26/01/2019 – S.S. Timòteo e Tito

Matteo 10,1-10

“I nomi dei dodici apostoli sono questi: il primo, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo d’Alfeo e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, quello stesso che poi lo tradì”.

Il numero dei 12 ricorda i dodici patriarchi delle tribù di Israele. I dodici apostoli sono coloro che continuano l’opera di Gesù, agendo in nome Suo. Che grande consegna che Gesù fai ai suoi Dodici ! La sua stessa missione ! Portare il Vangelo della salvezza e annunciarlo a tutto il mondo. Nella loro identità e nella loro missione, ogni cristiano deve scoprire il senso della propria vocazione.

“…Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date ..”

“Cammino, servizio, gratuità”. E’ il trinomio sul quale Papa Francesco ha sviluppato un’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che un discepolo è chiamato a servire e ad annunciare il Vangelo gratuitamente, vincendo l’inganno “che la salvezza viene dalle ricchezze”.
Portare la Buona Notizia attraverso un percorso interiore. Questo, ha soggiunto, “è il compito che Gesù dà ai suoi discepoli. Se un discepolo rimane fermo e non esce, non dà quello che ha ricevuto nel Battesimo agli
altri, non è un vero discepolo di Gesù: gli manca la missionarietà, gli manca uscire da se stesso per portare qualcosa di bene agli altri”

25/01/2019 – Conversione di S. Paolo

Matteo 19, 27-29
Allora Pietro gli rispose: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che merito ne avremo?”

Ancora una volta, come senza volerlo, dimentichiamo – come Pietro – la logica di Dio e ci “infiliamo” nella logica del mondo, nella logica di una religione primitiva, che non ci appartiene. Lo sappiamo che il nostro rapporto con Dio non è un “do ut des”, perché è Lui, sempre e solo Lui, che dona gratuitamente, eppure, nella pochezza umana che ci contraddistingue, ci sembra che ci meriteremmo qualcosa in cambio del credere. Perché questo è accaduto proprio a me, che sono credente …?
Non è un pensiero ragionevole, sappiamo che non è fondato, ma inconsciamente riaffora di tanto in tanto nel nostro modo di essere o quantomeno nella nostra superficiale lettura della realtà.

Ma ancora una volta Dio ci stupisce!

Non rimprovera Pietro, come in altre circostanze. Anzi dice che chi lo ha seguito “riceverà cento volte tanto”. Questo cento volte tanto può essere già quaggiù, perché vivere seguendo Gesù, nel suo nome, in una logica del donarsi gratuito, dà già cento volte tanto, perché ci dona una vita più piena.

La domanda che, però, mi faccio oggi è se io davvero ho lasciato tutto per seguire il Signore.
Pietro è sincero: lui e gli altri discepoli, a differenza del giovane ricco, hanno lasciato la casa, il lavoro, gli affetti … Ma hanno davvero lasciato tutto per Gesù? Alcuni loro litigi per piccolezze, per questioni di “posti a sedere alla destra o alla sinistra” lasciano intravedere che forse non hanno proprio lasciato tutto …
La loro incomprensione (e non accettazione) della croce di Gesù rivela che non hanno del tutto rinunciato al loro modo di pensare per seguire il Maestro …

Ed io? Ho lasciato da parte la mia logica, il mio modo di vedere Gesù, le mie attese, il mio pretendere di sapere cosa è meglio per me e per chi mi sta intorno, per seguire Gesù?
“Saper discernere e accogliere le priorità che Dio ci mette davanti”, dice il testo di Rosini “L’arte di ricominciare”.

Questa la preghiera che, forse, oggi dobbiamo rivolgere allo Spirito: che ci aiuti a lasciare davvero tutto per affidarci completamente a Lui, il solo che conosce il nostro vero Bene.

“Signore Dio, creatore di tutte le cose,
terribile e forte, giusto e pietoso,
Tu che solo sei buono, tu che doni ogni cosa, raduna il nostro popolo disperso. Amen”

24/01/2019 – S. Francesco di Sales

Marco 4, 1-20
In quel tempo. Il Signore Gesù cominciò a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. […] E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». […]

Lo scenario di questa pagina è davvero solenne ed evocativo: le folle, il mare, la barca. Ed ora un maestro che insegna. La parabola inizia e termina rispettivamente con l’invito: «Ascoltate», «chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Insomma, la parola di Gesù è il seme immortale, che ci rigenera a sua immagine «rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23).

