Luca 23,28-31
In quel tempo. Il Signore Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Nelle sue ultime ore Gesù, sulla via che conduce al Golgota, incontra un gruppo di donne, forse appartenenti ad una confraternita dedita al conforto e al lamento rituale per i moribondi e i condannati a morte. Compiono per lui l’unico gesto di compassione che riceve in queste ore drammatiche.
Ma sorprendono le parole di Gesù perchè quasi le rimprovera per essere preoccupate per lui, mentre dovrebbero pensare al futuro che le aspetta. Come i discepoli, anche loro non capiscono che le ultime ore di Gesù, pur dense di dolore e di momenti drammatici, non sono la fine di tutto, ma il suo passaggio alla vita piena.
Lui è il legno verde, lui continuerà a generare vita, da lui continueranno a scaturire frutti duraturi.
Chi vive la vera tragedia sono invece queste donne e il popolo a cui appartengono: su di loro incomberà la condanna di Dio perchè artefici del male, della violenza e dell’ingiustizia.
La nostra situazione di oggi non è tanto diversa: piangiamo per tante situazioni di violenza e di guerra, ma siamo parte di quel popolo che genera per primo la guerra e la violenza. Basti pensare alle armi che l’Italia vende alla Turchia nella guerra contro il popolo curdo e a tutte le armi che vende ai militari in Siria, in Nigeria, in Libia….
Non c’è speranza quindi? Siamo destinati solo alla distruzione che incomberà su di noi?
No, le parole di Gesù non suggellano un esito disperato perché la sua è come era stata già la voce dei profeti, una voce che genera non agonia e morte, ma conversione e vita: «Cercate il Signore e vivrete… Allora si allieterà la vergine alla danza, giovani e vecchi gioiranno insieme. Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici» (Amos 5,6).
17/10/2019 – S. Ignazio di Antiochia
Luca 24,44-48
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Riconoscere il Signore Gesù nella sua Parola.
Lasciamoci sorprendere sempre dalla frase: «Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture». Perché oggi, anche noi, per comprendere le Scritture, dobbiamo aprire la mente. La Parola di Dio non dà una comprensione automatica: occorre un’apertura. Un’apertura della mente.
La mente non è lo spirito, non è la ragione, non è il sapere. La mente è l’intelligenza, con la quale ci si introduce a intuire, carpire il “senso” della Parola contenuta nelle Scritture.
Siamo invitati a concentrare tutte le nostre capacità interiori, la memoria, il cuore, le emozioni e i sentimenti, la lucidità e la semplicità del percepire e del vibrare, per avviarci verso l’interno della Parola scritta, per coglierne il significato.
È Gesù, con il suo Spirito, che apre la mente a questa intelligenza delle Scritture: bisogna allora accostarsi ad esse primariamente non puntando sulle nostre bravure intellettuali e razionalistiche, ma affidandoci ad una preghiera che ci consenta di essere disponibili completamente a dove ci vuole condurre.
Una seconda sottolineatura è sul contenuto della testimonianza «di questo voi siete testimoni»: della misericordia e il perdono. Dio non è un padrone temibile o un giudice autoritario, ma è ricco di amore e di misericordia e vuole che gli uomini, sue creature, suoi figli e figlie, siano felici. Gesù non è entrato nella storia e nell’umanità per condannare, ma per salvare, cioè per dare vita e vitalità.
È questo che va annunciato e proclamato a voce altissima. A tutti. A partire da quelli che incrociamo ogni giorno.