17/10/2019 – S. Ignazio di Antiochia

Luca 24,44-48

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Riconoscere il Signore Gesù nella sua Parola.
Lasciamoci sorprendere sempre dalla frase: «Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture». Perché oggi, anche noi, per comprendere le Scritture, dobbiamo aprire la mente. La Parola di Dio non dà una comprensione automatica: occorre un’apertura. Un’apertura della mente.
La mente non è lo spirito, non è la ragione, non è il sapere. La mente è l’intelligenza, con la quale ci si introduce a intuire, carpire il “senso” della Parola contenuta nelle Scritture.
Siamo invitati a concentrare tutte le nostre capacità interiori, la memoria, il cuore, le emozioni e i sentimenti, la lucidità e la semplicità del percepire e del vibrare, per avviarci verso l’interno della Parola scritta, per coglierne il significato.

È Gesù, con il suo Spirito, che apre la mente a questa intelligenza delle Scritture: bisogna allora accostarsi ad esse primariamente non puntando sulle nostre bravure intellettuali e razionalistiche, ma affidandoci ad una preghiera che ci consenta di essere disponibili completamente a dove ci vuole condurre.

Una seconda sottolineatura è sul contenuto della testimonianza «di questo voi siete testimoni»: della misericordia e il perdono. Dio non è un padrone temibile o un giudice autoritario, ma è ricco di amore e di misericordia e vuole che gli uomini, sue creature, suoi figli e figlie, siano felici. Gesù non è entrato nella storia e nell’umanità per condannare, ma per salvare, cioè per dare vita e vitalità.

È questo che va annunciato e proclamato a voce altissima. A tutti. A partire da quelli che incrociamo ogni giorno.

16/10/2019 – Beato Contardo Ferrini

Luca 23,28-31

In quel tempo. Il Signore Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

Nelle sue ultime ore Gesù, sulla via che conduce al Golgota, incontra un gruppo di donne, forse appartenenti ad una confraternita dedita al conforto e al lamento rituale per i moribondi e i condannati a morte. Compiono per lui l’unico gesto di compassione che riceve in queste ore drammatiche.
Ma sorprendono le parole di Gesù perchè quasi le rimprovera per essere preoccupate per lui, mentre dovrebbero pensare al futuro che le aspetta. Come i discepoli, anche loro non capiscono che le ultime ore di Gesù, pur dense di dolore e di momenti drammatici, non sono la fine di tutto, ma il suo passaggio alla vita piena.

Lui è il legno verde, lui continuerà a generare vita, da lui continueranno a scaturire frutti duraturi.
Chi vive la vera tragedia sono invece queste donne e il popolo a cui appartengono: su di loro incomberà la condanna di Dio perchè artefici del male, della violenza e dell’ingiustizia.
La nostra situazione di oggi non è tanto diversa: piangiamo per tante situazioni di violenza e di guerra, ma siamo parte di quel popolo che genera per primo la guerra e la violenza. Basti pensare alle armi che l’Italia vende alla Turchia nella guerra contro il popolo curdo e a tutte le armi che vende ai militari in Siria, in Nigeria, in Libia….

Non c’è speranza quindi? Siamo destinati solo alla distruzione che incomberà su di noi?
No, le parole di Gesù non suggellano un esito disperato perché la sua è come era stata già la voce dei profeti, una voce che genera non agonia e morte, ma conversione e vita: «Cercate il Signore e vivrete… Allora si allieterà la vergine alla danza, giovani e vecchi gioiranno insieme. Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici» (Amos 5,6).

15/10/2019 – Santa Teresa di Gesù

Luca 22, 67-70
In quel tempo. Gli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi, dissero al Signore Gesù: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono».

Nel capitolo 22 Gesù viene processato e condannato. Luca in queste poche righe (a differenza di Matteo e Marco) si concentra sull’essenziale della questione: se Gesù è il Messia e qual è la sua relazione con Dio.
Egli, conoscendo i cuori di ciascuno, sa già che i suoi interlocutori non hanno davvero intenzione di trovare la verità, perciò risponde in maniera enigmatica, ponendo lui stesso delle domande, quasi a dire che sono loro che devono rispondere a Gesù. E così è in realtà.

