso e lui, sbarazzatosi delle molte ricchezze che lo appesantivano, non abbia fatto della propria vita un “cantiere della solidarietà” per il Signore e per i fratelli più poveri (Fiaccolina giugno 2019)

Chiediamo con insistenza allo Spirito Santo di donarci il coraggio per rimanere e scegliere.

Confida nel Signore e fa’ il bene:
abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
Affida al Signore la tua via,
confida in lui ed egli agirà:
farà brillare come luce la tua giustizia,
il tuo diritto come il mezzogiorno.

22/09/2021 – S. Maurizio e compagni – Beato Luigi Maria Monti

Lc. 18, 15-17
Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse; ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. Allora Gesù li fece venire avanti e disse:

 

“Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà”.

Leggendo il brano di Vangelo di oggi si apre davanti ai nostri occhi una scena concreta: Gesù sta passando sulla piazza di un villaggio e si imbatte in alcune madri con il loro bambini: desiderano, infatti, per loro una carezza da parte di Gesù e la sua benedizione.
Chissà che entusiasmo e vitalità attorno a Lui! Che festa!

Intervengono però i discepoli a rimproverarli per il loro “frastuono”.
Gesù, invece, immaginiamo con tono dolce e affabile, li invita «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite» perché «A chi è come loro appartiene il Regno di Dio».

Per Gesù questi bambini diventano degli esempi da seguire per entrare nel regno di Dio!
I bambini con la loro purezza, sincerità, spontaneità, disinteresse, fiducia, dovrebbero essere esempio per ciascuno di noi adulti!

Davvero dobbiamo imparare la piena fiducia in Gesù come i bambini, che senza sospetti e timori si abbandonano nelle braccia dei loro genitori.
Davvero dobbiamo imparare a spogliarci del nostro modo di vedere, pensare e agire sempre proiettato ad un interesse e affidarci più spesso al Padre celeste…
Davvero dobbiamo riempire le nostre relazioni di sincerità e trasparenza, cancellando tutte le “impalcature” che ci costruiamo per apparire come non siamo realmente …
Davvero dovremmo intonare più spesso nella nostra mente il ritornello: “e imparerò a guardare tutto il mondo, con gli occhi trasparenti di un bambino …”.

21/09/2021 – S. Matteo

Mt 9, 9-17
In quel tempo. Andando via, il Signore Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

 

 

Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai
pubblicani e ai peccatori?».

 

 

Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

 

 

Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.

 

 

Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

In questo brano di Vangelo troviamo due sguardi sulla conversione.

Nella prima parte vediamo il punto di vista del peccatore che ha una possibilità di conversione nella vicinanza con il Signore Gesù, che si fa prossimo ai peccatori per farli sentire amati. Questo amore è l’unico “carburante” che può far partire quel movimento del cuore verso Dio che è la conversione.

A volte nella Chiesa di oggi credo che ci dimentichiamo di vivere questa vicinanza (attraverso la vicinanza della Chiesa è Gesù stesso che è reso presente) proprio con le persone che ne avrebbero bisogno; siamo invece più abituati ad un vuoto giudizio.

Nella seconda parte troviamo invece la forza di volontà che gli uomini devono avere per rendere la loro vita degna del dono d’amore che il Signore ci fa, rendendola resistente alle tentazioni e al disperdersi, togliendo la vecchiezza del vestito del peccato e non vivendo una vita frantumata e dispersiva.

So essere strumento di vicinanza del Signore ai peccatori? Tendo al giudizio o al dialogo profondo? Cerco di capire le esigenze e la gradualità del cammino dell’altro? Come vivo la mia conversione quotidiana?

20/09/2021 – S.S. Andrea Kim, Paolo Chong e compagni martiri

Lc 17,26-33
In quel tempo il Signore Gesù disse: “Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.

 

 

Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. 

 

 

Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. 

 

 

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva”. 

