17/12/2018 – Feria Prenatalizia dell’Accolto

Luca 1, 1-17

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».

Commento

All’inizio del Vangelo Luca pone l’accento sulla ricercatezza e l’accuratezza delle fonti da cui ha attinto per trattare i fatti che si accinge a narrare.

La Parola assume, quindi, fin da subito una connotazione centrale, non solo come fonte attendibile, ma soprattutto come veicolo per trasmettere la testimonianza e l’annuncio di salvezza portato da Gesù all’uomo. Non a caso Luca colloca immediatamente dopo l’annuncio a Zaccaria della nascita di Giovanni; Zaccaria ci rappresenta un po’ tutti, vive la sua quotidianità e il suo servizio con la fatica di una vita che non ha il progetto sperato. Eppure, Zaccaria ed Elisabetta non smettono di attendere, il loro cuore non si chiude all’incontro con Dio, ma rimane fiducioso del disegno che Egli ha fatto per loro. La coppia continua a vivere la propria vocazione giorno dopo giorno confidando nella misericordia del Signore.

Domande
Sono disposto come Zaccaria a fare fatica e ad avere pazienza, pur di dare un senso più alto alla mia vita?
Di fronte alle difficoltà mi affido al Signore e alla sua Parola o mi accontento di una felicità effimera che mi faccia dimenticare la mia mancanza?

PREGHIERA – + UNA PREGHIERA DI INTERCESSIONE DAL CARCERE DI SAN VITTORE, scritte da alcune donne incontrate.

Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,

porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.

Vedi, Dio, nostro scudo,

guarda il volto del tuo consacrato.

Per me un giorno nei tuoi atri

è più che mille altrove,

stare sulla soglia della casa del mio Dio

è meglio che abitare nelle tende degli empi.

Poiché sole e scudo è il Signore Dio;

il Signore concede grazia e gloria,

non rifiuta il bene

a chi cammina con rettitudine.

Signore degli eserciti,

beato l’uomo che in te confida.

(Sal 84,9-13)

16/12/2018 – 5ª Domenica di Avvento

Gv 3, 23-32

In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.

Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.

COMMENTO

Il Vangelo di oggi ci presenta la differenza tra l’azione di Gesù e quella di Giovanni; ad indicarci quale sia la differenza sostanziale è lo stesso Giovanni che, interrogato dai suoi discepoli circa la purificazione rituale, afferma che Gesù è l’inviato di Dio.

Giovanni riconosce che Gesù “viene dall’alto” e per questo è “al di sopra di tutti”; ed è Lui colui al quale ha preparato il cammino e che noi dobbiamo accogliere. Il Battista sposta ancora una volta l’attenzione dei discepoli su Gesù, indicandolo come colui da seguire, “Lui deve crescere; io, invece diminuire”.

Giovanni è così paradigma per ogni cristiano: riconoscersi servo inutile e aiutare gli altri ad accogliere Gesù nella propria vita.

Domande:

Quante volte ci facciamo prendere dalla nostra superbia e dalla nostra voglia di primeggiare, dimenticandoci di essere servi inutili?

Sono in grado come il Battista di preparare il cuore di chi mi sta accanto all’incontro con il Signore?

Preghiera:

Lampada per i miei passi è la tua parola

luce sul mio cammino.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:

per questo li custodisco.

La rivelazione della tua Parola illumina,

dona intelligenza ai semplici.

(Sal 119,105.129-130)

14/12/2018 – S. Giovanni della Croce

Lettura del Vangelo Secondo Giovanni 9,40a¸10, 11-16

In quel tempo.

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore».

