07/10/2019 – Beata Vergine Maria del Rosario

“In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?».” (Luca 10,25-37).

Gesù ha dato lode al Padre, qualche versetto prima dell’Evangelo di oggi, perché i misteri del regno sono stati nascosti ai sapienti e ai dotti e invece sono alti rivelati ai piccoli.

É proprio a partire da questa preghiera che meditiamo il dialogo tra Gesù e il dottore della Legge. Gesù viene messo alla prova per capire da dove gli venga la sua saggezza e sapienza.

Alla domanda che cosa bisogna fare per guadagnare la vita eterna, Gesù risponde con una domanda: che cosa dice la Legge, che cosa si legge nella Torah? Il dottore della Legge risponde correttamente ripetendo la preghiera dello Shemà Israel: amare Il Signore con tutto noi stessi e il nostro prossimo.

Fin qui tutto bene. Ma il dottore della Legge non si accontenta. Chiede a Gesù chi è il nostro prossimo, ovvero chi è l’altro da noi?

La parabola del buon Samaritano è per certi versi paradossale per il dottore della Legge ma è la risposta che Gesù dà rispetto a chi ha la pretesa di addomesticare la Parola, la Legge e la Torah a proprio uso e consumo!

In sostanza Gesù ricorda al suo interlocutore che si ama il Buon D-o se si ama chi ci sta accanto. Si ama il Signore se ci prendiamo cura di chi è nel bisogno.

A volte é la testimonianza di chi è fuori dal nostro cerchio a dirci come bisogna amare il prossimo e quindi il Signore. É per questo che dobbiamo aprire la nostra vita agli altri ed uscire dalle nostre comunità e dalle nostra placida tranquillità!

06/10/2019 – 27ª Domenica del Tempo Ordinario

“Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”” (Luca 17,5-10).

L’Evangelo che ascoltiamo in questa domenica é intrigante perché è fatto di sfumature importanti.

La prima di queste è la richiesta dei discepoli di aumentare la fede. Quello che chiedono è la presa di coscienza della incapacità di perdonare sempre. Gesù infatti nel versetto precedente aveva ribadito il significato del perdono.

É fuori luogo la richiesta dei discepoli di chiedere a Gesù di aumentare la loro fede. La fede dipende da noi. Sarebbe stato più corretto chiedere la capacità di perdonare tenuto conto delle nostre povertà e fragilità.

Ma Gesù guarda oltre. Afferma che basta poco per avere fede. Basta avere fede quanto un granello piccolo di senape per far spostare perfino le montagne.

La seconda sfumatura é legata all’esempio che Gesù evidenzia quando un servo, per quanto abbia lavorato, comunque sia chiamato a servire il suo padrone. Il padrone non avrà l’obbligo di prestare gratitudine. Il servo ha fatto semplicemente il suo dovere.

Gesù aggiunge una sfumatura a questo discorso. Il compito di una persona di fede è fare del bene che sia riconosciuto o meno. Nulla ci si deve aspettare in cambio. Non è inutile il lavoro svolto. È semplicemente il riconoscere che il bene ha una valenza di gratuità.

Essere servi inutili quindi è avere il coraggio di lasciare ogni gratificazione perché il bene sia dono senza contraccambio.

Il servire, quindi, è scelta per gli altri. É riconoscere il servizio donato senza pretese. Per questo possiamo chiedere al Signore di essere sempre capici di dedicarci al servizio, con fede, senza il contraccambio.

05/10/2019 – Sabato della 26ª Settimana del Tempo Ordinario

“Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.” (Luca 10,17-24).

L’esperienza missionaria dei discepoli é stata positiva. Sono tornati con gioia da Gesù e gli hanno ricordato che perfino i demoni si sono sottomessi a loro.

Gesù però mette in guardia i discepoli. Non occorre rallegrarsi per aver sconfitto i demoni. Piuttosto é più importante riconoscere il Signore e rallegrarsi affinché i nostri nomi siano iscritti in cielo.

In mezzo a questo racconto rileggiamo la preghiera che Gesù ha manifestato al Padre. É una preghiera-parola che ci dà slancio. Abbiamo trovato leggerezza nel nostro servire il Signore e i fratelli.

Ma la parte conclusiva stupisce i discepoli e pure noi: Gesù rivolge a ciascuno una Beatitudine, un ringraziamento perché siamo stai fortunati a riconoscere il Signore in un tempo di colore grigio.

Forse non riusciamo a cogliere la profondità di questa prospettiva. Ma se ci pensiamo é quello a cui possiamo ambire accogliendo il Signore.

04/10/2019 – S. Francesco d’Assisi

“In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” (Matteo 11,25-30).

Nella festa di San Francesco d’Assisi, riascoltiamo la preghiera di lode che Gesù rivolge al Padre e che anima il suo impegno di annuncio della Parola.