Gli scenari apocalittici descritti in questa pagina del Vangelo, dove si parla di cataclismi, alluvioni, pioggia di fuoco e zolfo, subito ci fanno venire in mente i giorni drammatici che abbiamo vissuto tra marzo e aprile dell’anno scorso. Il panico e la paura erano i sentimenti dominanti ma c’era comunque chi continuava con la propria vita come se niente fosse. Arrivavano le notizie dai paesi nella bergamasca dove quasi la totalità degli abitanti moriva e questa pagina sembra la stessa descrizione.

Ma perché Gesù ci parla di morte, distruzione e desolazione? Perché è dentro un contesto così, dal quale tutti vorrebbero scappare, che si manifesta il Figlio dell’uomo. Non è così? I progetti più belli di inclusione, di creatività, di partecipazione, di riscatto sociale, nascono proprio nei contesti più disagiati, in quei quartieri o città dove nessuno vorrebbe andare a vivere.

Possiamo parafrasare con la celebra frase di Mulan: “Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e più bello di tutti”.

Lasciamoci guidare e illuminare dall’esempio di tanti uomini e donne che di fronte alle necessità del momento in cui vivevano non hanno pensato a ciò di cui avevano bisogno, ma hanno saputo mettersi a servizio e ad essere generosi e creativi, come solo gli uomini e le donne illuminati dallo Spirito possono essere.

Non hanno avuto paura di ciò che sarebbe potuto accadergli ma hanno pensato al bene di cui c’era bisogno e a dare un piccolo sollievo a chi aveva perso tutto o non contava nulla. L’elenco è davvero lungo e ogni giorno andrebbe aggiornato! Non si sono voltati indietro, non hanno pensato di rimanere nella loro “comfort zone” ma hanno detto: eccomi, ci sto, sono disponibile, aiuto io, conta su di me!

Hanno “fatto centro”, tanto che di loro si continua a parlare e si continuerà a farlo per molto tempo.

19/09/2021 – 3ª Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni

Gv 3, 1-13

In quel tempo. Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò dal Signore Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui».

 

 

Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».

 

 

Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto.

 

 

Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose?

 

 

In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?

 

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo».

E’ davvero una pagina che non si finisce mai di capire questo incontro fra Gesù e Nicodemo.

Forse qui Gesù ci sta presentando lo Spirito come possibilità sempre nuova di salvezza, che poi è Vita!

C’è un nascere fisico e poi c’è una vita spirituale, che non è astratta, impercettibile, ma una vita piena, ricca, felice, buona, contemporaneamente “dentro e oltre” la materialità.

L’allusione nelle parole di Gesù è al Battesimo, che ci apre al mistero di Dio, ci immerge letteralmente nella sua vita: in quel giorno Egli ci fa dono del suo Spirito e – come diceva settimana scorsa papa Francesco- è proprio da festeggiare, come il giorno del Compleanno.

Ogni giorno è una festa e lo so bene io, che quest’anno ho deciso di festeggiare il mio compleanno ogni mese per ricordarmelo! Senza esagerare e senza presunzione, ma condividendo e rendendo grazie per una vita piena goduta a pieno fin qui…

Mi convinco di “aver ragione”, un pochino, dopo aver letto e gustato la 2° lettura di oggi, un’altra perla di Paolo, perché mi dà motivo per far festa davvero! Sono “graziata“, come lui …

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5b): noi che siamo deboli, miseri, peccatori, egoisti, che oggi ci siamo e siamo poca cosa e domani potremmo non esserci più, che cosa possiamo fare di grande? Amare.

È la cosa più importante, la più bella eppure la più fragile, complicata, faticosa, misteriosa, ma resa possibile in noi dallo Spirito di Dio che è Grazia o Amore.

Gesù lo ha condiviso donando la sua vita in Croce: dal suo corpo sono scaturiti acqua e sangue, simboli di quei sacramentigrazie ai quali lo Spirito ci è stato dato. Lui è morto per noi proprio perché e quando eravamo peccatori, non buoni, non perfetti, non giusti….ci ha voluto bene lo stesso!