Ma sembra che nessuno gli presti ascolto! Ciò che fa piace a tutti; ma ciò che dice gli ha messo contro tutti: i farisei e gli erodiani lo vogliono uccidere, i suoi e gli scribi lo ritengono indemoniato e pazzo. Altro che successo! Vi è una mietitura di fraintendimenti, incomprensioni e … morte.
«Ascoltate». Ci rimanda al libro del Deuteronomio “Ascolta, Israele”. Gesù chiede ascolto a tutti gli uomini, perché tutti diventino simili a lui, il Figlio. La parabola è inclusa nell’invito ad ascoltarlo, proprio perché il seme di cui parla è la parola che esce dalla sua bocca.

Gesù è il seminatore, il Figlio venuto a seminare a piene mani il regno del Padre. Ma è anche il seme, cioè la Parola di Dio, che è viva ed efficace e soprattutto porta frutto. Tralasciamo i terreni fallimentari e l’esito negativo della semina. Guardiamo invece con fiducia e speranza all’ultimo gruppo che è costituito da coloro che accolgono la Parola e portano frutto. La terra bella e buona. Sì, c’è anche questa, che ripaga ogni fatica. Al di là di ogni resistenza, il cuore dell’uomo è fatto per accogliere la parola di Dio: è terra bella e feconda per il seme. Gesù lo sa: siamo creati in lui, per lui e in vista di lui (Col 1,16).

Lasciamoci prendere per mano dal seminatore e travolgere dalle tante pagine di buon seme. Apriamo il nostro cuore perché il seme possa morire e così portare frutto.

23/01/2019 – Mercoledì della 2ª Settimana dopo l’Epifania

Marco 3, 31-35
In quel tempo. Giunsero la madre e i fratelli del Signore Gesù e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre»

Siamo nel capitolo 3 del Vangelo di Marco ed è tutto un capitolo di crisi, si chiama la “crisi galilaica”. Per Gesù dopo aver compiuto i miracoli e avere annunciato il Regno, comincia l’ostilità da parte di tutti. I farisei, le persone religiose, decidono di ucciderlo.
Gli erodiani – quelli che hanno il potere – si mettono d’accordo coi farisei per ucciderlo.
Gli scribi – gli studiosi, i teologi – cosa dicono? È indemoniato.
Tutti gli sono contro. Eppure in questa situazione di crisi, lentamente, nasce la Chiesa.

Ciò che permette di fare parte o non fare parte della Chiesa non è tanto l’essere scelti, essere un membro o essere fuori. Gesù spiega che fa parte della Chiesa chi si mette in ascolto della sua Parola, è disponibile a seguire i suoi insegnamenti, a mettersi in ascolto della sua volontà, dei suoi grandi progetti di amore per noi.
Come Maria e i suoi famigliari, troppo spesso cerchiamo di “sequestrare” Gesù, di addomesticarlo, di farlo agire e pensare come noi vogliamo.
Anzichè ascoltare la sua chiamata, vogliamo che Lui ascolti la nostra. Anzichè lasciarci prendere da Lui, vogliamo prenderlo noi, portarlo noi dove vogliamo noi. Anzichè fare la sua volontà, vogliamo che Lui faccia la nostra. Questa è la grande tentazione!

Quanto sono disposto ad ascoltare la Parola del Signore e a seguire i passi da Lui indicati per essere suo discepolo?

22/01/2019 – S. Vincenzo

Marco 3, 22-30

In quel tempo. Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma il Signore Gesù li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro.

Gli scribi accusano Gesù (costui è posseduto dal demonio vs 22); Gesù li chiama, accoglie e tenta un dialogo, propone alcune parabole. Noi come ci comportiamo con chi ci critica e accusa?
Immagine interessante del vangelo di oggi è quella del ladro che entra in casa per rubare le cose, dovrà prima legare il padrone di casa. C’è qualcuno di più forte! il bene può resistere al male!

