27/10/2019 – Domenica dopo la Dedicazione

“Ed ecco, Io Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”

Matteo 28, 16-20

 

Sbaglierei se mi fermassi unicamente a questa frase oggi, che è la giornata missionaria, ma altrettanto farei un torto a me stessa (perché è una Parola che sostiene la mia fede), se non partissi da questo versetto che conclude il Vangelo di Matteo, tutto centrato sulla presenza di Gesù, uomo fra gli uomini, Tenda di Dio sulla terra, Cristo, cioè inviato dal Padre per questo motivo, sì per questa missione: dire agli uomini che Dio è con loro, sta in mezzo a loro!

Si comprende, allora, l’importanza di questa Giornata: Cristo ha ricevuto una missione che i discepoli hanno ricevuto il compito di continuare. Sono diventati anche loro degli apostoli, cioè inviati. Nel nome di Dio che è Padre, Figlio e Spirito.

Il primo passo è annunciare il nome di Dio trinitario, che non è solitudine ma com-unione di Persone. Ecco che anche l’apostolo non è mai solo, ma come già ricordato nei giorni scorsi, ma inviato a 2 a 2, da fratelli.

Segue l’annuncio della parola di Dio (Rm 15,15), in particolare il Vangelo di Gesù (Rm 15,19), per condurre ogni uomo e donna di qualunque popolo, latitudine, lingua, tempo all’incontro con Gesù nel Battesimo (Matteo 28, 19), perché Lui non è venuto per pochi, ma proprio per tutti, senza esclusione di nessuno.

Per questo, lo Spirito sceglie e chiama per sé ancora oggi uomini e donne, sacerdoti, laici, famiglie, giovani, suore che partano ad annunciare quel lieto messaggio, già iniziato da Gesù più di 2000 anni fa… in realtà non dimentichiamoci che ciascuno di noi, in forza del battesimo ricevuto ovvero dell’incontro con Gesù (come capitato a Paolo, che ha viaggiato per tutto il Mediterraneo), è abilitato all’annuncio.

 

Preghiamo per tutti coloro che ieri in Duomo hanno ricevuto dal nostro vescovo Mario il mandato missionario e sono pronti a giocare la loro vita nella testimonianza della Parola, viva operante santificante oggi, sostenuti dalla presenza fedele di Dio al loro fianco e attraverso la nostra preghiera! Chiediamo a Gesù di essere capaci anche noi, nel nostro piccolo, di portare la Sua Parola.

26/10/2019 – Sabato della Settimana della Dedicazione del Duomo

Luca 5,1-11

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». (..) Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Ci sono due cose importanti da osservare in queste poche righe di Vangelo: prima di tutto le parole di Simone che si riconosce peccatore, cioè sente tutta la distanza tra la sua povera umanità e la grandezza di Gesù che è lì, vicino a lui, su quella piccola barca. Simone il pescatore comprende che di fronte a lui c’è qualcuno di grande, qualcuno inviato da Dio, qualcuno in cui opera lo Spirito di Dio, e allora si sente piccolo piccolo,debole, fragile.

La seconda cosa che vogliamo notare insieme è il cambiamento del nome: l’evangelista Luca, che fino ad ora ha sempre chiamato il pescatore solo con il nome di Simone, ora aggiunge anche il nome Pietro. Ed è con questo nome che lo
incontreremo poi sempre nel Vangelo: Pietro, il primo degli Apostoli. Simon Pietro il pescatore che ora sta inginocchiato nella barca, di fronte a Gesù, in mezzo ai tantissimi pesci della pesca miracolosa.

Ascoltiamo che cosa dice Gesù a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Certamente Simon Pietro, quel mattino in riva al lago, non sapeva ancora che cosa sarebbe successo nella sua vita, ma fidandosi del Signore Gesù e della Sua Parola ha lanciato le reti e da pescatore di pesci è diventato pescatore di uomini.

 

Lasciamoci pescare anche noi dalla Parola di Gesù, lasciamoci pescare dal Suo amore.
Fiducia, fede, speranza e amore è quello che dobbiamo dimostrare e trasmettere. Come Pietro, lasciarci avvolgere dall’amore gratuito di Gesù.