 

Ecco, allora, faccio mie anche le parole del salmo: “Rendimi la gioia della tua salvezza”.(sal 50,14)

Donami ancora “grazie” e aiutami a dire sempre “Grazie!”.

La pace, di cui parla Isaia (Is 32,15-20), è ancora una volta dono dello Spirito e non dipende, allora, soltanto dalle condizioni esterne in cui viviamo. Non posso non pensare alle donne e uomini afghani e in ogni parte del mondo che ora non vivono una vita sicura:  Cristo che è morto anche per loro doni vita e salvezza.

Continuiamo a pregare perché lo Spirito riversato nei cuori possa far compiere a ciascuno di noi gesti di umanità, cura, solidarietà, amore, facendoci riconoscere gli uni gli altri come fratelli

18/09/2021 – S. Eustorgio

Luca 12,32-34
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

 

Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina, fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma.

 

Perchè, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.

Continua il cammino di Gesù verso Gerusalemme, là dove si compirà la sua missione.

Gesù sa che cosa lo attende, perché cresce intorno a lui l’ostilità della gerarchia religiosa, mentre la simpatia della gente sta calando, perché non sembra realizzarsi quel Messia che pretendevano di trovare in Lui.

In questo contesto il Figlio di Dio pronuncia alcune parole che ancora oggi, come credenti, ascoltiamo con commozione: “Non temere, piccolo gregge…”.

Sono parole di consolazione: Gesù guarda la piccola realtà di coloro che lo seguono e si rivolge a loro con un linguaggio fraterno.

Sono pochi discepoli, a volte anche ansiosi e perplessi: ma la promessa di Gesù “…al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno…” è rivolta proprio a questo piccolo gregge, a questa minoranza di persone lontane dagli appoggi del mondo, impotenti nei riguardi dei meccanismi che lo governano.

Questi “pochi” sono chiamati dunque da Dio a realizzare il Regno.

Gesù ci rassicura: dentro la logica del Padre, a differenza di quella umana che ama le folle, la quantità e la potenza non sono garanzia di successo. Ma per comprendere, accogliere e vivere queste parole di Gesù occorre un totale ribaltamento del modo attraverso cui vediamo le cose.

Nella nostra vita, naturalmente, siamo portati a credere che l’essere numerosi, l’accumulare, il possedere siano la fonte della nostra “sicurezza”. Ma per assaporare la gioia del dono del Regno occorre distaccarsi dai beni e condividerli.

Così commenta Enzo Bianchi…”occorre spogliarsi di ciò che si ha – beni, denaro, terra – non per disprezzo ma semplicemente per condividere con quanti non hanno e non possiedono. Ognuno ha delle ricchezze, soldi, possessi, ma anche forza, tempo disponibile, doni personali. Basta condividere ciò con gli altri, che sono tutti fratelli e sorelle. Solo così un discepolo, una discepola, diviene veramente tale, smette di avere due padroni, smette di porre sè al centro della vita e non è più alienato all’avere, al possesso, non è più tentato di mettere la fiducia e la speranza nelle ricchezze”.

E’ la radicalità del Vangelo da vivere nel nostro concreto quotidiano: il distacco dai beni richiede una conversione, mai avvenuta una volta per sempre, ma che va rinnovata, giorno dopo giorno, nella convinzione che non possiamo servire a due padroni…

17/09/2021 – S. Satiro

Lc 17, 22-25

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli:

 

«Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli.

 

Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno.

 

Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Gesù è in cammino verso Gerusalemme.

Sulla strada i farisei lo interrogano circa il regno di Dio.
“Quando verrà il regno di Dio?“. Gesù risponde che il regno di Dio è già in mezzo a noi.
Anche in questi tempi incerti occorre scolpire nel cuore questo pensiero.
 