COMMENTO

Il brano di Giovanni si apre con una rivelazione: Cristo si presenta a noi come il “buon pastore”. Il significato di tale rivelazione si coglie nella relazione particolare che c’è tra il buon pastore e le pecore. La bontà del pastore deriva dal fatto che non solo conosce le sue pecore, una ad una, ma anche dal suo essere addirittura pronto a dare la vita per loro. Le pecore a loro volta conoscono il pastore perché ne ascoltano la voce: esse lo ascoltano perché sanno che possono fidarsi di lui, in quanto ne hanno fatto esperienza. Nelle parole di Gesù – “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” – sembra quasi esserci l’eco di altre parole, quelle con le quali Dio si presenta agli Israeliti: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20, 2). In entrambi i casi infatti noi troviamo in Dio una guida alla quale non possiamo che rivolgerci con gratitudine: è proprio dall’essere grati a Dio che deriva l’atteggiamento di ascolto. L’ascolto non viene meno perché basato sulla conoscenza, non quella frutto di un processo intellettuale, ma piuttosto risultato di una esperienza della presenza di Dio nella nostra vita; tale conoscenza è il primo passo dell’amore.

Un altro aspetto che colpisce è che il pastore si prende cura di tutte le pecore indistintamente, chiama a sé ed ama anche quelle che provengono da recinti differenti. Dio chiama tutti a una vocazione particolare: vivere nell’unità, essere un solo popolo.

Domande

Quale esperienza ho di Dio? Mi metto in ascolto?

Sono grato/a a Dio, mi fido di Lui?

A chi/a cosa mi rivolgo quando sono in difficoltà?

Mi sento partecipe della comunità cristiana?

Cosa faccio per contribuire all’unità della comunità?

Preghiera

Gesù, Tu mi chiami e io ti ascolto.

A volte mi sento fragile e indifeso come una pecora smarrita.

A volte mi sento solo come una pecora lontana dal gregge

e la mia solitudine e fragilità mi schiacciano e divorano.

Vorrei avere un GPS che mi indichi la strada, ma non lo trovo, non lo posseggo

e allora mi perdo nella brughiera e inciampo tra le rocce.

Ma Tu mi chiami e io ti ascolto.

Ti riveli a me e io non posso che amarti,

perché Tu sei il mio buon pastore,

che attraverso il deserto della vita,

mi riconduci all’ovile.

Tu mi chiami e io ti ascolto

e ti sento tra questi miei fratelli e queste mie sorelle.

Sì ora ti sento nel mio essere tua creatura.

Amen

13/12/2018 – Santa Lucia

Matteo 21, 18-22

La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: «Non nasca mai più frutto da te». E subito quel fico si seccò. Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: «Come mai il fico si è seccato immediatamente?». Rispose Gesù: «In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete».

COMMENTO

Il racconto del Vangelo racconta un altro episodio fraintendibile. Gesù aveva trascorso la notte fuori città a Betania. Rientrando al mattino a Gerusalemme, vede l’albero di fico, privo di frutti, perché era primavera. Il fico è simbolo della città di Gerusalemme che gli sta di fronte, nella quale la religione era praticata in modo solenne, ma apparente, come l’albero di fico pieno di foglie, ma privo di frutti.

Ecco il primo insegnamento: vivere la propria fede in modo profondo, non curandosi dell’apparenza e dell’esteriorità. Il gesto di Gesù che secca l’albero è simbolo della fine che farà la città di Gerusalemme.

DOMANDE

Preghiamo con fede, insistendo con le nostre richieste?
Abbiamo fiducia nella realizzazione delle promesse di Dio?
PREGHIERA

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni.

Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.

Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione.

Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.

Non lasciare che si arruginisca il ferro che c’è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.

Quando a causa degli anni
non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!

12/12/2018 – B.V. Maria di Guadalupe

Matteo 19, 20-30

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea». Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. / Voi invece ne fate un covo di ladri”». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: / “Dalla bocca di bambini e di lattanti / hai tratto per te una lode”?». Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

COMMENTO

Il Vangelo di oggi ci invita a riflettere su un gesto di Gesù spesso equivocato: la cacciata dei venditori dal tempio. Normale scatto d’ira o azione pensata e pianificata per dare più rilevanza alle parole? Gesù è venuto per ridare importanza al luogo di incontro con Dio. Il tempio deve essere il luogo di incontro con Dio, non occasione per fare guadagni e speculazioni. Subito dopo questo gesto, Gesù guarisce storpi e ciechi: ancora una volta un segno concreto della sua presenza. Non tanto parole, ma gesti. Gesti reali, visibili, stra-ordinari.

