18/11/2019 – Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo

Matteo 4, 18-25

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro:
«Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando
oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a
Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

 

È iniziato il primo lunedì di Avvento. La parola che ci viene offerta oggi credo sia molto diretta: Gesù viene,
ci chiama in prima persona, ci chiede di seguirlo. Quale modo migliore per poter iniziare il periodo di
Avvento, se non quello di sentirsi presi in causa direttamente, di sentirsi chiamati con il proprio nome?

È proprio quando sentiamo qualcuno pronunciare il nostro nome che drizziamo le orecchie: chi ci conosce di persona sa quali sono le nostre aspirazioni, le nostre paure, i nostri sogni. Essere chiamati per nome
significa sentirsi amati. Dobbiamo solo fidarci e rispondere alla chiamata, che è per tutti, ma è allo stesso
tempo solo nostra: ognuno, infatti, è chiamato a una missione diversa, personalizzata e adatta alle proprie
capacità ed aspirazioni. In questa nostra chiamata individuale, la cosa che ci accomuna tutti è il procedere
con la gioia nel cuore, testimoni di una profonda Bellezza, che altro non è che la consapevolezza che solo
sulla strada e sulle parole di Gesù possiamo raggiungere la completezza e la felicità.

La risposta dei discepoli ci è da esempio: lasciare tutto ciò a cui siamo abituati, le nostre comodità, le nostre sicurezze che ci fanno stare tanto bene, perché ne conosciamo ogni singola sfaccettatura, è difficile. È in questo senso che credo risieda il saper affidarci a Gesù: lasciare i porti sicuri, ma che inevitabilmente ci inscatolano in una tranquillità soffocante, per prendere la rotta.

Salmo 83 – Canto del Pellegrino
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.

Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l’ammanta di benedizioni.
Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.
Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida.

17/11/2019 – 1ª Domenica di Avvento – La venuta del Signore

In questo periodo di Avvento ci mettiamo in ascolto delle parole dei giovani ambrosiani di AC che commentano il Vangelo del giorno.

Matteo 24,1-31

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi
dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.
…Subito dopo la tribolazione di quei giorni, “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte”. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».

L’avvento è, per antonomasia, il tempo dell’attesa. Con l’attesa si intende un momento di sospensione che molto spesso non indichiamo come qualcosa di positivo: le nostre attese che viviamo quotidianamente sono tante, spesso stancati e logoranti. È proprio in questo momento che ci riveliamo più fragili: nella prospettiva di un arrivo imminente, ma non ancora raggiunto.

E questo forse può anche tradursi nell’attesa nel periodo dell’Avvento, se non sentissimo la presenza salvifica di Dio in tutto ciò che avviene. A salvarci da un’attesa logorante è la nostra Speranza e capacità di guardare oltre, perché effettivamente possediamo una prospettiva a cui guardare: l’incarnazione di Gesù, momento finale della nostra salvezza e culmine nel Natale.

PREGHIERA
Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci il tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve
si sono consumate. Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza. Santa Maria,
donna dell’attesa, conforta il dolore delle madri per i loro figli che, usciti un giorno di casa, non ci sono
tornati mai più, perché uccisi da un incidente stradale o perché sedotti dai richiami della giungla. Perché
dispersi dalla furia della guerra o perché risucchiati dal turbine delle passioni. Perché travolti dalla tempesta del mare o perché travolti dalle tempeste della vita. Ci sentiamo più figli del crepuscolo che profeti dell’avvento. Di fronte ai cambiamenti che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di
rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici, perciò, ministri dell’attesa. E il Signore che
viene, o Vergine dell’avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano.

Don Tonino Bello.

 

16/11/2019 – Sabato della 32ª Settimana del Tempo Ordinario

Marco 13,5a.33-37

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

La Parola di oggi, ultima del tempo prima dell’Avvento, ci inviate già a vegliare a stare attenti.
All’interno del brano vi è una brevissima parabola, per certi versi simile a quella dei talenti (Mt 25,14-15) o a quella delle monete d’oro (Lc 19,12-13).
Sembra che l’intento però in questo caso sia diverso, perchè -parafrasandola- possiamo comprendere come Dio ha dato un compito preciso a ciascuno di noi ed ognuno deve stare attento, vigilare, affinchè nell’ora in cui Egli verrà, il Suo giudizio sia positivo, ovvero non ci siamo fatti trovare “addormentati”, disattenti.