Anche noi siamo chiamati a fare la nostra parte per far emergere il bene.
Ma quante volte non facciamo il bene che andrebbe fatto? non facciamo niente di male, ma neanche niente di bene. Siamo pronti a combattere il male? A liberarci da quelle schiavitù che ci impediscono di fare il bene?
Il peccato contro lo Spirito di cui parla il vangelo di oggi non è forse impedire allo Spirito di farlo lavorare?

..Che il Tuo Spirito possa agire in noi!

21/01/2019 – S. Agnese

Mc 3,7-12.

In quel tempo. Il Signore Gesù con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui…

La folla. Per tre volte viene ripetuta questa parola nel vangelo di oggi.
Colpisce la quantità di gente che viene da tutte le parti per incontrare Gesù.
Egli ha già compiuto molte guarigioni fisiche e spirituali e tutti quelli che accorrono sperano di essere guariti dai loro mali. C’è così tanta frenesia di avvicinarlo che Gesù ha addirittura paura di essere travolto.
Oggi ci sono nel mondo tanti movimenti che offrono soluzioni capaci di guarire i mali fisici e spirituali degli uomini. Quanta gente si affida a queste realtà per cercare delle risposte alle proprie fragilità!

Poi c’è chi si sta allontanando dalla religione preso com’è dall’attrattiva dei beni materiali offerti dai tempi attuali senza accorgersi che si sta smarrendo (ravvedendosi magari in tarda età) e c’è anche chi non crede più in niente e si lascia vivere così giorno per giorno…arrivando anche a lasciarsi morire.
Chissà, forse fra tutte quelle persone che si accalcano intorno a Gesù c’è anche chi crede che sia solo un “santone” che guarisce tutti e poi…arrivederci e grazie.
Ma sono “gli spiriti impuri”, cioè i demoni che albergano nel corpo di parte di quegli sventurati, che fugano ogni dubbio sulla vera identità di Gesù. Egli non è un santone: è il Figlio di Dio, è Dio stesso che si è fatto uomo e proprio i demoni, che sono angeli caduti, possono testimoniarlo.

Il cristiano sa che fa parte della Chiesa di Dio, di quella famiglia di battezzati che si affidano solo alla misericordia di Dio fatto uomo, che solo dalla Sua mano potente spera di essere sanato.
Noi non abbiamo un luogo dove incontrare Gesù in carne ed ossa e vederlo di persona, abbiamo però tanti luoghi dove incontrarlo spiritualmente: la nostra chiesa locale (oggi purtroppo sempre più deserta), i gruppi di preghiera e di formazione e soprattutto il nostro cuore.

La preghiera quotidiana ci aiuti ad incontrare sempre Gesù e a “toccarlo” facendolo entrare nel profondo di noi stessi e permettendogli di guarire i nostri mali con la Sua infinita misericordia.

20/01/2019 – 2ª Domenica dopo l’Epifania

Giovanni 2, 1-11

“Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». (…) Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.”

Dopo l’Epifania, continuano gli episodi in cui Gesù si rivela Dio per tutti. Ce lo dice chiaramente Giovanni, quando racconta nella prima metà del suo Vangelo tutti i “segni” compiuti da Gesù, di cui il miracolo alle nozze di Cana è il primo. I segni servono per manifestare la gloria di Dio e conducono i discepoli alla fede. Nella seconda parte, scriverà della Passione, morte e resurrezione, mostrandoci la Gloria: quella è l’ “ORA” di Gesù, per cui è venuto, il momento centrale della sua vita.

Qui la gloria si mostra nell’abbondanza della gioia (quanti litri per 6 anfore??!), nella cura dei più piccoli dettagli da parte di Gesù, dell’attenzione verso le persone, talvolta anche a loro insaputa, come qui; chi si accorge del gesto di Gesù sono Maria e i servi, coloro che si mettono a disposizione. “Fate qualsiasi cosa vi dica” (Gv 2,5).

E noi? Siamo disposti a mettere in pratica le parole di Gesù o invece pretendiamo noi di sapere cosa fare? Invitiamo Gesù alla nostra festa, cioè lo facciamo entrare nella nostra vita? Credo sia un prerequisito per trovare la Gioia. Perché se accettiamo la sua presenza, anche quando ci si presentano le difficoltà e le nostre povertà o le avversità della vita, accanto a noi possiamo trovare un “Ospite speciale” che ci ridona gratuitamente il senso del far festa, magari attraverso segni silenziosi e inaspettati.

