12/11/2021 – S. Giosafat

Mt 25 31 46

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse:

 

«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra:

 

 

“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

 

 

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.

 

 

E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

 

 

Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.

 

 

Anch’essi allora risponderanno:
“Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”.

 

 

Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.

 

E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna»

Questo brano del Vangelo contiene l’ultima parte del discorso di Gesù prima della Passione, il cosidetto “discorso escatologico” che riprende nei toni l’apocalittica giudaica. La scena descrive il giudizio universale: alla fine dei tempi il Pastore separerà le pecore e le capre, le une alla destra, le altre alla sinistra.

Siamo all’ultima interrogazione dell’anno ma abbiamo un aiutino.
Tutto quello che avete fatto a uno di questi fratelli più piccoli, lo avete fatto a me”.

Saremo giudicati sull’Amore, sul prenderci cura dell’altro con piccoli gesti di attenzione.

Vengono elencate sei opere di misericordia: dare da mangiare, da bere, vestire gli ignudi, visitare gli ammalati, i carcerati, ospitare i forestieri.
Sono tutte opere che riguardano l’altro che ha bisogno, bastano davvero gesti semplici: una telefonata a chi è solo, un saluto a chi incontriamo, un sorriso benedicente.

Vedo nell’altro Gesù?

Chiedo al Signore la grazia di riconoscerLo nell’altro e di crescere in questa consapevolezza.

Cerco di dare attenzione ad un gesto quotidiano che compio o ricevo e potrò anch’io sentire rivolta a me quella frase da custodire oggi, “Venite Benedetti dal Padre mio”.

11/11/2021 – S. Martino di Tours

Matteo 25, 31-40
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.

 

Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.

 

 

Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo,

 

perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,

 

ho avuto sete e mi avete dato da bere,

 

ero straniero e mi avete accolto,

 

nudo e mi avete vestito,

 

malato e mi avete visitato,

 

ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

 

 

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?

 

Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.

 

 

E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”».

E’ una delle frasi meno edulcorate e meno tranquillizzanti tra quelle pronunciate da Gesù: il Giudizio ci sarà davvero.
E il criterio della decisione non sono questioni morali o teologiche: la salvezza dipende semplicemente dall’aver o meno servito i fratelli e le sorelle, dalle relazioni di comunione con quanti siamo stati disposti a incontrare sul nostro cammino.

E , in particolare, i fratelli e le sorelle “più piccoli”: quelli che ti danno meno soddisfazione, quelli da cui non riceverai molto in cambio, quelli che anche culturalmente vivono atteggiamenti e convinzioni lontane dalle tue.

Il povero che manca del necessario per vivere con dignità è “sacramento” di Gesù Cristo, perché con lui Cristo stesso ha voluto identificarsi (2Cor 8,9): chi serve il bisognoso serve Cristo, lo sappia o meno.

Nell’ultimo giorno tutti, cristiani e non cristiani, saremo giudicati sull’amore, e non ci sarà chiesto nulla se non di rendere conto del servizio amoroso che avremo praticato quotidianamente verso i fratelli e le sorelle, soprattutto verso i più bisognosi.

Ma quando meditiamo queste frasi immediatamente sorge una domanda: amare, sì certo, è facile fare i “sentimentali” …ma a quale misura concreta posso arrivare? ..io, che nella mia vita non rinuncio neppure al superfluo (che sia tempo, risorse o
tranquillità o applausi…)?

Signore, ascoltami!! Anche oggi dammi inquietudine per scrollarmi di dosso la pigrizia nel vedere e agire con i fratelli e le sorelle nel bisogno e decidere secondo la voce del Tuo Spirito!!

10/11/2021 – S. Leone Magno

Mt 25, 1-13
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi.

 

 

Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.

 

Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.

 

 

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

 

 

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Cosa è quell’olio che le vergini devono prendere? Qual è quell’olio che alimenta la lampada della nostra vita, della vita di fede ma non solo? È giusto chiedersi quale sia il “carburante” che guida il nostro fare quotidiano, il nostro stile, le nostre relazioni.