25/10/2019 – S. Gaudenzio da Brescia – Beato don Carlo Gnocchi

Luca 8, 1-3
In quel tempo. Il Signore Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
 
Nel brano di oggi, Luca ci racconta della prima comunità che segue Gesù nelle sue predicazioni. Di questa comunità sono due le caratteristiche che mi colpiscono. La prima è la missionarietà: la comunità, che è costituita dai 12 apostoli e da alcune donne, segue Gesù “per città e villaggi”. Questi uomini e queste donne non hanno avuto paura di lasciare le proprie comodità e le proprie famiglie, e seguono Gesù là dove è necessario recarsi per annunciare la Buona Novella.
La seconda caratteristica che mi colpisce di questa comunità è la carità reciproca. Le donne che seguono Gesù sono state infatti salvate dagli spiriti cattivi e dalle malattie, e a loro volta servono gli apostoli con i loro beni. E’ interessante leggere come Gesù, in questo brano, non si soffermi sui Dodici ma sulle donne che li accompagnano, chiamate una ad una con il proprio nome. Per una società, come era quella di 2000 anni fa, dove le donne godevano spesso di poca attenzione, mi colpisce questo sguardo attento di Gesù. Con queste parole, l’evangelista Luca sembra proprio voler sottolineare l’importanza del loro ruolo e della cura che hanno verso Gesù e i Dodici.
Preghiamo oggi perché anche noi e le nostre comunità possiamo essere come queste prime comunità, che colpiscono per la loro missionarietà e la cura dell’altro. Ricordiamoci poi di chiamare le persone che ci sono accanto con il loro nome, come piccolo segno di attenzione verso di loro e i loro talenti.

24/10/2019 – S. Antonio Maria Claret – S. Luigi Guanella

Luca 10, 1b-12

“Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”

Il brano del Vangelo di oggi, che introduce il capitolo 10 di Luca, ha uno spiccato carattere di rivelazione: Gesù ha preso la decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51), in questo modo il Suo “essere tolto” (v. 51), per tornare al Padre, si unisce ad una nuova “venuta” (v. 52) nella missione dei suoi discepoli.

Grande importanza assume il verbo “designare” (10,1), dove si precisa che il Maestro invia 72 discepoli davanti al suo volto, lo stesso volto risoluto con cui s’incammina verso Gerusalemme.
Le raccomandazioni, rivolte loro prima della partenza, sono un invito ad essere consapevoli della realtà che li attende: messe abbondante e numero esiguo di operai. Di qui l’invito alla preghiera: «Pregate il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (v.2).

L’iniziativa della missione è del Padre, ma Gesù trasmette l’ordine: «Andate!» ed indica le modalità da seguire (vv.4-11). Si inizia con l’equipaggiamento: né borsa, né sacco, né sandali. Questi elementi rimandano alla fragilità di chi è inviato e alla sua dipendenza dall’aiuto del Signore e dei fratelli delle città. Le prescrizioni positive sono sintetizzate prima nell’accesso alla casa (vv.5-7) e poi nel successo in città (vv.8-11), ma non è escluso il rifiuto.

La casa è il luogo dove i missionari intrattengono le prime relazioni e la “pace” è il dono che precede la loro missione e contraddistingue l’arrivo del Regno. La città è invece il campo più esteso della missione: in esso si svolge la vita, la politica, le possibilità della conversione, l’accoglienza o il rifiuto.

A quest’ultimo aspetto è legato il gesto di togliere via la polvere (vv 10-11): i discepoli, abbandonando la città che li ha rifiutati, dicono agli abitanti di non essersi impossessati di nulla e ogni relazione è cessata. Infine, Gesù ricorda la colpevolezza di quella città che si sarà chiusa alla proclamazione del vangelo (v.12).

 

Perdonaci Signore se, a volte, anche noi chiudiamo le porte all’ amore che Tu vuoi portare nelle nostre case e nel nostro cuore. Aiutaci a riempire le borse dei fratelli di pace e le loro sacche di comprensione.
Insegnarci ad essere sandali di perdono per camminare insieme.

23/10/2019 – S. Giovanni da Capestrano

Marco 6, 7-13

In quel tempo. Il Signore Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.  

 

Il Signore dopo aver tenuto con sè i Dodici, averli istruiti e aiutati, li fa partire, con pochi mezzi indispensabili, perchè l’importante è l’annuncio e la loro sicurezza è la sua presenza.
Anche gli sposi sono mandati a compiere le stesse opere dei Dodici:
– avere uno stile di vita sobrio, che confida nella Provvidenza più che nelle cose;
A volte come genitori si fa fatica a lasciare andare i propri figli, non ci sembrano mai grandi abbastanza per camminare da soli, vorremmo sempre proteggerli: abbiamo fiducia nella Provvidenza e nei figli o confidiamo nelle nostre forze?

