30/12/2018 – Santa Famiglia di Nazareth

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“Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.” (Luca 2,41-54).

La liturgia in questa domenica del tempo di Natale ci offre la possibilità di riflettere e meditare un passo della scrittura evangelica di Luca.

É un racconto quello che ascoltiamo che non deve trarre in inganno. La vicenda di Gesù che rimane ad ascoltare, porre domande, dialogare con i maestri e dottori della Legge non é un qualcosa di strano. All’età di dodici/tredici anni un preadolescente ebreo entra nel periodo della responsabilità di vivere la fede.

E nemmeno dobbiamo giudicare superficialmente la distrazione di Maria e Giuseppe che si accorgono che Gesù non sta ritornando a Nazareth con loro.

L’Evangelo di questa domenica mette in evidenza alcune dimensioni importanti della relazione tra la nostra umanità e il nostro rapporto con D-o.

La famiglia é al centro di questa relazione, potremmo dire educativa, non solo nel vivere la quotidianità ma un quotidiano orientato al Signore, al Padre. Tutto l’Evangelo ci indica la dimensione di forte rapporto tra Gesù e il Padre, a partire dalla tradizione religiosa ebraica vissuta da Maria e Giuseppe: vivere la Pasqua, andare al Tempio, ascoltare la Parola, crescere e conoscere la Legge.

Ma l’Evangelo di questa domenica ci pone anche di fronte ad uno distacco e una dimensione altra della fede. Questo scopriamo in Gesù che quasi rimprovera i suoi genitori indicando un nuovo rapporto con il Padre. É lo stupore dei genitori ma anche il fatto che dopo l’incontro Maria conserva tutte queste cose nel proprio cuore. E così pure cogliere l’impegno di Gesù nel crescere in sapienza, età e grazia.

L’insegnamento dell’Evangelo dedicato alla Santa Famiglia di Nazareth ci invita a rimettere al centro l’impegno a vivere la dimensione di fede comunitaria ed educativa, che oggi purtroppo nella nostra realtà stiamo perdendo. La famiglia, nelle sue dinamiche quotidiane, spesso faticose, fragili, fatta di gioie e dolori, é il luogo privilegiato per cogliere la novità della Parola e della condivisione che per noi cristiani viviamo nella Eucaristia.

29/12/2018 – V Giorno fra l’Ottava di Natale

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“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele.” (Luca 2,19-35).

La benedizione al Tempio del figlio primogenito é un rito fondamentale nella cultura e religiosità ebraica, sin dai tempi di Mosè. É una benedizione che riguarda il figlio ma anche i genitori che sono chiamati ad accompagnarlo alla fede.

Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito. É il segno di un affidamento al Signore del Figlio Gesù, a cui Simeone, da anziano e uomo pio, aggiunge parole di benedizione in quella che noi conosciamo come il Cantico di Simeone, che recitiamo prima del riposo.

Simeone oltre ad essere un uomo di fede é un profeta benedicente perché indica la strada verso la quale Gesù sarà chiamato ad incamminarsi.

Le parole di Simeone sono molto forti e un po’ destabilizzano Maria e Giuseppe che sono stupiti di questa benedizione e delle parole conclusive di Simeone. Sono parole che testimoniano che Gesù, il Cristo, il Messia e messaggero di D-o, il Figlio del D-o vivente, é qui per la caduta e la resurrezione di molti in Israele ed é segno di contraddizione.

Sono parole che nel tempo di Natale ci scuotono dall’irenico sapore di un tempo natalizio dove tutti dovremmo, si dice, diventare più buoni. Eh no! Non é proprio così. La liturgia ci mette in guardia dal sentirci a posto e legati solo ai buoni propositi.

Il Bambino della grotta di Betlemme é segno di contraddizione rispetto alla nostra incapacità di ascoltare, vedere e costruire un mondo migliore di quello che abbiamo alle spalle.

Questa é la luce del Natale, stiamone certi!

28/12/2018 – S.S. Innocenti Martiri

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“I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».” (Matteo 2,13-18).

La liturgia non lascia spazio ai sentimenti e ai voti di serenità e pace che il Natale ci ha proposto contemplando la nascita di Gesù, nostro Salvatore. Ne abbiamo una prova oggi nel ricordo dei santi Martiri innocenti.

L’Evangelo ci ricorda l’evento della strage dei bambini di Betlemme valuta da Erode. I Magi sono partiti e Giuseppe, che é sempre muto e non dice una parola negli Evangeli, in sogno si alza, prende Gesù e Maria e li porta in Egitto. Gesù quindi diventa un bambino straniero.

Riflettendo e meditando questo passo evangelico é evidente che perdiamo da subito gli abiti della pace di Natale. Ripensare alla strage dei bambini per un disegno folle di chi ha il potere, non solo ci fa male ma ci inquieta. La vita dei bambini va spezzata con un genocidio? Davvero dobbiamo pensare ad una cattiveria umana tanto perversa?