Posso con umiltà affermare che nella mia vita ho sperimentato che c’è un tipo di olio che riesce a tenere sempre la lampada accesa, non solo quando prego o sono in Chiesa ma in ogni momento della mia giornata: quest’olio è il vivere una “spiritualità del quotidiano”: vivere la preghiera orientata al mio fare e il mio fare orientato alla preghiera, una concatenazione che rende la mia giornata una lampada sempre colma di olio, sempre accesa anche nei momenti che ci sembrano più banali e meno spirituali.

Non è facile trovare l’equilibrio di questi elementi, ma è giusto tendere ad essi.

Cerco di far entrare la mia vita nella preghiera e viceversa? Vivo cercando un alimento per lo spirito o mi basta vivacchiare di quello che mi propone il mondo? Come il Signore e la sua Parola alimentano il mio fare?

09/11/2021 – Dedicazione della Basilica Lateranense

(Gv 4, 19-24)
In quel tempo. La donna Samaritana dice al Signore Gesù:

 

«Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

 

 

Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre.

 

Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano.

 

Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

Gesù incontra e parla con tutti, non solo con i “suoi”; parla anche con chi non sta dalla sua parte. Qui con una donna samaritana.

Lei è colpita dal fatto che Gesù la conosce a fondo, lo ritiene un profeta e gli fa una domanda.
Gesù risponde in modo diretto: hanno ragione i giudei (“Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo”). Ma va subito oltre e ci fa vedere le cose in maniera diversa.

Adorare Dio non è legato a un luogo concreto: la questione è il modo in cui si adora.

Ma viene l’ora – ed è questa”: “l’ora” è la presenza di Gesù; da lui in poi è “l’ora” in cui tutto cambia, in cui nasce la prospettiva vera: adorare in spirito e verità.

Gesù ci rivela questa verità: che riceviamo la vita dallo Spirito e che siamo figli. Come figli ci rivolgiamo a Dio, non importa dove ci troviamo. Il vero modo di adorare Dio è seguire Gesù.

Siamo aperti a incontrare chi non è “dei nostri”? o preferiamo stare solo con quelli con cui stiamo bene, con quelli che la pensano come noi?
A volte è proprio in famiglia che troviamo chi pensa in modo diverso da noi: siamo capaci di accogliere, ascoltare, capire, testimoniare coi fatti il nostro seguire Gesù?

08/11/2021 – Lunedì dell’ultima settimana dell’anno liturgico

Mt 24, 42-44
Il Signore Gesù disse: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore
vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della
notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.

 

Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Gesù ci invita a vigilare, ma cosa significa? Sappiamo ovviamente che dobbiamo morire, ma può capitare che ce ne dimentichiamo. Può essere che viviamo come se la nostra vita dovesse scorrere sempre uguale e non ci preoccupiamo di viverla al massimo, con pienezza, sfruttando tutte le opportunità che offre.

Gesù ci invita a non sprecare il tempo che ci è dato.

La vigilanza non è stare barricati, essere chiusi, vivere nella paura di quello che ci può accadere.

Vigilare è custodire una luce sempre accesa che ci consenta di scorgere Gesù negli avvenimenti della nostra vita.

E cosa significa essere pronti? Oggi per noi significa tenere pronto il cuore ad accogliere la grandezza infinita dell’Amore di Dio, lo stesso Dio che bussa tutti i giorni alla porta del nostro cuore spesso impreparato e inconsapevole. 

Gesù ha a cuore la nostra sorte, per questo insiste così tanto (“cercate di capire”!). Ci spinge a non aspettare passivamentegli eventi della vita che possono distruggerci, per affrontarli alla luce del Vangelo quando succedono. Ci invita ad abbandonare l’indifferenza e le distrazioni.

– In che modo io vigilo? Vivo in pienezza i miei giorni? Come?
– Dedico tempo alla preghiera, a riflettere sulle mie giornate e sulla mia Vocazione?

Wait for the Lord (Taize) – 
Wait for the Lord,
Whose day is near.
Wait for the Lord:
Keep watch, take heart!

07/11/2021 – Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Luca 23,36-43
Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.

 

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».

 

 

E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».