Oggi la comunità cristiana deve tornare ad essere il luogo della ricerca di Dio, per accogliere tutti coloro che sono assetati del Signore.

DOMANDE

Come mi comporto nel luogo di culto, nella chiesa? Porto rispetto?
Ho gli occhi aperti sulle meraviglie che ancora oggi il Signore compie nella nostra vita di tutti i giorni?
Preghiera

O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.

11/12/2018 – S. Damaso I

Dopo due giorni di pausa per motivi tecnici, riprendiamo a pubblicare i commenti al vangelo scritti dai giovani di AC di Milano.

Matteo 19, 23-30

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Commento:

Il vangelo di oggi è la continuazione immediata del vangelo di ieri. Riporta il commento di Gesù riguardo alla reazione negativa del giovane ricco.
Il proverbio del cammello e della cruna dell’ago si usava per dire che una cosa era impossibile, umanamente parlando. L’espressione “che un ricco entri nel Regno” si tratta, in primo luogo, non dell’entrata nei cieli dopo la morte, ma dell’entrata nella comunità attorno a Gesù. E fino ad oggi è così. I ricchi difficilmente entrano e si sentono a casa nelle comunità che cercano di vivere il vangelo d’accordo con le esigenze di Gesù e che cercano di aprirsi ai poveri, agli emigranti ed agli esclusi dalla società. Lo sfondo dell’incomprensione dei discepoli appare nella domanda di Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che cosa dunque ne otterremo?” Malgrado la generosità così bella dell’abbandono di tutto, loro hanno ancora la vecchia mentalità. Hanno abbandonato tutto per ricevere qualcosa in cambio. Ancora non avevano capito bene il senso del servizio e della gratuità.
Ogni volta che nella storia della gente della Bibbia sorge un movimento per rinnovare l’Alleanza, comincia ristabilendo i diritti dei poveri, degli esclusi. Senza ciò, l’Alleanza non si ricostruisce. E’ questo il senso e il motivo dell’inserimento e della missione della comunità di Gesù, in mezzo ai poveri. Attinge dalla radice ed inaugura la Nuova Alleanza.

Domande

Abbandonare case, fratelli, sorelle, padre, madre, figli, campi, in nome di Gesù. Come avviene questo nella tua vita? Cosa hai già ricevuto in cambio?
Oggi, la maggior parte dei paesi poveri non è di religione cristiana, mentre la maggioranza dei paesi ricchi sì. Come si applica oggi il detto del cammello che non passa per la cruna di un ago?

PREGHIERA

O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.

10/12/2018 – Beato Arsenio Migliavacca di Trigolo

Matteo 19, 16-22

In quel tempo. Un tale si avvicinò e disse al Signore Gesù: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.

Sempre arduo questo brano… Primo passo: domanda buona e impegnativa, risposta esigente. Desiderio buono e di bontà, ma sarà veramente desiderio di Dio? Il giovane sa che Dio è buono? e cosa pensa di Gesù? Forse alcuni, alla prima risposta sull’osservanza dei Comandamenti, oggi già tentennerebbero e farebbero un passo indietro… Eppure veramente ci permettono di entrare in una vita buona!

Secondo passo: non basta rispondere bene ed essere “preparati” sulla teoria… occorre agire di conseguenza! fare ciò che si dice di credere; lo ha ricordato di recente anche Papa Francesco: il cristiano non si ferma alle belle parole, ma deve concretizzare e fare!

i 10 comandamenti sono buoni e servono se ci ricordano che al centro c’è il legame buono con Dio e con i fratelli, un legame di amore e di carità. Ecco la perfezione! Questo e non altro è perfetto….l’Amore!