È di fronte a quel Messia crocifisso, di fronte a colui che, morendo nel più umiliante dei modi, si proclama Figlio di Dio, che l’uomo deve dare risposta alla sua esistenza. Dall’evento morte in croce (cui poi seguirà la resurrezione), l’uomo deve lasciarsi interrogare, come avvenne quel pomeriggio: alcuni se ne andarono, altri capirono che veramente era il Figlio di Dio.

Un teologo scrive: “ … o mi scandalizzo e rifiuto questo Gesù, come un bestemmiatore, o mi metto totalmente in discussione … e mi lascio rivelare da Gesù il senso di quei titoli”.
Trovo sempre curioso che nell’atteggiamento degli interlocutori, di coloro che desiderano mandare a morte Gesù, in realtà possiamo rivederci anche noi credenti. Rivedo la mia debole fede nella prima domanda “Se tu sei il Cristo …”, tutte le volte che voglio dettare io le regole del mio rapporto con il Signore.
Mi sento interrogata dalle parole di Gesù “Anche se ve lo dico, non mi crederete …” per tutte le volte che non esco dai miei schemi, nonostante l’evidenza del Suo Amore.

Sento che Gesù chiede a me, ogni giorno, se so dire, testimoniare, vivere che Lui è davvero il Figlio di Dio.
Voglio chiedere al Signore una fede più grande, che sappia accompagnarlo nella sua passione e che sia capace di accompagnare i molti nella passione, con le parole del Salmo che la liturgia ci propone oggi.

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando nel mio letto di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.

(sal 62)

14/10/2019 – S. Callisto

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Luca 22, 35-37

Questo brano del vangelo di Luca precede il momento dell’ultima preghiera di Gesù nell’orto degli ulivi, prima di essere arrestato. Egli fa le ultime raccomandazioni ai suoi discepoli su come comportarsi dopo che lui non sarà più fisicamente con loro. Ricorda allora ai suoi discepoli quando li aveva mandati a predicare senza sacca, senza borsa, senza sandali e fa notare che anche senza queste cose materiali a loro non è mancato nulla, perchè avevano fiducia in quell’uomo che li aveva inviati.

Ma adesso Gesù dovrà morire per le accuse della gente perchè così è stato prestabilito dal Padre e ricorda loro la frase profetica di Isaia 53,12: “ Fu annoverato tra gli empi”. Ma ancora i discepoli non capiscono bene.
E’ interessante leggere la frase che segue il brano di oggi, che cita così:
Ed essi dissero: “Signore, ecco qui due spade”. Ma egli disse: “Basta!”.
E’ chiaro che i discepoli non hanno proprio capito cosa sta per succedere e Gesù si spazientisce.
L’invito a prendere borsa, sacca e spada ha chiaramente un senso metaforico. E’ un’allusione al fatto che, non avendo più Gesù davanti a loro come maestro in carne ed ossa, dovranno riempire la loro sacca con gli insegnamenti ricevuti e dovranno difendersi da soli con la spada della fede anche, come succederà, a costo della loro stessa vita.

Nella nostra borsa, nella nostra sacca ci sono tutti gli insegnamenti di Gesù che continuamente rileggiamo e meditiamo.
Tutto quello che impariamo ci serva per scegliere da che parte stare: se dalla sua parte o da quella del mondo, difendendoci anche noi con la “spada” della fede.

 Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.
(Isaia 12,22)

13/10/2019 – 7ª Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni

“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo: un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.”

Matteo 13, 44-52

 

La prima cosa che mi colpisce sono le immagini usate per delineare il Regno dei Cieli, perché è una realtà che non si può identificare con niente qui sulla terra e che non si può spiegare in modo preciso con definizioni o teorie. Solo con queste similitudini possiamo intuire che esso è veramente prezioso perché è sorprendente, è oltre la nostra immaginazione, è accogliente, per tutti! proprio come l’Amore che è Dio! E non è statico o fermo, ma parte tutto dal movimento di Dio che si mette in movimento per cercarci e offrirci la felicità, che è ciò che dà senso al nostro vivere.