 

Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

Quest’oggi mi soffermo sulle ultime due frasi del brano di Vangelo, alla luce degli sguardi tra uno dei due malfattori e Gesù: forse, in un periodo come questo in cui gli occhi parlano, mi immagino le parole intercorse tra loro due, ma soprattutto che cosa possano esprimere in una situazione come quella in cui le hanno pronunciate.

Tenerezza, reciprocità, cura: termini che si toccano con mano in questo dialogo, semplice e struggente allo stesso tempo; vocaboli che sottintendono il coraggio di un uomo che si converte, che apre il proprio cuore, che chiede di essere visto per quello che è.

Vicinanza/distanza, ferita/feritoia: nel filo rosso che mi collega a Lui, respiro e mi confronto con questi binomi ogni giorno: posso decidere di accogliere il mistero (come ha fatto il malfattore) o posso decidere di non vedere le mie responsabilità, di non lasciarmi abitare da una forza di cambiamento.
Sta a me. Oggi come domani.

– Qual è il mio atteggiamento di fronte ad una sofferenza?
– Quale tipo di preghiera (di intercessione, di ringraziamento, di richiesta, di abbandono, ..) mi abita maggiormente in questo periodo della mia vita?
– Apro o chiudo la mia porta al Dio della Vita che passa a bussarmi? Perché?

Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.
(Salmo 21)

06/11/2021 – Sabato della 1ª Settimana dopo la Dedicazione

Matteo 11, 25-27
In quel tempo il Signore Gesù disse:

 

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.

 

Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Il Vangelo di questo sabato ci presenta Gesù come maestro e rivelatore dei misteri del Regno, un Regno che ha delle qualità inattese, così come Colui che lo annuncia.

Gesù, lodando il Padre, ritorna sul tema della piccolezza. Gesù offre la possibilità di non scoraggiarci e di andare avanti, di imparare da Lui che mostra non un Dio pronto a condannare, ma un Dio che sta dalla parte dei poveri e degli oppressi, un Dio che ama e che rivela che, con Lui, anche noi possiamo imparare ad amare sempre più e sempre
meglio.

Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia.

Nel giorno in cui ti ho invocato,
mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza. (Sal 137)

05/11/2021 – Venerdì della 1ª Settimana dopo la Dedicazione

Giovanni 14, 2-7

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse:
«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
 
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Il brano di Vangelo di oggi è estremamente rassicurante e, in questo momento di incertezza sotto molti punti di vista, trovo sia particolarmente confortante.
Oggi Gesù ci dice senza giri di parole che Lui e il Padre hanno già preparato un posto per noi, per ciascuno di noi, ci sono infatti “molte dimore”. Non solo Gesù ci ha preparato un posto accanto a Lui, ma quando sarà il momento sarà Lui ad accompagnarci.
 
Eppure Tommaso, che tutti ben ricordiamo per la sua incredulità, fa la domanda che tutti noi vorremmo fare a Gesù: “come possiamo conoscere la via?”. La risposta di Gesù è chiarissima: “Io sono la via”. Gesù quindi ci sta dicendo che se impariamo a conoscerlo e a stargli accanto, impareremo la strada per la casa del Padre.
Non solo, Gesù è la verità. La verità è evidente, non ha da convincere, ma solo gli uomini e le donne onesti e volenterosi sono in grado di coglierla. Chi vuole trovare il Signore, deve quindi mettersi in gioco, fino in fondo, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile ad essere sempre in cammino.
Ed infine, Gesù è la vita. Chi di noi ha conosciuto Gesù nel proprio cammino può dire con assoluta certezza che camminare con Gesù significa assaporare la vita con pienezza. Gesù è la vita e ci dona la vita, e noi cristiani abbiamo il compito di donare la vita a nostra volta.
 
Ora sappiamo che, come Tommaso, dobbiamo attraversare momenti di incredulità per capire la pienezza del messaggio di Gesù.
Preghiamo quindi perché siamo capaci di lasciarci avvolgere dalla pienezza della fede per credere fino in fondo che Gesù è lì che ci attende. 

 

 

04/11/2021 – S. Carlo Borromeo

Gv 10, 11-15
In quel tempo. Diceva il Signore Gesù ai farisei:

 

«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

 

 

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore».