É la preghiera di chi vuole annunciare con libertà le promesse di D-o per ciascuno di noi, a partire dal popolo dell’Alleanza.

In questa semplice preghiera alcune parole suscitano in noi significati che pacificano il nostro impegno.

Innanzitutto Gesù dà lode al Padre perché sono le cose semplici rivolte ai piccoli che trasformano la vita e che ci fanno comprendere il bene generato in ogni nostra azione.

La benevolenza del Padre é l’anima che dà senso alla nostra esistenza. Da essa derivano la gioia della mitezza e dell’umiltà che ci fanno riconoscere nella croce di Cristo non il senso di abbandono ma il valore altissimo di donare la vita per gli altri.

E noi siamo capaci di donare la vita partendo dai piccoli gesti.

03/10/2019 – Giovedì della 26ª Settimana del Tempo Ordinario

“Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”.” (Luca 10,1-12).

Che cosa ha significato per i discepoli di Gesù andare ad annunciare l’Evangelo? E per noi oggi che cosa significa essere discepoli missionari?

Questi due interrogativi animano i nostri pensieri meditando la Parola che la liturgia oggi ci propone.

Gesù ha deciso di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ha spiegato ai suoi discepoli il senso della sua missione. Ma questi non hanno capito il significato profondo di questa scelta. Vedono in Gesù il Messia conquistatore e liberatore politico non il messaggero del Padre di misericordia.

Tuttavia i discepoli si mettono in cammino. La messe è molta ma gli operai sono pochi. C’è molto da fare ma quello che conta é la preghiera. Occorre forza interiore.

Per essere discepoli in missione non servono molte cose da portare con sé. É necessario essere sobri e semplici. Chi accoglie il messaggio riceverà la pace, perché il regno di D-o è vicino. Con loro si condividerà la mensa.

Tuttavia c’è Il rischio di non essere accolti. E allora comunque si annuncerà che il regno dei cieli è vicino ma perfino la polvere sarà scossa dai propri piedi.

Oggi per essere discepoli missionari occorre vivere la preghiera, essere sobri, portare un annuncio di pace, guardare oltre verso chi non ci accoglie.

02/10/2019 – S. Angeli custodi

“In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.” (Matteo 18,1.5-10).

Nella memoria dei santi angeli custodi, l’Evangelo ci presenta una stretta relazione tra i bambini e gli angeli custodi.

Tutto nasce da un interrogativo dei discepoli: chi è tra loro il più grande. É una domanda subdola ed inutile. Gesù sin dall’inizio ha chiesto la conversione e di diventare come i bambini.

I bambini sono i piccoli, i semplici. Il regno dei cieli appartiene a loro perché il loro agire non ha doppi fini.

La piccolezza é il paradigma dell’insegnamento di Gesù. É l’inversione a quelle che sono le attese delle autorità religiose, dei farisei e degli scribi. E quando si parla di piccoli, si parla di poveri, di ultimi.

Ma la sorpresa é descritta nell’ultimo versetto dell’Evangelo: non disprezzate i piccoli perché i loro angeli vedono il volto del Padre. Sì, è proprio vero gli angeli vedono il Signore e il loro nome é nel Signore (Esodo 23,20-23a).

Gli angeli sono l’immagine di D-o e il cuore di chi è semplice, piccolo come sono i bambini.

Diventare come i bambini vuol dire assumere l’umiltà di sentirsi capaci di crescere nella scoperta del Signore nella nostra vita.

01/10/2019 – S. Teresa di Gesù Bambino

“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.” (Luca 9,51-56).

Nonostante l’opposizione delle autorità religiose, Gesù prende la ferma decisione di andare a Gerusalemme. Alcuni dei discepoli sono chiamati a preparare la strada. Ma incontrano una prima difficoltà. In un villaggio di samaritani vengono respinti perché Gesù é diretto a Gerusalemme. I samaritani non riconoscono Gerusalemme come centro della comunità ebraica.

Quello che ci sorprende è che Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di mandare una maledizione ai samaritani. Gesù si volge verso di loro e li rimprovera.

É il primo incontro ed é già un doppio insuccesso per Gesù: non essere accettato dai samaritani e non essere capito dai suoi discepoli.

Infatti i discepoli non si capacitano di dover subire la non accoglienza. A poco sono servite le parole del Maestro che li aveva già preparati ad un percorso difficile dove egli sarebbe stato sconfitto con la morte.

Ancora una volta i discepoli dimostrano di vedere in Gesù solamente la logica di potere.

Quante volte anche noi pur di far emergere le nostre convinzioni arriviamo a strumentalizzare perfino la relazione con D-o?

Nell’Evangelo che meditiamo capiamo che la decisione di Gesù di andare a Gerusalemme non è per conq

30/09/2019 – S. Girolamo

0

“In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».” (Luca 9,46-50).

