12/04/2017 – Mercoledì Santo

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“In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.” (Matteo 26,14-25).
Consegnare Gesù per trenta denari. Che meschinità consegnare una persona umana per soldi! Eppure questo è successo. Giuda si è macchiato di uno scambio che è solamente ripugnante. Tuttavia Gesù è cosciente del tradimento.
E nonostante questo organizza la festa di Pasqua. Dà istruzioni precise. E convoca i suoi per una cena preparatoria dove in poche battute si consuma il tradimento, prima della Pasqua. Un boccone amaro per Giuda, un boccone amaro per tutti.
Chi è il traditore? Giuda, Pietro, gli altri discepoli … noi? Forse tutti, compresi noi. Non abbiamo scusanti. Forse dobbiamo accettare di rimettere in discussione la nostra vita di noi poveri, grami, poco umili umani.
La verità è che nella vita c’è un grande duello: l’interesse o il gratuito.
In questa settimana Santa l’Evangelo di oggi ci fa capire che che tra l’interesse e il gratuito, il Buon D-o, ha scelto il gratuito. Il Padre ci ha dato un Figlio, un Messia, che ha scelto di donarsi gratuitamente per la salvezza delle nostre vite, nonostante le nostre infedeltà e le nostre fragilità.

11/04/2017 – Martedì Santo

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“Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte». (Giovanni 13,21-33.36-38).
Siamo nel contesto di una cena tra i discepoli e Gesù prima della festa di Pasqua. É la cena dei bocconi amari. Prima della cena Giuda sta tramando con i capi la consegna di Gesù per farlo condannare. Poi Simon Pietro che vuole seguire Gesù ma in verità non ha capito che seguire Gesù vuol dire andare incontro alla morte.
Che cosa significa “dare la vita” per qualcuno? Siamo capaci di donare la vita senza pretendere nulla in contraccambio?
Seguire Gesù significa accettare fino in fondo di vivere la logica del dono gratuito. E dono gratuito significa cogliere l’essenza della nostra umanità, ovvero essere uomini e donne in relazione solidale con chi ci sta attorno, non solo rispettando, non solo tollerando, ma amando anche quelli che ci stanno sulle scatole. Bisogna sempre cercare il lato buono delle persone. E a volte non é cosa facile soprattutto con chi é arrabbiato con il mondo.
In fondo l’Evangelo di oggi ci chiede di combattere un’altro duello: tra il donare amore gratuito e tradire questo amore.
Chiediamoci in questa settimana santa se siamo capaci di mantenere fedeltà all’amore gratuito, senza pretese e senza contraccambio. Sappiamo che non é facile. Gesù ci ha chiesto di non tradirlo, almeno!

10/04/2017 – Lunedì Santo

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“Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».” (Giovanni 12,1-11).
Gesù sei giorni prima della Pasqua va a cena a Betania a casa di Lazzaro. É una cena a casa di amici. É una cena per ritrovare Lazzaro resuscitato. In un contesto di fraternità Maria compie un gesto di amore verso Gesù cospargendo sui piedi il nardo e asciugando i piedi con i suoi capelli. É un segno di grande valore simbolico. É un gesto dove Maria riconosce a Gesù la gratitudine della sua presenza e della sua regalità di maestro. Maria non bada al valore intrinseco dell’unguento ma al valore della relazione con Gesù.
In questo contesto Giuda Iscariota interviene perché considera il gesto di Maria uno spreco. Il nardo poteva essere venduto per aiutare i poveri, dato il suo grande valore. Gesù controbatte e fa capire il senso del gesto di Maria. É per la sua vita nell’oltre.
Tra Gesù e Giuda Iscariota avviene un dialogo paragonabile alla differenza tra la luce e il buio. Giuda é un ladro guarda agli aspetti quantitativi della vita. Gli interessa la finanza e il come usare il denaro. Non gli interessa la qualità delle relazioni. E i poveri sono un corollario del suo agire.
É il primo duello in questa settimana santa, un duello tra il vedere la realtà e il buio della cecità, l’idea di materializzare tutto.
Non cadiamo anche noi nella tentazione di quantificare anziché di qualificare.
Il Signore ci aiuti a vedere la Luce.