Ma cosa significa vegliare? Per l’evangelista Marco, il discepolo è sveglio se la sua vita è permeata in ogni momento dalla testimonianza, affinché il vangelo raggiunga tutte le nazioni (Mc 13,9–10).
Tutta la storia non è altro che il tempo della “pazienza di Dio”: «Davanti al Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno solo.
Nell’attesa del giudizio, siamo esortati a vegliare perchè la vigilanza è innanzitutto condizione del cuore, uno stile.

Il cristianesimo non è un illusione, fa tenere gli occhi aperti.
Star svegli è necessario ma potrebbe non essere sufficiente perchè il Signore ha lasciato una missione da compiere nel momento in cui venivano meno i suoi giorni terreni.
La costante vigilanza sia pertanto riempita da una fedeltà operosa. La storia dell’uomo non è una semplice sala d’attesa è un cammino alla sequela di Cristo. Il discepolo non è un fanatico che attende con agitazione e neppure un deluso che non attende più nulla e nessuno, ma, nell’attesa del ritorno definitivo del Signore, sa cosa fare: mettersi al servizio dei fratelli.

1. Quali sono i segni di un cuore vigilante?
2. Siamo consapevoli delle responsabilità che Dio ci affida nella storia?
3. Viviamo passivamente le situazioni o ci impegniamo attivamente nel servizio degli altri
4. L’esercizio della speranza è sostenuto dalla preghiera o tutto si basa su “noi stessi”?

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

( Salmo 121)

15/11/2019 – S. Alberto Magno

Matteo 25, 31-42

..Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

“Venite Benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi”.
Ecco le parole di consolazione di oggi.
Sette opere di attenzione agli altri: fame, sete, nudo, detenuto, malato, in carcere, straniero.
Siamo Benedetti quando siamo capaci di andare incontro agli altri.
Siamo benedetti quando riusciamo ad intravedere nel volto dell’altro Gesù Cristo (“lo avete fatto a me”).
Siamo benedetti quando nella vita di ogni giorno siamo capaci di dare dignità ad un’altra persona.
Siamo benedetti quando non siamo distratti ma attenti agli altri.

Ermes Ronchi, commentando questo brano di Vangelo, disse che il giorno del giudizio non sarà rivolto alla nostra persona ma ai nostri poveri, alla porzione di lacrime, di piccoli, stranieri, di sofferenti che è stata affidata a noi.

Qual è la porzione affidata a me? Saremo giudicati sull’Amore che abbiamo donato agli altri: oggi ci è consegnata la domanda dell’interrogazione; allora a noi spetta di prepararci bene.

14/11/2019 – Giovedì dell’ultima Settimana dell’Anno Liturgico

Matteo 25, 14-30
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. […] Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Carissimi amici, siamo giunti al “rush” finale di un anno liturgico… quanti brani abbiamo letto e meditato, quante riflessioni sono state scritte… quanti stimoli ci sono stati suggeriti dalla “Parola”… Il vangelo di oggi ci narra la parabola dei talenti, un brano che è un invito a fare una sorte di “esame di coscienza” personale e comunitario.

La parola finale del Signore è chiarimento dell’intera parabola. Il padrone ordina di andare a prendere il talento e di darlo a colui che ne ha dieci, “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Ecco la chiave che chiarisce tutto. In realtà, i talenti, il “denaro del padrone”, i beni del Regno, sono l’amore, il servizio, la condivisione. È tutto quello che fa crescere la comunità e rivela la presenza di Dio.

Chi si chiude in sé con la paura di perdere il poco che ha, costui perderà perfino quel poco che ha. Ma la persona che non pensa a sé, e si dona agli altri, cresce e riceve a sua volta, in modo inesperto, tutto ciò che ha dato e molto di più.

“Chi perde la vita la ottiene, e ottiene la vita chi ha il coraggio di perderla”.
Chiediamoci allora: Nella nostra comunità, cerchiamo di conoscere e valorizzare i doni di ogni persona? La nostra comunità è uno spazio dove le persone possono far conoscere e mettere a disposizione i loro doni? A volte, i doni di alcuni generano invidia e competitività negli altri. Come reagiamo?

«L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome». (Sal 32)

13/11/2019 – S. Omobono – S. Francesca Saverio Cabrini

Matteo 25, 1-13

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in
piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Don Bosco suggeriva ai suoi ragazzi di fare mensilmente l’esercizio “della Buona Morte”. A noi sembra oggi assurdo; in realtà quello che suggeriva era un esercizio per la buona vita. In qualche modo il Vangelo di oggi ce lo ricorda: lo Sposo arriva all’improvviso, alcuni sono pronti, altri no.