Non ci resta che domandarci oggi se noi, a differenza del giovane, siamo in grado di mettere al centro l’amore per l’Altro e per gli altri oppure le nostre ricchezze e sicurezze…. Cosa dà gioia alla nostra vita? l’avere o il condividere?

Buona IV settimana di Avvento!

09/12/2018 – IV Domenica di Avvento – L’ingresso del Messia

Luca 19, 28-38

In quel tempo. Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, / il re, nel nome del Signore. / Pace in cielo / e gloria nel più alto dei cieli!».

Il filo rosso che lega le letture di oggi è l’arrivo imminente di Gesù, Nuovo Messia, inatteso…non solo pronto ad entrare in Gerusalemme, ma nella nostra vita. Tutti i particolari dicono una Novità! un re sì, ma a modo del Dio di Gesù, umile, pronto a morire per noi….

“Il Signore ne ha bisogno”: Dio ha bisogno…….di noi! che lo aiutiamo nella missione di salvezza! ha bisogno di collaboratori, di persone che dicano “SI” al suo desiderio di amore, come ci ha ricordato ieri Maria…. talmente strano ma tutto vero! Come la ci ricorda la lettera agli Ebrei: un Uomo fatto poco meno degli angeli che non ha disdegnato di chiamarci FRATELLI! spettacolo sconvolgente!

Meditiamo in semplicità la novità della Parola di Dio di oggi, la ricchezza di un Dio che vuol condividere la vita con noi, qui, sulla Terra, la nostra piccola, fragile, incasinata, difficile esistenza… Impariamo a viverla con la consapevolezza che “Dio è con noi”, come lo è stato a fianco di Maria per tutta la vita….

08/12/2018 – Immacolata Concezione della B.V. Maria

Giornata dell’adesione dell’Azione Cattolica

Luca 1, 26-28

In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

Commento:

La liturgia di oggi, festa dell’Immacolata Concezione, ci propone come brano evangelico l’inizio del racconto dell’Annunciazione. In poche righe vengono elencati sette nomi propri di luoghi e persone: non un numero a caso, ma proprio “sette”, numero che simboleggia la pienezza, per indicarci che la venuta di Dio coinvolge la totalità della nostra vita.

“L’Angelo fu mandato da Dio” in un giorno qualunque, in luogo qualunque – anzi, addirittura in un villaggio della periferia, mai stato nominato nelle Scritture – in un semplice casa di una fanciulla qualunque. Dio entra nel mondo dal basso e sceglie la via della periferia, sceglie di manifestarsi nella normalità della vita di ogni giorno, in una casa, simbolo dell’intimità, della protezione e dell’accoglienza. La prima parola dell’Angelo non è un saluto, ma un invito: Rallegrati! Gioisci! Sii felice! C’è qualcosa di nuovo, si parla di qualcosa di buono e raro che ricerchiamo tutti i giorni: la gioia. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità.

Subito dopo viene spiegato il motivo per cui essere felici: sei “piena di grazia”. Maria è riempi­ta di tenerezza, di simpatia, d’amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Ma­ria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest’amore che dà gioia e che è per tutti. L’angelo aggiunge:” Il Signo­re è con te”. È molto confortante: in questa mia vi­ta inadeguata e distratta, il Signore è sempre con me. L’angelo fa eco alla parola più volte ripetuta nell’Antico Testamento: “Io sono con te, dovunque andrai”. E quando Gesù lascerà i suoi, l’ultima parola sarà eco del­la prima: “Io sarò con voi tut­ti i giorni”, fino al consumar­si del tempo, al compiersi dell’incarnazione.

Nella giornata dell’Adesione all’Azione Cattolica, chiediamo a Maria di aiutarci ad essere testimoni della gioia del Vangelo, per far crescere in noi un’umanità nuova che assomigli sempre più all’umanità di Gesù.

Domande:

Mi accorgo che Dio entra e si manifesta nella quotidianità della mia vita?