Qualche giorno fa ho ascoltato la testimonianza di Gianpietro (Ema PesciolinoRosso), un papà che nella vita pensava di essere fortunato e avere tutto, successo, denaro, potere, ma si è trovato a perdere il figlio adolescente in seguito ad una festa e droga… Solo dopo questo lutto ha trovato il tesoro di felicità per cui vale ancora la pena vivere: ha trasformato la morte in vita. È stato testimone per me che l’amore vince la morte; che il Regno di Dio è già iniziato qui con Gesù Cristo, che ci ha mostrato un altro possibile modo di vivere. Ha lasciato quasi tutte le sue aziende ed ora si dedica a raccontare agli adolescenti e ai loro genitori ed insegnanti la sua storia. In questo papà ora c’è una pace e una serenità come quella di chi ha trovato il suo tesoro e lo condivide!

I suoi “errori” o peccati, io credo, sono veramente stati lavati, giustificati da Gesù. (1 Corinzi 6, 11) L’amore lo ha salvato!

Il Regno dei Cieli, la felicità non dipendono dai nostri meriti o dalle nostre azioni ma stanno nel riconoscere in Gesù la nostra unica possibilità di salvezza. Questo è anche essere giusti, cioè riconoscerci uomini peccatori, fragili, bisognosi, creature, figli di Dio desiderosi di essere amati e salvati e a nostra volta amare Dio e il nostro prossimo. E questo è già possibile per noi, qui ed ora!

 

Signore, fa’ che ciascuno possa trovare il suo tesoro che tu hai nascosto e preparato per noi; mettiamoci in moto per amare ed essere felici!

12/10/2019 – S. Edvige

Luca 22,24-30a

In quel tempo. Nacque tra gli apostoli una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Il Signore Gesù disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno».

Bellissime parole che ci riempiono il cuore. Ed è di grande potenza e di grande dolcezza la Parola di riconoscimento e di riconoscenza che al v.28 Gesù dona ai suoi amici che si sono appena mostrati in tutta la loro fragilità: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove”! Li riconosce partecipi del suo cammino di piccolezza e di povertà fino alla sua Pasqua!

Incommensurabile è la misericordia e la bontà del Signore verso noi, suoi poveri figli! Siamo chiamati a condividere con Lui la mensa e il regno! Il più grande è “colui che serve”, ed è quindi colui che lo segue nella stessa via sino alla fine!

Noi ci chiediamo chi è il più grande, Lui ci dice di essere i più piccoli; noi raggiungiamo una posizione di potere e Lui ci dice che dobbiamo utilizzarla per essere servi; noi cerchiamo di evitare la prova, o perlomeno di abbreviarla, e Lui ci dice di perseverare con Lui.

Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto:
“La mia grazia rimane per sempre”
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

 

11/10/2019 – S. Alessandro Sauli – S. Giovanni XXIII

Luca 21, 34-38
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo.

Nel brano di oggi, Luca sembra volerci mettere in guardia, quasi intimorirci, quando ci ricorda che “quel giorno”, il giorno del giudizio, arriverà quando meno ce lo aspettiamo e si abbatterà su di noi. Dobbiamo quindi fare attenzione a non farci cogliere impreparati, facendoci trovare col cuore appesantito dagli affanni della vita.
Ripensandoci, la nostra vita è fatta di situazioni e di incontri inaspettati che possono trasformare la nostra vita in meglio o, alcune volte, in peggio. Spesso però sono proprio questi momenti a sconvolgerci la vita e a renderla davvero gustosa. Dovremmo imparare a lasciarci sconvolgere da ciò che non avevamo previsto, lasciarci accogliere dall’inafferrabile, proprio come Maria che, dicendo il suo Sì davanti a ciò che non avrebbe mai aspettato per la sua vita, ha cambiato le sorti dell’umanità.
Mi colpisce, infine, la figura del popolo che “di buon mattino” si reca da Gesù, nel tempio sul Monte degli Ulivi, per ascoltare i suoi insegnamenti.
Queste persone rimangono affascinate da Gesù che nel tempio insegna, e noi? Sappiamo lasciarci affascinare dalla Parola del Signore? Siamo disposti a dire il nostro “Sì” davanti a ciò che non avevamo previsto?

10/10/2019 – S. Casimiro – S. Daniele Comboni

Luca 21, 25-33

“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”

Non lasciamoci spaventare dai primi versetti del Vangelo di oggi: le descrizioni dei cataclismi cosmici (vv.25-28) sono espressioni iperboliche a cui gli agiografi hanno fatto ricorso per presentare le grandi novità, in termini di salvezza e liberazione, portate da Gesù! Prendere alla lettera questi annunci significa fraintendere, anzi addirittura stravolgere, il loro significato (un esempio che può aiutare a comprendere questo meccanismo è costituito dal collegamento, da parte di S. Pietro, della profezia di Gioele agli avvenimenti della Pentecoste, cfr. At 2,19-21).