Il dolore provocato dal male non ha confini nemmeno oggi. Forse oggi assistiamo ad un male che assume anche altre forme e altri abiti, attraverso le omissioni e l’indifferenza, quella che spesso i media e social non riportano.

Oggi é una giornata di lutto, di dolore. L’unica strada che sfonda le ferite umane, provocate dall’uomo stesso, é la preghiera incessante a D-o affinché ci aiuti ad allontanare il male dalla nostra vita.

27/12/2018 – S. Giovanni apostolo

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“Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.” (Giovanni 20,2-8).

La festa del Natale oggi si prolunga nel mistero della Resurrezione di Gesù. Riviviamo gli attimi salienti del kerigma cristiano, nel giorno in cui la chiesa ricorda la figura di Giovanni, discepolo ed apostolo del Signore.

Maria di Magdala ha dato l’annuncio ai discepoli che il corpo di Gesù non é più riposto nel sepolcro. Lo hanno portato via.

Pietro e Giovanni, il discepolo che Gesù amava, corrono. Giovanni arriva per primo perché é più giovane di Pietro. Si china e vede i teli ma non entra perché aspetta che sia Pietro, il primo dei discepoli, ad entrare.

Ed ecco il mistero! Pietro vede i teli e il sudario. E nota che il sudario é arrotolato in un luogo a parte. Agli occhi attenti di Giovanni non sfugge il particolare: vide e credette, dice l’Evangelo.

Questo passo dell’Evangelo di Giovanni indica il segno della Resurrezione del Signore. Il suo corpo non é stato rubato e portata via da qualcuno. Nessuno in fretta avrebbe arrotolato il sudario.

Giovanni vede e crede perché in quel sudario c’é, in qualche modo, il segno che Gesù é risorto. Quel Maestro, quel Profeta é proprio il Figlio di D-o ed é risorto.

Nella Resurrezione di Gesù scopriamo la vita, la luce di una vita altra. La nascita del bambino Gesù ci immerge in una dimensione di umanità, una umanità che dona e si dona. Questa é la luce del Natale. Ed é proprio questa luce del Natale che nel risorto ci fa scoprire il senso del nostro credere.

Noi crediamo nel dono, nell’amore, nel bene che sono le vie essenziali per essere fratelli qui sulla terra e nel cielo, figli di D-o, nel Padre di tutti.

26/12/2018 – Santo Stefano

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“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.” (Matteo 10,17-22).

Nell’arco di poche ore passiamo dalla gioia di poter contemplare la vita che nasce in Gesù a Betlemme a Stefano, primo martire, che muore ucciso ingiustamente per la sua fede in Cristo.

Come mai la liturgia ci pone di fronte a questa apparente contraddizione? In verità c’é un collegamento misterioso e profondo che avvolge questa palese contraddizione: la vita é un dono. La vita é il dono più grande che ci é stata donata dal Buon D-o. La vita si fa dono per amore verso ciascuno di noi attraverso di noi, anche nel martirio.

Nell’Evangelo di Matteo che ascoltiamo oggi, Gesù invita i suoi discepoli ad iniziare la missione dell’annuncio della lieta notizia. Nello spiegare il senso di questa esperienza Gesù invita i suoi discepoli a non trovare difese al loro servizio di annuncio ma ad andare oltre, perché il Signore é con loro anche nelle difficoltà estreme.

Ecco allora che la missione di annuncio diventa dono, dono libero, senza difese, ma dono che sconvolge tutte le nostre fatiche, le nostre sofferenze, le nostre fragilità. La vita é un dono, Gesù é un dono, Stefano é un dono.

Buona Natale! Che il Natale diventi ogni giorno segno della nostra capacità di donare.

25/12/2018 – Natale del Signore

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“In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.” (Giovanni 1,1-18).

Perché rivivere il Natale del Signore? Che significato diamo noi oggi alla nascita del Signore, Gesù il Cristo?

Questi interrogativi ci aiutano ad andare in profondità in questa festa che, nel nostro tempo, é diventata un’altro avvenimento.

Ebbene é l’Evangelo di Giovanni che ci svela l’essenza profonda del Natale del Signore. E le parole di Giovanni sono semplici, rasentano quasi l’ovvietà. In realtà ci ricordano, a noi spesso smemorati, che D-o si é fatto uno di noi, per dimostrarci che Egli stesso é vita.

“In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”: queste sono le inequivocabili parole che testimoniano che D-o, creatore della vita, é vita ed é nella nostra vita.

In quel piccolo bambino indifeso, nato in un angolo nascosto di Betlemme, in quella vita che rinasce in noi, sempre, si cela il significato profondo della nostra esistenza, del nostro esserci.

Per questo ci ritroviamo oggi a rivivere nelle nostre case, nelle nostre famiglie, il mistero della vita, la vita che non muore, perché nella vita c’è l’energia di D-o, che oltre il tempo e oltre lo spazio, prorompe con il soffio dell’esistenza, divina ed umana.

24/12/2018 – Feria della Vigilia di Natale

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“Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace.” (Luca 1,67-79).