09/04/2017 – Domenica delle Palme e della Passione del Signore

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“Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: “Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito””. (Matteo 21,1-11).
La liturgia della Parola ci presenta la lettura dell’Evangelo della Passione come momento anticipatore al cammino che ciascuno vivrà nella settimana santa.
Tuttavia l’Evangelo della domenica delle Palme più propriamente ci consegna l’entrata di Gesù a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua.
Sembrerebbe un’entrata di festa, ma non dobbiamo lasciarci ingannare. L’entrata di Gesù é carica di contraddizioni.
Gesù entra a Gerusalemme non da re che sottomette. La regalità di Gesù é di un re che serve, che si dona alla sua gente perché mandato dal Padre a testimoniare l’amore totale. Gesù infatti cavalca un’asina, animale che porta i pesi della fatica umana. Il richiamo evangelico é legato ad una citazione della Genesi (49,8) che riguarda il conferimento da parte di Giacobbe al Figlio Giuda, quale capo dei suoi fratelli. La citazione richiama allo slegare l’asina da parte del Messia, inviato da D-o.
‘Il Signore ne ha bisogno’ é l’unica espressione in tutto l’Evangelo di Matteo nella quale Gesù si autodefinisce Signore, ovvero dimostra la sua regalità.
Gesù entra nel villaggio di Betfage, casa dei fichi in ebraico, per compiere un tragitto verso il monte degli Ulivi, di fronte al Tempio di Gerusalemme. Il villaggio segna sempre un lungo di contraddizioni e di opposizioni. E lo é anche in questo caso. La folla che precede e segue Gesù, mentre cavalca l’asina, lo accompagna in modo trionfale stendendo i mantelli al suo passaggio, indicandolo come il re d’Israele. In verità Gesù viene presentato come il profeta proveniente da Nazareth, come il liberatore rivoluzionario.
Sono queste le contraddizioni all’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Capiamo allora il senso della Passione di Gesù. Sono queste paradossi che produrranno l’opposizione al progetto di Gesù. La sua regalità é fondata sul dono e l’amore e su un volto diverso della presenza di D-o nella storia degli uomini.
Ascoltiamo dunque la Passione con sentimenti di sofferenza e di amarezza, nel riscoprire la nostra incapacità di dare senso alla presenza del Signore nella nostra vita personale e comunitaria.

08/04/2017

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“Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».” (Giovanni 11,45-56).
Dopo la resurrezione di Lazzaro, i capi dei Giudei decidono di mettere a morte Gesù. I motivi addotti sono sia di natura politica che religiosa. Meglio che muoia uno solo per il popolo piuttosto che non vada in rovina la nazione, afferma Caifa capo del Sinedrio.
Gesù é meglio che muoia per la nazione così da poter riunire i figli di D-o che erano dispersi.
La notizia si sparge a Gerusalemme e la gente si domanda se Gesù parteciperà alla Pasqua. Gesù si ritira in disparte con i suoi discepoli. Conserva una profilo più spirituale per prepararsi alla Pasqua.
L’Evangelo di oggi ci fa capire che le ragioni della sicurezza sovrastano tutti i ragionamenti. Il pragmatismo politico religioso non lascia scampo, nemmeno se i segni compiuti da Gesù rappresentano azioni di salvezza.
C’è amarezza nel rileggere questo Evangelo perché, se si é onesti con noi stessi, sembra quasi di assistere ad una trama di un film giallo: l’esecuzione è programmata.
Quanto siamo capaci noi uomini a passare sopra tutto, sopra la vita che porta al bene!
Facciamo anche noi un esame di coscienza: non abbiamo anche noi le nostre ragioni di stato in molte occasioni?
Alla vigilia della domenica delle Palme chiediamoci se davvero il bene che Gesù ha portato nel suo messaggio possiamo non contaminarlo dalle nostre piccole e fatue ragioni.

07/04/2017

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“Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». ” (Giovanni 10,31-42).
Sono paradigmatiche le parole che leggiamo nell’Evangelo di Giovanni di oggi. Sono parole che scolpiscono l’essenza del messaggio che Gesù ci consegna. Egli testimonia il totale affidarsi al Signore.
I Giudei non credono alle parole di Gesù perché egli si fa D-o. In verità la loro cecità é totale. Parlare di D-o o compiere le opere non sposta la dimensione che i Giudei conservano della presenza del Signore nella vita. Conta solo uno schema prefissato della presenza di D-o.
Gesù tenta di far capire che é perfino disponibile a rinunciare a se stesso a condizione che almeno i Giudei non credano che D-o c’é ma che D-o é in noi. Io sono nel Padre e il Padre é in me, è questa la sintetica ed efficace espressione di fede nel D-o dell’amore.
Solo l’amore é fusione dei cuori e delle menti. Se il’Altissimo per creare l’uomo ha fatto spazio, separando e generando vite, in Gesù riunisce tutto nell’amore.
L’amore, l’amare é opera di congiunzione, come quando due mani si uniscono, quando un uomo e una donna abitano gli stessi sentimenti.
Proviamo a pensare a tutte le occasioni che generano unione nell’amore. É un modo questo per prepararci alla settimana santa che contempla la sofferenza, la morte ma soprattutto la resurrezione nell’amore di D-o per ciascuno di noi.

06/04/2017

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“Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.” (Giovanni 8,51-59).
Lo scontro tra Gesù e i Giudei al Tempio é ormai al colmo. Gesù ribadisce con forza che nei Giudei non c’é conoscenza del Padre perché la sua parola non viene osservata, perché é una parola che genera eternità.
I Giudei difronte alle affermazioni di Gesù lo accusano di essere indemoniato e di essere più grande del padre Abramo e dei Profeti che sono tutti morti. Quasi a dire a Gesù: ma chi credi di essere?
A questo punto Gesù si nasconde per non essere lapidato. É il preludio della sua morte. Affermando che prima che Abramo fosse, Io Sono, Gesù nomina il nome di D-o. E Gesù non può farsi D-o.
Tutto questo Evangelo ci inquieta perché ancora una volta scopriamo che la cecità umana, il concepire D-o secondo i nostri schemi, ci porta completamente a non riconoscere il senso profondo della presenza di D-o nella nostra vita umana.
Contano di più i nostri schemi. É questo il pericolo che anima ogni nostra azione in tutti gli ambiti della vita umana. E quante volte usiamo i nostri schemi senza metterci in ascolto dell’altro.
Gesù ci fa capire la nostra ristrettezza nel non allargare lo sguardo, nel non fare spazio. Questi giorni che ci preparano alla settimana santa, siano momenti per superare i nostri ottusi schemi. Possa la nostra vita aprirsi, con animo generoso, ad una dimensione altra.