Faccio della mia “casa” un luogo di accoglienza o un fortino in cui difendermi?

Sono un cristiano che felice?

PREGHIERA

Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio.

Mi ha rivestito con le vesti di salvezza,

mi ha avvolto con il manto della giustizia.

Come uno sposo che si cinge il diadema,

come una sposa che si adorna di gioielli.

Come la terra fa germogliare i semi,

così il Signore farà germogliare la giustizia.

Nessuno ti chiamerà più “abbandonata”,

né la tua terra sarà più detta “devastata”

ma tu sarai chiamata “mio compiacimento”

e la tua terra “sposata”,

perché di te si compiacerà il Signore

e la tua terra avrà uno sposo.

Per amore di Sion non mi terrò in silenzio,

per amore di Gerusalemme non mi darò pace,

finché non sorga come stella

la sua giustizia, la sua salvezza non risplenda come lampada.

Allora i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria,

ti si chiamerà con un nome nuovo,

che la bocca del Signore avrà indicato.

Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,

un diadema regale nella palma del tuo Dio.

Si, come un giovane sposa una vergine,

così ti sposerà il tuo creatore,

come gioisce lo sposo per la sposa, così per te gioirà il tuo Dio.

(Isaia 62)

07/12/2018 – Ordinazione di Sant’Ambrogio

Giovanni 9,40a¸10, 11-16

In quel tempo.

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore».

COMMENTO

Il brano di Giovanni si apre con una rivelazione: Cristo si presenta a noi come il “buon pastore”. Il significato di tale rivelazione si coglie nella relazione particolare che c’è tra il buon pastore e le pecore. La bontà del pastore deriva dal fatto che non solo conosce le sue pecore, una ad una, ma anche dal suo essere addirittura pronto a dare la vita per loro. Le pecore a loro volta conoscono il pastore perché ne ascoltano la voce: esse lo ascoltano perché sanno che possono fidarsi di lui, in quanto ne hanno fatto esperienza. Nelle parole di Gesù – “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” – sembra quasi esserci l’eco di altre parole, quelle con le quali Dio si presenta agli Israeliti: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20, 2). In entrambi i casi infatti noi troviamo in Dio una guida alla quale non possiamo che rivolgerci con gratitudine: è proprio dall’essere grati a Dio che deriva l’atteggiamento di ascolto. L’ascolto non viene meno perché basato sulla conoscenza, non quella frutto di un processo intellettuale, ma piuttosto risultato di una esperienza della presenza di Dio nella nostra vita; tale conoscenza è il primo passo dell’amore.

Un altro aspetto che colpisce è che il pastore si prende cura di tutte le pecore indistintamente, chiama a sé ed ama anche quelle che provengono da recinti differenti. Dio chiama tutti a una vocazione particolare: vivere nell’unità, essere un solo popolo.

Domande

Quale esperienza ho di Dio? Mi metto in ascolto?

Sono grato/a a Dio, mi fido di Lui?

A chi/a cosa mi rivolgo quando sono in difficoltà?

Mi sento partecipe della comunità cristiana?

Cosa faccio per contribuire all’unità della comunità?

Preghiera

Gesù, Tu mi chiami e io ti ascolto.

A volte mi sento fragile e indifeso come una pecora smarrita.

A volte mi sento solo come una pecora lontana dal gregge

e la mia solitudine e fragilità mi schiacciano e divorano.

Vorrei avere un GPS che mi indichi la strada, ma non lo trovo, non lo posseggo

e allora mi perdo nella brughiera e inciampo tra le rocce.

Ma Tu mi chiami e io ti ascolto.

Ti riveli a me e io non posso che amarti,

perché Tu sei il mio buon pastore,

che attraverso il deserto della vita,

mi riconduci all’ovile.

Tu mi chiami e io ti ascolto

e ti sento tra questi miei fratelli e queste mie sorelle.

Sì ora ti sento nel mio essere tua creatura.

Amen