L’inno del Benedictus che Zaccaria recita, scioglie il silenzio della sua condizione di persona muta per non aver creduto alla Parola dell’Angelo del Signore.

É un inno che raccoglie una benedizione composta di tanti riferimenti biblici della storia d’Israele e dell’attesa della presenza del Messia. L’atteso é il Signore ed atteso é anche il figlio dì Zaccaria, Giovanni, il precursore, colui che deve aprire la strada. Giovanni sarà profeta d’Israele per aprire il sentiero alla venuta del D-o della vita.

Ed é così che capiamo il senso profondo delle parole conclusive di questa preghiera che anima la preghiera delle Lodi mattutine che la chiesa propone a ciascuno di noi.

Il Buon D-o viene e ci salva con due atteggiamenti che sono i simboli di affetto profondo verso di noi: la tenerezza e la misericordia. Sembra un abbraccio questa tenerezza e questa misericordia perché leniscono i nostri errori, le nostre disobbedienze, le nostre infedeltà, i nostri fallimenti ma anche le nostre sofferenze più profonde, il nostro dolore, le nostre solitudini.

Il Buon D-o viene, assumendo la condizione umana. Si fa uno di noi, grazie a Maria che ha detto il suo sì. Se non ci fosse stato quel sì avremmo dovuto attendere. Cerchiamo perciò, oggi vigilia del Santo Natale, di preparare questo incontro perché é e sarà per sempre un incontro di pace.

23/12/2018 – 4ª Domenica di Avvento

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“E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.” (Luca 1,39-45).

L’Evangelo della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta è un racconto che, solo ad immaginarlo, ci fa capire il senso e la profondità del dialogo spirituale tra le due donne e la loro fedeltà al Signore.

Colpiscono le azioni in questo racconto.

Maria si alzò e andò in fetta. Sono due verbi della resurrezione. Maria porta nel suo corpo la bellezza di una maternità complicata, ma sempre legata all’affidarsi a D-o. Così é anche per Elisabetta.

Maria entra nella casa di Zaccaria ed é accolta da Elisabetta con gioia tanto che il suo grembo sussulta. C’é una umanità che esprime la forza dello Spirito che é vita.

Elisabetta benedice Maria con la forza dello Spirito Santo che é l’espressione della presenza di D-o al di là del tempo e dello spazio. É D-o stesso che ama la sua umanità.

Elisabetta gioisce per il credere, per la fede di Maria, che adempie al volere di D-o e diventa madre di D-o, una dimensione unica per la sua umanità.

In attesa del Natale facciamo nostre le azioni di queste due donne che rappresentano attraverso il concepimento e la loro maternità la prospettiva della resurrezione, di oltre che é mistero della vita.

22/12/2018 – Feria di Avvento

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“Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre.” (Luca 1,46-55).

Il Magnificat ci introduce nel mistero del Santo Natale, nel mistero della presenza reale, fisica, concreta, di D-o che é diventato uno di noi. E Maria é l’interprete di questo disegno perché é donna e madre. Nella maternità D-o si svela e si rivela. E se abbiamo considerato l’Altissimo Padre, in Maria il Signore della vita diventa Madre.

Il Magnificat meriterebbe una meditazione molto più ampia, perché, in fondo, in poche parole contiene l’essenza dell’Evangelo vissuto.

Oggi raccogliamo le ultime parole di questo inno.

Il Buon D-o ha soccorso Israele, vuol dire che ogni giorno ci é accanto per consolarci, per starci vicino, per donarci la sua misericordia quando ci siamo allontanati da lui.

Il Buon D-o ha accompagnato Abramo e tutte le discendenze fino a noi in un cammino spesso difficile, dove le gioie si sono mescolate al dolore, dove il bene ha guarito il male, dove il tragitto si é fatto pianura, collina e montagna.

Ma D-o vuole superare il tempo e lo spazio e donarci il bene e l’amore per sempre proprio perché noi viviamo nel limite e nella precarietà.

Il Natale del Signore ci faccia scoprire il “per sempre” della vita.

21/12/2018 – Feria di Avvento

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“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. (Luca 1,39-45).

Il dialogo tra Maria ed Elisabetta é di una bellezza indescrivibile: due donne in attesa di due figli impossibili che gioiscono nel Signore.

La profondità dei sentimenti che Maria ed Elisabetta esprimono sono raccolti nella testimonianza della beatitudine della gioia di dare vita alla vita. E tutto questo perché nel credo di Maria, Elisabetta scopre il Signore che davvero si fa presente, al di là di oltre ogni età e condizione di vita.

É straordinario pensare che proprio attraverso questo incontro venga sottolineato da Luca evangelista la presenza dello Spirito Santo, quasi ad indicarci che é attraverso all’amore generativo si sprigiona lo Spirito de D-o della vita.

Questi giorni che ormai sono alle soglie del Natale, siamo momenti importanti per conservare e custodire il desiderio di donare, vita affidandoci alla forza prorompente dello Spirito Santo.