05/04/2017

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“In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».” (Giovanni 8,31-42).
‘La verità vi farà liberi’ se la Parola rimane in voi. É questa frase che anima i nostri pensieri leggendo e rileggendo L’Evangelo di oggi.
Gesù in questo passo evangelico e in tutto il capitolo ottavo svela la sua identità e il suo mandato ricevuto dal Padre ai Giudei che però hanno intenzione di ucciderlo. Essi vogliono ucciderlo perché non riescono a capire il significato della presenza di D-o nella sua Parola e nelle sue azioni, non riescono a capire il esame con il Padre, l’Altissimo.
I Giudei ritengono impossibile che Gesù sia il Messia, l’inviato del Signore. Ma vengono smascherati. Dicono che é Abramo il loro Padre, ma in verità l’unico obbiettivo loro é uccidere Gesù, violando la Legge.
Questo Evangelo mette in evidenza un aspetto sostanziale: noi non ricerchiamo la presenza di D-o ma quello che conta sono le nostre parole, il credere a nostra misura, il costruire una nostra immagine del Padre, quella che ci fa comodo.
Non siamo capaci di fare spazio alla presenza del Signore. Questo é il nostro limite. E per questo non siamo liberi ma vincolati alla forza del peccato.
Il Signore ci invita a liberarci della nostra autoreferenzialità, del vero peccato che penetra spesso con facilità nei nostri pensieri e delle nostre azioni.
E non facile superare questo. Cerchiamo in questi giorni di pregare intensamente affinché la Parola entri in noi e ci liberi dalle nostre incapacità, dalle nostre cecità.

04/04/2017

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“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite».” (Giovanni 8,21-30).
É un brano evangelico, quello che leggiamo stamattina, nel quale ritroviamo i fondamenti della stretta relazione tra Padre e Figlio, tra D-o e ciascuno di noi.
Gesù continua il dialogo con i farisei e sottolinea i tratti della sua missione. Gesù é mandato dal Padre che ha insegnato al Figlio la via attraverso la quale incontrare l’umanità.
C’é una sorta di preludio alla direzione finale della presenza del Figlio tra di noi. Innanzitutto Gesù si sente totalmente unito al Padre, soprattutto quando ribadisce per due volte ‘Io Sono’ che altro non é se non il nome di D-o.
Questa intimità con il Padre gli dà la forza per affrontare ciò che lo innalza alla vita nel Padre e superare la morte. Sarà l’innalzamento sulla Croce, nel paradosso cristiano, dove si comprende che solo la logica del dono genera vita, vita eterna. D-o stesso viene innalzato morendo per noi, ma D-o non lascia solo il suo Figlio, così come non lascia soli ciascuno di noi.
Quante croci si intersecano nella nostra vita. Ebbene il Signore é con noi, é in noi. Cerchiamo in questi giorni di meditare e testimoniare l’amore del Padre nelle piccole cose quotidiane, riconoscendo la presenza e l’azione del Padre verso di noi.

03/04/2017

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“Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».” (Giovanni 8,1-11).
Davvero la Parola che ascoltiamo oggi é sconvolgente! La storia della donna sorpresa in flagrante adulterio non lascia scampo: il giudizio é impietoso, secondo la Legge Mosaica. Deve essere condannata alla lapidazione. E l’uomo che era con lei non merita la stessa condanna? Perché mia questa differenza?
Ma il tentativo dei farisei e degli scribi di mettere in difficoltà Gesù genera al contrario una grande difficoltà nei loro confronti.
Chi é senza peccato scagli la pietra con la donna per primo! Gesù smaschera il nostro vero peccato: quello di giudicare prima gli altri di noi stessi. La lapidazione dovrebbe prima di tutto riguardare noi, senza distinzioni di genere!
Ma c’é un ulteriore insegnamento da parte di Gesù. Egli, il Figlio di D-o perdona, D-o stesso perdona. Tutto questo perché Gesù vuole mostrarci il volto di D-o che é Misericordia.
Un ultimo aspetto di questo passo evangelico: cosa stava scrivendo Gesù? Rimane una cosa sospesa. Forse Gesù scriveva qualcosa sul libro della vita?!
Il tempo di Quaresima sta ormai per concludersi. Troviamo l’occasione per dedicare un tempo giusto per rivedere la nostra vita, per confessare i nostri peccati, le nostre mancanze e per cambiare il nostro giudizio sugli altri, usando Misericordia.