Questo brano si colloca magistralmente nella liturgia odierna nella quale la Chiesa celebra la memoria liturgica di San Carlo Borromeo. Tutte le letture di oggi sottolineano la figura e le caratteristiche del buon Pastore che guida la sua Chiesa: una metafora dalla comprensione così immediata per i contemporanei di Gesù, un po’ meno calzante per i giorni nostri.

Alcuni particolari mi colpiscono. Gesù parla ai farisei, personaggi che ormai fanno rima con qualcosa di negativo, e, se teniamo presente questo fatto, la dolcissima immagine dipinta dalle parole del maestro assume i toni del rimprovero e dell’accusa: i farisei sono mercenari, poiché il gregge, il popolo, non appartiene loro, e se arriva il pericolo, il lupo – cioè le autorità romane – piantano tutti in asso e se ne vanno per mettere in salvo se stessi!

E per essere sicuro che il messaggio arrivi forte e chiaro, ribadisce il concetto dell’abbandono, della non curanza, che mette le pecore nella condizione di fare una brutta fine: le pecore spariscono, perché il gregge si disperde e loro perdono la propria appartenenza.

Per descrivere se stesso come pastore buono Gesù usa, invece, il piano profondissimo della conoscenza: non è pastore perché ha comprato quel gregge, ma quelle pecore gli appartengono perché il Padre gliele ha affidate, lui le conosce ed esse lo conoscono.
Così il cerchio si chiude, è una dinamica affettiva che si fonda su una relazione, uno sguardo reciproco che fa entrare uno nel cuore dell’altro. Credo che con questa immagine possiamo intuire anche il rapporto d’amore della Trinità,
un’appartenenza vicendevole che fa costituire uno nell’altro, in una dinamica di infinito amore.

Desiderabile, non è vero? Pensate quanto siamo fortunati! Gesù vuole amarci così, e noi possiamo scegliere: essere pecore che amano il proprio pastore e non pecoroni che seguono la massa, secondo le regole del pensiero unico.

03/11/2021 – S. Martino di Porres

Gv 8, 12-19
Di nuovo il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse:

 

«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».

 

Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera».

 

Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.

 

 

Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera.

 

Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me».

 

Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».

Nella pagina di oggi Gesù afferma senza timore di essere la LUCE del mondo. Rivolge queste parole ai più zelanti conoscitori della Parola che a prima vista dovrebbero essere i più adatti a comprendere il suo messaggio ovvero scribi e farisei; essi, forse perché si sentono depositari della verità, hanno una reazione oppositiva nei confronti di Gesù, non si lasciano sorprendere dalla novità che quest’ultimo annuncia loro.

Sicuramente la dichiarazione di Gesù è dirompente!

Se qualcuno ha fatto esperienza di camminare di notte in montagna può sicuramente comprendere quanto sia importante avere una luce che indichi il cammino e che dia l’orientamento.

Gesù non ha paura di presentarsi come Colui che guida la vita dell’uomo, per accompagnarlo e aiutarlo lungo il percorso della vita. Alla luce del suo insegnamento l’uomo potrà attraversare i momenti di difficoltà e trovare il senso della propria esistenza.

L’affermazione di Gesù chiama anche noi a prendere posizione. Ci invita innanzitutto ad accogliere il suo Amore incondizionato e, a fronte di questo, essere noi stessi testimoni della Sua Luce nella nostra vita. Essere pronti a far trasparire nel nostro sguardo nelle nostre parole, nei nostri gesti, l’Amore di cui ci pervade: avere il coraggio di viverlo pienamente e diffonderlo, come avviene nell’episodio in cui Maria di Betania spacca il vaso di alabastro e “la casa fu piena del profumo dell’olio”. (Gv 12,3)

Facciamo nostre le parole di Madre Teresa che in una preghiera recitava:

“Resta con me, e io comincerò a brillare della tua luce.

 

A brillare per essere una luce per gli altri.

 

La luce, Gesù mio, sarà la tua, non verrà da me, sarà la tua luce che brilla sugli altri attraverso me”.