Siamo spesso alla ricerca di parole efficaci e convincenti circa l’andamento della pandemia, i vaccini e quanto altro può tranquillizzarci.
La Parola di oggi ci invita a non correre dietro a queste logiche (“eccolo qua o eccolo la”), ma a scendere in profonditàdentro a noi stessi e a dare adito alla voce dello Spirito che agisce in maniera creativa.
 
Il regno di Dio è già presente , occorre allenare lo sguardo perché si presenta come un piccolo seme a cui non siamo importanza.
Siamo chiamati a riconoscere quel seme nella nostra quotidianità e a liberarlo dalle erbacce perché possa crescere.
 
Riesco a percepire che il regno di Dio è già qui?
Dietro a quali logiche fondo la mia vita?

16/09/2021 – S.S. Cornelio e Cipriano

Luca 17, 11-19
In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.

 

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».

 

Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti».

 

 

E mentre essi andavano, furono purificati.

 

 

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

 

Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?».

 

 

E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»

 

Ecco un incontro inatteso: dieci lebbrosi, scarti della società, emarginati e condannati alla segregazione come impuri e maledetti da Dio e dagli uomini, vanno incontro a Gesù mentre egli sta per entrare in un villaggio. Sono uomini che, secondo la Legge, hanno il peccato scritto sulla pelle; peccato che, consumato, corrompe tutto il corpo, tutta la persona, facendone un membro rigettato dalla comunità credente.

Sono persone che vivono nella solitudine e che, forse, a volte incontriamo anche nei nostri gruppi giovanili e nelle nostre comunità cristiane: terribilmente soli perché non gradevoli.
E che non sembrano neppure molto “avanti “ nella fede: riconoscono Gesù come “maestro”, ma non ancora come “Signore”; forse si rivolgono a Lui come si sono rivolti ad altri fantomatici guaritori…per sentito dire…; non fanno preghiere complesse, solo “Abbi pietà di noi”.

È un grido semplice e breve, che mette l’accento sulla miseria di questi uomini. E’ una giaculatoria molto generale, non precisa nei contenuti, ma efficace lamento di chi soffre e chiede aiuto, consolazione.

Gesù vede questi lebbrosi, con uno sguardo che li discerne tutti e ciascuno personalmente e, mosso a compassione, dà loro solo un ordine “Andate a presentarvi ai sacerdoti”, coloro che erano incaricati dalla Legge di diagnosticare la lebbra e attestare la guarigione da essa.

Non fa gesti miracolosi, di quelli che scatenano il successo del “guaritore” e che portano le folle all’applauso.
A prima vista, dunque, dieci lebbrosi non sono esauditi, anzi sembrerebbe che Gesù li rimandi ai sacerdoti per manifestare la propria incompetenza. Eppure essi obbediscono a Gesù e realizzano ciò che ha loro chiesto. Egli infatti non li manda via da sé ma, accogliendo la loro fiducia iniziale che li aveva spinti all’invocazione, li invita ad una fiducia che può contare sulla sua parola.

Ed ecco che “mentre essi andavano, furono purificati”: la loro lebbra sparisce ed essi diventano puri.

La fede resta veramente un mistero e non sempre sappiamo discernerla nella sua portata, nella sua qualità, non sappiamo giudicarla né misurarla: negli altri, ma anche in noi. Dobbiamo solo chiederla. E con insistenza.

Signore, Tu mi ascolti anche se le parole sono poche. Con insistenza ti chiedoGesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me!”

15/09/2021 – B.V. Maria Addolorata

Lc 17, 7-10
Il Signore Gesù disse:

 

 

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”?

 

Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

 

 

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Il brano di oggi ci invita a riflettere sullo stile che un cristiano deve assumere nella propria quotidianità: Gesù infatti sottolinea l’importanza del servizio.