È Gesù che dà la luce della lampada che illumina noi e la notte. A tutti è data questa luce: non dipende da noi. È la sua grazia. L’olio sono tutte le occasioni che lui ci manda per alimentare la nostra attesa di Lui: noi siamo chiamati a cor-rispondere, a non distrarci, come le vergini stolte, ma a preoccuparci di avere sempre con noi quell’olio.
Le occasioni sono molte, ma dobbiamo saperle riconoscere: i Sacramenti, la Parola di Dio, la preghiera, gli incontri di ogni giorno.
Riceviamo i sacramenti magari per abitudine; non ci accorgiamo delle persone che il Signore ci mette vicino per aiutarci (i santi della porta accanto); non sappiamo cogliere le occasioni per stare bene insieme al nostro coniuge e ai nostri figli.

Dovremmo invece riconoscere che è come olio per le nostre lampade quella promessa che ci siamo fatti il giorno del matrimonio: è la strada che Lui ci ha indicato. Ci farebbe bene ripetercela ogni tanto per seguirla con rinnovata decisione.
Per non essere svegliati all’improvviso e trovare che dell’olio per la lampada ci siamo dimenticati.

Il Signore viene per invitarci alla sua festa, accogliendoci col suo tenero abbraccio.

12/11/2019 – S. Giosafat

Matteo 24, 45-51
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».
Beato, felice, sereno quel servo fidato! Queste le parole che il Signore ci rivolge oggi! Beato te, quando sai servirmi con tutto il tuo cuore, sai stare alla mia sequela e fidarti pienamente della mia volontà, come ha fatto Maria, la discepola per eccellenza.

Beato per tre motivi.

1. Perché ti sei fatto servo in due dimensioni: hai capito che la tua vita è metterti a servizio del Signore, è una risposta a una chiamata e non autoreferenzialità (o decisione di farti da te stesso, come oggi tutti ti dicono- selfmade man) e hai capito che il tuo essere cristiano si gioca solo nel servire gli altri, come ha fatto Gesù con tutta la sua vita o come ha fatto Maria.

2. Perché ti sei fidato della Parola del Signore, usando, però, la prudenza di chi si affida con intelligenza e ragionevolezza, distinguendo il sentimento vero da una passione momentanea.

3. Perché ha intuito che l’essere servo, cioè fare la Sua volontà, significa mettere i proprio doni al servizio degli altri.
Credo che queste tre parole siano già una catechesi in sé: ci dicono come dovrebbe essere lo stile della nostra vita. “Servire”, mettersi al servizio senza pretendere nulla in cambio e senza sentirsi per questo motivo a posto con noi stessi o meritevoli di lode: sul lavoro, in famiglia, nella comunità, nella società. I nostri talenti, le nostre qualità, al servizio del bene comune a partire dalle piccole cose (Gesù parla di un piccolo compito: “dare il cibo a tempo debito”).

Solo così saremo beati, perché godremo della beatitudine/ricompensa di vivere già ora in un pezzetto di Regno che stiamo costruendo su questa terra.
Perché Gesù parla anche del servo infedele? Perché noi siamo anche i servi infedeli … ogni giorno scegliamo con le nostre azioni, a volte più a volte meno consapevolmente, di vivere nella fedeltà o nell’infedeltà, nell’operosità che edifica il Regno o nella pigrizia, nella trasparenza ed onestà nell’amministrare i nostri doni o nella mediocrità …

Tutta la nostra vita dipende da come noi viviamo l’attesa…

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.
Maestà e onore sono davanti a lui,
forza e splendore nel suo santuario.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

11/11/2019 – S. Martino di Tours

Matteo 25, 31-40
In quel tempo. “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.

 

Il comandamento nuovo di Gesù riassume tutto il suo insegnamento su come comportarci con gli altri uomini: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”.
“Ama il prossimo tuo come te stesso”.
La natura umana, però, porta prima di tutto ad amare se stessi piuttosto che gli altri e questo forse avviene molto di più oggi che nel passato, complice, in generale, l’acquisizione di una certa agiatezza di vita che spinge a non farsela sottrarre dai problemi altrui.