– non lasciarsi abbattere dagli insuccessi: scuotere i calzari e rialzarsi e andare oltre;
siamo capaci di non fermarci di fronte agli errori e continuare a camminare o rischiamo il contrario?

– essere per il coniuge strumento e aiuto alla conversione;
aiuto mio marito (mia moglie) ad essere più uomo (più donna), a convertirsi, o lo “lascio così come è”?

– scacciare i demoni
sono capace di riconoscere il male che può nascere nella mia famiglia? Mi impegno a eliminarlo?

– ungere con l’olio gli infermi;
so essere vicino ai familiari che soffrono, ai figli in difficoltà di fede?

– guarirli:
credo che non sono io con le mie forze a ottenere risultati, ma l’amore del Signore che sono capace di vivere con     l’altro?

Aiutaci Signore a camminare fiduciosi nella tua presenza, a riprendere il cammino dopo un errore, a capire che hai un progetto sui nostri figli e che è quello che loro devono seguire, non il nostro.

22/10/2019 – S. Giovanni Paolo II

Marco 3, 13-19

In quel tempo. Il Signore Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
 
“perché stessero con lui” : Gesù ci vuole. Desidera che la nostra anima aderisca a Lui.
Che bella la chiamata degli apostoli.. che ci ricorda un po’ la chiamata personale che abbiamo sentito per ciascuno di noi!
Gesù chiama a tempo debito, attraverso un cammino unico che fa sentire ognuno amato e prediletto.
È da questa intimità, da questo rapporto con Gesù che si può generare il mandato apostolico.
Forse, anche all’interno delle nostre comunità, ci spendiamo tanto per parlare di Dio, per organizzare incontri o percorsi, ma alla fine perdiamo il fondamento cruciale che è lo stare con Gesù, nel nostro rapporto intimo di preghiera.
 
 
Affidiamo questa giornata a San Giovanni Paolo II che ha testimoniato con tutta la sua vita il suo essere apostolo, lo preghiamo affinché custodisca Francesco e interceda per la Chiesa Universale. 

21/10/2019 – Lunedì della Settimana dopo la Deducazione

Giovanni 1,40-51
..Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro. Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret».
 
La nostra vita è fatta da incontri, a partire da quello tra nostro padre e nostra madre. Noi veniamo dal loro abbraccio. Ma se ci pensiamo bene, noi siamo il risultato di miriadi relazioni che si sono succedute dalla notte dei tempi e che hanno fatto sì che quell’abbraccio tra i nostri genitori avvenisse.
Il vangelo di oggi ci dice che questo vale anche per la nostra fede, che viene da lontano e che nasce dal desiderio di Dio, innamorato dell’uomo, di incontrarlo. La fede, quindi, è una relazione tra me e Dio.
Ogni donna e ogni uomo ha in sé questo insopprimibile desiderio, perché nel suo cuore cerca Colui che può comprenderlo, essendo fatto a Sua immagine e somiglianza! E si pacifica con se stesso solo quando si rende conto di questo! ( Il mio cuore è inquieto, finché non riposa in Te. S. Agostino).
La fede,allora, non è questione di quantità, non si compra né si merita, ma sì accoglie perché è un regalo. È questione invece di qualità, perché sta alla mia libertà cercare continuamente di interagire con Dio Padre che mi cerca, mi aspetta, mi parla attraverso le circostanze della vita e ha la faccia delle persone che incontro quotidianamente: è stato così anche per Andrea, Simone, Filippo e Natanaele; anche la nostra fede accade perché qualcuno, testimone più che maestro, ci ha indicato Gesù.
 
La fede non si impone, si abbraccia per affascinazione! Mi piace pensare alla catena di abbracci che viene da quell’incontro di Andrea con Giovanni Battista e che arriva fino a noi oggi!
Non molliamo la presa, ma affascinati dalla bellezza di questo abbraccio, moltiplichiamolo all’infinito!!!
Buona settimana amici!

20/10/2019 – Dedicazione del Duomo di Milano

Luca 6, 43-48
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».