Viene messo in evidenza come colui che vuole mettersi alla sequela di Gesù debba ragionare secondo logiche differenti rispetto a quelle del mondo. Riecheggia la frase che Gesù pronuncia durante la lavanda dei piedi: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.” (Gv 13,14)

Il servizio viene descritto come cifra cruciale dell’agire cristiano: viene sottolineato come servire sia da intendere come sinonimo del verbo amare, un amore che ha come elemento fondamentale la gratuità. L’invito infatti è agire secondo una prospettiva che non mette al centro il proprio interesse, ma che al contrario si basa sul dono di sé incondizionato.

È un invito a prendersi cura dei più fragili e di coloro che ci chiedono aiuto, facendoci strumento e presenza presso di loro dell’amore di Dio. Gesù, infatti, pone davanti a noi una missione che ci chiama ad essere strumenti nelle mani del Padre, ci invita a mettere da parte il nostro egoismo e a lasciarci plasmare dalla sua volontà, consapevoli che in essa risiede la nostra felicità.

Chiediamo al Signore di accompagnarci e sostenerci in questo percorso che ci invita ad assumere il suo sguardo verso chi ci chiede aiuto, nel quale dovremo vincere la tentazione di porre noi stessi al centro, ma di vivere pienamente la virtù dell’umiltà come recita Maria nel Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della
sua serva. (Lc 1, 16-48).

14/09/2021 – Esaltazione della Santa Croce

Giovanni 3, 13-17
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.  E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

 

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 

 

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Oggi la Chiesa festeggia l’esaltazione della croce, mistero a cui è legata la fede cristiana.
Mistero così difficile da sondare e accarezzare se non lo leghiamo non semplicemente alla morte di Gesù, ma anche alla sua resurrezione, speranza per la nostra fragile esistenza, “respiro” per la vita di un credente.

Un barlume del mistero della croce mi sembra proprio contenuto in queste righe del Vangelo di Giovanni, che prova ad indicarci l’essenza di Cristo. Egli è disceso dal cielo, è Dio, è la grandezza smisurata dell’amore di Dio che “si abbassa” alla nostra povera umana natura, affinchè nessuno di noi “vada perduto”. Quale amore può essere più grande … Un Dio che non ha nessun bisogno dell’uomo per la sua pienezza, ma che nel suo essere Totalmente Altro dall’uomo, decide di crearlo “a sua immagine” e di essere Dedizione Totale
per lui, fino a sacrificare la cosa più preziosa che ha, il suo stesso figlio.

Proprio nella misura della Dedizione e del servizio persino un non credente, come si professa Natoli, può intuire la grandezza della croce di Cristo (e del donarsi dell’uomo all’altro uomo, come forma di riscatto per l’umanità:

“Per quanto mi riguarda vedo in Gesù non tanto un Dio che s’incarna, ma piuttosto un uomo che con la sua vita ha indicato agli uomini la misura per divenire dei. Ove per Dio intendo il pieno realizzarsi non tanto del bene – troppo astratto – ma della bontà del mondo […] Prendersi reciprocamente in carico, condividere con gli altri gioie e dolori …
[…] Per fare questo è necessario forzare la propria natura, patire una sorta di crocifissione: è necessario liberarsi dall’idolatria dell’io – e ognuno, nel suo ambito, del proprio – perché solo nel reciproco donarsi il dono ridonda a beneficio di tutti.
[…] Ma perchè questo sia compreso è necessaria una logica superiore: quella dell’economia salutis.
«Guardare» all’«uomo dei dolori», questo lo favorisce: con i lineamenti segnati dai tormenti, piagato, mantiene non a caso uno sguardo mite; non condanna, ma giudica. Vittima dell’ingiustizia, per un verso la denuncia, per l’altro ci rende solidali con tutte le vittime, costringe a non chiudere gli occhi innanzi all’umanità umiliata. Impegna a sentirsene responsabili …

(Da L’uomo dei dolori, S.Natoli)

Oggi contempliamo la croce con fede, amore, gratitudine, speranza, domandandoci come possiamo farci dono agli altri.