C’è la paura dell’altro, la paura che approfitti della nostra attenzione e si spinga oltre l’aiuto ricevuto, magari facendo del male. Eppure penso che quando si fa qualcosa per gli altri poi ci si senta meglio, si abbia la coscienza più tranquilla.
E ognuno può fare qualcosa per il suo prossimo, nessuno escluso. C’è chi si prodiga a salvare migranti in mare, chi fa il volontario in zone di guerra, chi si dedica a portare conforto a chi non ha una casa e vive per strada, chi fa la spesa alla vicina di casa anziana, chi si dedica agli ammalati…e mille altre cose ancora.
C’è anche chi prega davanti al crocifisso che rappresenta tutta l’umanità bisognosa.

Se Gesù ha preso su di sé tutto il male degli uomini, si è assunto anche tutte le povertà materiali e morali.
Anche guardando alla Croce di Gesù e pregando convintamente per le necessità del prossimo possiamo compiere un’opera di misericordia.
Credo che l’importante sia avere l’animo buono, essere comunque predisposti ad aiutare chi ci è prossimo, con grandi e piccoli gesti o almeno con la preghiera.
Perchè Gesù ci conosce nel profondo e sa “di che pasta siamo fatti”.

O glorioso San Martino,
che per la tua generosa carità
tagliasti un lembo del tuo mantello
per ricoprire un povero infreddolito,
aiuta ciascuno di noi a mettere a servizio del prossimo
i propri talenti cosicchè venga mantenuta
l’unità e la pace fra gli uomini. Amen

10/11/2019 . N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo

“Quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. davanti a Lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre.”

Matteo 25,31-46

Oggi Gesù è protagonista di un brano escatologico, che riguarda cioè la definitività della nostra esistenza e di tutto. Ce lo ricordano bene anche le parole apocalittiche (di nuovo, “relative alla rivelazione ultima”) di Daniele: “il suo potere è potere eterno che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto” (Dn 7,14)

Ciò che è senza fine è la sua misericordia… essa si concretizza nel gesto di separare -come avvenne alla creazione in Genesi- per proteggere e salvare, poiché il pastore sa bene che capre e pecore non hanno bisogno delle stesse cose per sopravvivere al freddo della notte, perciò non possono essere trattate allo stesso modo. Allo stesso modo, Dio ha un occhio di riguardo per ciascuno e sa ciò di cui abbiamo bisogno per salvarci!

Ecco le parole che mi rincuorano sempre: “Venite, benedetti del Padre mio”: fin dalla creazione Dio prepara per i suoi figli il regno di pace, amore, misericordia che Gesù ci sta descrivendo e aprendo davanti. Perché Lui è Figlio dell’Uomo e ha condiviso in tutto la vita nostra, umana e fragile, riempiendola solo di Amore e bene. Per questo può anche essere “giudice”, perché sa cosa ha passato ciascuno di noi nella sua vita…Lui è dalla nostra parte, non contro di noi!

“In Cristo tutti riceveranno la vita” (1Corinzi 15,22): dopo aver festeggiato i Santi settimana scorsa, anche san Paolo ci ricorda il vero fine cui deve tendere la nostra esistenza, ovvero la vita Vera e piena, la vita da risorti, con Gesù e il Padre nella comunione dello Spirito!

 

Grazie, Gesù, perché non ci lasci soli nelle disavventure della nostra vita, ma ci aspetti nella gioia del Regno, da vero “trionfatore” e “re”, grande nell’amore e nella misericordia, vittorioso sulla morte e sul male!

09/11/2019 – Dedicazione della Basilica romana Lateranense

Giovanni 4,19-24

In quel tempo. La donna Samaritana dice al Signore Gesù: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma
viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

Il vero fedele è colui che riceve lo Spirito Santo e ciò avviene nel Battesimo e nei sacramenti cristiani. La “verità” è la Parola di Dio che Gesù ci rivela e che deve diventare la via della nostra fede. Se abbiamo in noi lo Spirito Santo possiamo adorare Dio come Padre. E’ lo Spirito che ci ispira e ci sostiene nella preghiera che viene da Gesù; per cui dobbiamo accogliere il suo mistero.

Gesù è l’unico mediatore che ci mette in relazione con Dio come Padre.

Andiamo in chiesa per accogliere la verità di Dio. Ed usciamo per le strade per testimoniare che Dio è senza pregiudizi e senza confini: bisognerebbe amare e rispettare tutti gli uomini che riconosce come suoi figli.

«La mia casa è casa di preghiera – dice il Signore –;
in essa chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».