Il primo pensiero di questo brano mi richiama ad una scena quotidiana che probabilmente può essere già capitata anche a voi: entro in casa di amici, mi guardo un po’ in giro e trovo un vaso di fiori dai colori luccicanti e splendenti; ne vengo attratto, mi avvicino, cerco di sentirne il profumo, lo tocco … e mi accorgo che sono fiori finti, accidenti!
Questo sembra proprio quello su cui Gesù si sofferma, chiedendomi: “Perché ti ostini a rimanere di plastica, cioè esternamente interessante, ma vacuo nel tuo frutto?”

Mi capita, a volte, di pensare che le azioni non dipendano del tutto da me, ma attribuisco le responsabilità agli altri o a circostanze che mi stanno intorno: nel brano, Gesù ribalta questo concetto, affermando proprio che costruendo la mia vita su fondamenta robuste e solide posso scoprire e accrescere il vero volto di figlio di Dio.

Cuore e certezze, centro del proprio sé e convinzioni: solo se imparo a scrivere le mie ferite nella sabbia e ad incidere sulla pietra le mie gioie potrò davvero essere un costruttore di pace nelle parole e nei fatti.

– Quale qualità del mio essere percepisco come vitale per il mio cuore?
– Su quale tipo di terreno sento che la mia casa è costruita oggi? Perché?

Sei tu Signore che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere. (Sal 138)

19/10/2019 – S. Paolo della Croce

Giovanni 2,13-22

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Se ancora albergasse in noi qualche dubbio sulla profonda natura umana di Gesù’ ritengo che questo brano sia in grado di fugarlo definitivamente: la sua reazione davanti alla casa del Padre suo (dichiarando così apertamente per la prima volta di essere figlio di Dio) trasformata in un mercato e’ carica di rabbia perfettamente umana ma che affonda le proprie radici in motivazioni assai profonde.

 Quel mercato nell’area del tempio, esattamente nell’atrio riservato ai gojim, alle genti, perché potessero avvicinarsi e cercare il Dio vivente, procurava un’enorme ricchezza ai sacerdoti, agli inservienti del tempio e a tutta la città santa.

Ma Gesù non può tollerare che interessi umani si frappongano fra l’uomo e Dio! Dal racconto evangelico emerge un quadro nel quale l’acquisto di strumenti rituali (le colombe e gli altri animali per l’olocausto) innesta un mercato che distoglie lo sguardo dal vero motivo per il quale il popolo entra nel tempio: incontrare  Dio.

Possiamo leggere un richiamo anche per noi: non dobbiamo permettere che nulla ci tolga dalla posizione originale nei confronti del Padre, dal rapporto autentico e diretto con Lui che non ha bisogno di troppi orpelli, ma di una familiarità libera e confidente.

Un appunto alla figura degli apostoli: vedono, ascoltano e nella maggioranza dei casi non comprendono…ma al momento opportuno tutto si fa chiaro, come i pezzi di un puzzle che si ricompongono nella luce dello Spirito; e’ un invito a perseverare nella sequela anche se non tutto e’ chiaro ed immediato, con la fiducia di poter comprendere a tempo opportuno e con l’aiuto della Grazia.

“Signore, donami uno sguardo attento perché possa accorgermi della tua presenza in ogni stante della mia vita”

18/10/2019 – S. Luca evangelista

Luca 10,1-9

In quel tempo. Il Signore Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

 

Il Signore designa altri settantadue discepoli per la sua missione: è interessante notare che li invia a 2 a 2, simbolo della condivisione, della fraternità, germe della comunità.
Siamo legati ad altri, non siamo isolati, tutte le nostre scelte incidono anche sugli altri.

Quello che mi colpisce è che Gesù li manda davanti a sé nei luoghi dove stava per recarsi.
Come Giovanni Battista siamo chiamati ad annunciare Gesù e il suo regno.

Tutto quello che facciamo prepara l’arrivo del Signore?

Ecco i due compiti: Pregare e Andare!
Il primo compito è Pregare! La messe è molta, gli operai sono pochi, c’è una sproporzione indebita tra la missione e il numero degli inviati.
Il secondo compito Andare. Ci vengono dette le modalità, senza bisaccia, sandali, sacca.
Siamo chiamati ad operare senza pesi inutili, fardelli che ci ostacolano sul cammino, fidandoci solo della sua Parola.

So riconoscere Dio nella fraternità e nelle comunità che vivo?ci sono fardelli che devo abbandonare per fare il passo più spedito?

Preghiamo il Padrone delle messe perché perché i cristiani siano sempre di più consapevoli della loro chiamata battesimale e della loro missione di portare ovunque (72 erano gli stati conosciuti a quel tempo) l’amore di Dio.