Questi modi di dire non annunciano un rivoluzione nel mondo “fisico”, ma il realizzarsi di un grande evento nella storia della salvezza. A cosa si riferisce il Maestro quando parla di potenze celesti che verranno sconvolte? Sono le potenze del nemico, che Gesù vide cadere dal cielo come folgore durante la predicazione dei discepoli (cfr. Lc 10,18-19).

Molto efficace è anche la parabola del fico, riportata nei vv. 29-33. Il fico, in Israele, è l’ultima pianta a mettere i fiori, pertanto davanti ad esso le considerazioni possibili sono due: o è una pianta morta, dalla quale non ci si può attendere più nulla, oppure lo si può prendere come segnale sicuro dell’arrivo della bella stagione (la sua fioritura rappresenterà l’estate alle porte!).

Questo sguardo fiducioso, si fonda su una lettura della vita che, andando oltre le negatività dell’oggi, possiede la certezza che sia in atto un inarrestabile processo di bene, di “vita buona”.

 

Perdonaci, Signore, se abbiamo investito tutto nel mondo presente e finiamo per vedere con terrore il crollo dei suoi beni e delle sue attese. Aiutaci a ribaltare questa tendenza per investire nei beni del cielo, così da veder giungere la felicità eterna.

09/10/2019 – S.S. Dionigi vescovo e compagni; S. Giovanni Leonardi

Luca 21, 20-24
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti».

Luca parla degli ultimi tempi, della pienezza che sta per arrivare. È un tema ricorrente nelle diverse epoche della storia: mi ricordo l’estate 1999 quando c’è stata l’eclissi di sole e dopo qualche mese sarebbe iniziato il nuovo millennio.
C’erano diverse profezie che associavano questi due eventi alla fine del mondo, chi, si preoccupava del futuro che ci aspettava. Eppure niente di tutto ciò è accaduto.
La fine del mondo non è una tragedia somigliante ai filmetti catastrofici del cinema americano, ma la manifestazione definitiva della tenerezza di Dio sugli uomini.

Luca prosegue il brano con l’invito ai suo fratelli ad alzare lo sguardo, davanti al caos di eventi catastrofici, di guerre, di carestie, di instabilità politica.
Il nostro essere cristiani si manifesta anche in queste situazioni: con chi non vede nessuna speranza per il proprio futuro, nei periodi di crisi dove non si intravede nessuna soluzione, davanti a conflitti che si ripetono nella storia da millenni,
guardando ai disastri ambientali e di fronte agli scenari più catastrofici, dobbiamo portare l’annuncio che un Padre nei cieli pensa a noi, vuole il nostro bene e attende di averci con sé nella sua casa, quando saremo chiamati a lasciare questo
mondo.

Siamo capaci di “alzare lo sguardo” e vivere in cammino verso l’incontro col Padre?

08/10/2019 – S. Anselmo di Lucca e S. Giovanni Calabria

Luca 22, 67-70

In quel tempo. Gli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi, dissero al Signore Gesù: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono».

 
Gesù scruta i cuori dei capi del sinedrio e dalla domanda che gli pongono comprende fin da subito il loro vero fine: l’accusa.
L’indisponibilità ad accogliere la novità di Cristo è causata da un cuore indurito, formato da una finta religiosità e da un eccessivo attaccamento alle leggi.
Gesù non teme di dichiarare anche a loro il suo vero essere, la sua missione e in completa obbedienza, passa anche attraverso quest’ulteriore mortificazione.
 
Preghiamo Gesù perché il nostro cuore non diventi un cuore di pietra, fermo sulle proprie convinzioni e impassibile alla grazia di Dio che visita.
Lasciamoci interrogare anche oggi dal Figlio di Dio, porgiamogli il nostro cuore affinché lo trasformi e lo trasfiguri a sua somiglianza.
Preghiamo anche per Papa Francesco e per la Chiesa intera perché sappia leggere i segni del tempo e adottare la mentalità di Cristo, unico nostro Maestro.
 
 
Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. (Ezechiele 36,26)