La situazione di fondo dell’Evangelo che ascoltiamo é quello del duro contrasto tra le autorità religiose e Gesù. Il Maestro non si è limitato ad indicare una nuova via nella relazione con il Padre ma addirittura ha fatto emergere le contraddizioni delle autorità religiose e dei farisei.

In questo clima Gesù ha ricordato più volte ai discepoli che soffrirà, sarà condannato e sarà ucciso. Ma i discepoli non capiscono. Anzi nell’Evangelo di oggi gareggiano tra di loro su chi è il più grande.

La pazienza di Gesù è infinita. Per far capire chi è il più grande mette al centro un bambino. Chi accoglie un bambino, un piccolo, accoglie egli stesso e il Padre.

L’Evangelo continua con Giovanni il quale cambia discorso. Riferisce del fatto che altri scacciano i demoni senza far parte del gruppo dei discepoli. Ancora una volta i dodici non capiscono e disquisiscono sul fatto che loro sono gli unici esclusivi nella missione di annuncio.

E Gesù, ancora, fa capire che non é così. Se uno non è contro vuol dire che condivide il nuovo insegnamento.

Forse a noi queste discussioni sembrano superare e ovvie. In verità ogni giorno pensiamo di essere noi i migliori, gli unici e i soli ad interpretare correttamente la missione del Signore. Il Signore però ci ricorda che non siamo noi il centro ma il Padre che è nei cieli.

29/09/2019 – 26ª Domenica del Tempo Ordinario

0

“In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.” (Luca 16,19-31).

La parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro che Gesù racconta é rivolta ai farisei. É una storia che suscita in noi un certo sconcerto e un fremito. Gesù riprende la riflessione sulla relazione tra servire D-o e la ricchezza e la traduce in un controcampo, tra i patimenti umani del povero e i patimenti del ricco oltre la vita terrena.

Innanzitutto una sottolineatura va colta: il povero ha il nome di Lazzaro; il ricco è senza nome. Già questo aspetto ci dice che il discorso di Gesù è rivolto non solo ad un singolo ma ad intero gruppo, i farisei appunto.

Registriamo in questo Evangelo un fatto: una dimensione contrapposta tra la vita terrena e l’oltre dopo la morte. La dimensione della ricchezza che non si condivide pone la persona nell’abisso, dicono le parole dell’Evangelo. Al contrario la povertà sulla terra diventa privilegio nell’al di là.

Ma quello che colpisce di più è che l’uomo ricca sente il penso di quello che sta sopportando: la fiamma che lo brucia. Egli chiede aiuto per sé ad Abramo ma trova una risposta negativa. Chiede almeno di avvisare i suoi parenti di redimersi. Ma anche in questo caso la risposta è negativa e provocatoria: è sufficiente che ascoltino Mosè e i Profeti.

Si coglie che questo discorso duro è rivolto proprio ai farisei che hanno fatto del  loro legalismo l’unica via per redimersi e riconoscere la presenza di D-o nella loro vita.

La povertà di Lazzaro al contrario resta il punto attraverso il quale si rinasce a vita nuova.

Il nostro cammino di credenti ci chiede di fare un salto di qualità. Abbandonare la ricchezza egoistica per abbracciare la ricchezza condivisa.

Dobbiamo stare molto attenti anche noi, di evitare di fare la fine dell’uomo ricco. Nella vita non ha senso sfoggiare abiti di valore e vivere banchetti senza interessarsi di chi sta peggio di noi!

28/09/2019 – San Venceslao

0

“In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».” (Luca 9,43b-45).

Ancora una volta Gesù annuncia che il suo cammino troverà opposizione. I discepoli però non riescono a capire il suo linguaggio.

Perché Gesù sta per essere consegnato nelle mani degli uomini?

L’affermazione di Gesù che troviamo nell’Evangelo di oggi, segue l’ennesima guarigione da lui compiuta. Egli guarisce l’unico figlio di un padre disperato che aveva chiesto aiuto ai discepoli senza ottenere alcun risultato.

Questo ennesimo miracolo crea sconcerto tra la gente ma soprattutto tra le autorità religiose. Sono queste ultime ad aver ormai condannano Gesù, perché lo considerano un profeta scomodo.

I discepoli non capiscono questa situazione perché considerano Gesù il liberatore. Non riescono a fare quella conversione che continuamente Gesù chiede. Si tratta di passare da una fede formalistica ad una fede che riconosce la presenza del Padre soprattutto nei piccoli e nei poveri. La relazione con D-o non è una relazione con un D-o potente ma con un D-o misericordioso.

É quello che ancora una volta viene chiesto a noi oggi. É quello che Papa Francesco continua a chiederci!