Non dimentichiamoci a quale grande Gioia siamo stati chiamati! Rileggiamo con cura la lettera agli Efesini, soffermandoci sul centro che è Gesù: è un ripetersi ad ogni versetto di “in Cristo, in lui, mediante Gesù Cristo, mediante il suo sangue, nel Figlio amato…”. Da soli non possiamo far festa col Padre, abbiamo bisogno della preziosa mediazione di suo Figlio, ricevuta in dono per Amore!

Continuiamo a pregare per l’unità dei cristiani, perché il vino della gioia, della pace, dell’unità possa essere sempre più abbondante e possiamo un giorno far festa tutti insieme veramente!

19/01/2019 – S. Fabiano e S. Bassiano

Luca 16, 16-17

“La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il Regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi.”

Del breve brano di Vangelo che la liturgia oggi propone mi salta all’occhio questo passo denso di significato perché mi provoca sull’identità del Regno di Dio.
Stando al testo, posso intuire che il Regno di Dio anzitutto è annuncio; si fa riferimento a Giovanni, profeta simbolo della testimonianza umile ma tenace ed entusiasta.

Giovanni annuncia l’avvento di una Buona Notizia! Aria di novità dunque… qualcosa (o per meglio dire Qualcuno) che fa nuove tutte le cose, suscitando sentimenti di attesa gioiosa, di stupore, di attenzione alla bellezza.. così è per me il Regno di Dio.

Assieme a Giovanni vengono citati la Legge e i Profeti. Certo, il passato in cui “imperava” la Legge è a volte sinonimo di osservanza cieca a dei precetti che rischia di diventare ipocrisia. Qui però, forse, il riferimento alla Legge richiama un’altra qualità del Regno di Dio: la giustizia.
L’avvento della Buona Notizia è “superamento” della Legge, ma non certo nel senso di un rigetto quanto invece nel senso di una comprensione.. il Regno di Dio comprende la Legge, cioè la “capisce meglio” e la interpreta da un punto di vista più misericordioso; e la comprende cioè la include (non la disconosce) le dà nuovo valore.
Proprio la giustizia è per me uno dei caratteri che ha nuovo risalto nel Regno di Dio.

Infine, mi colpisce lo sforzo di ognuno. ..
Se la Buona Notizia è la venuta di Gesù e dunque del Suo Regno che è Novità e Giustizia ma anche Amore, Misericordia, Speranza.. suona un po’ strano che ci si debba sforzare per accogliere tutto questo!
Penso infatti che “ognuno si sforza” non significhi “ognuno si impegna al suo massimo per tenere una condotta tale da assicurargli l’entrata nel Regno”; credo si parli anzitutto di un dono, come dono è stata la nascita di Gesù, uomo tra gli uomini.

Per questo il paradosso: è così difficile accogliere un dono?
Sembra in fondo di sì.. Lo si legge nei Vangeli: storie di uomini chiamati da Gesù a seguirlo ma che hanno rinunciato, popoli che hanno vissuto il Suo avvento ma non lo hanno riconosciuto.

E poi lo si vive anche nella vita.. non mi sembra scontata l’accoglienza di Qualcuno che vuole stare in relazione con me e quindi esige (cioè merita, non pretende) lo sforzo di esserci.
Mi sembra esemplare la professione di Fede di Maria: “Eccomi!”

18/01/2019 – Cattedra di S. Pietro

Matteo 16,13-19

Il Signore Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Nel brano di Vangelo di oggi, Gesù sembra voler quasi interrogare i discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”, “E voi chi dite che io sia?”. E Pietro non si fa cogliere impreparato e, fidandosi, afferma con certezza “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.” A queste parole, Gesù chiama Pietro beato perché “né carne né sangue” hanno rivelato a Pietro chi è Gesù, eppure, con grande fiducia, Pietro riconosce la grandezza del Signore.

E non solo… Gesù riconosce a Pietro un grande valore, “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa”. La Chiesa del Signore, fondata sulla pietra, resisterà anche alle forze degli inferi. Allo stesso tempo però Gesù investe Pietro anche di una grande responsabilità: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

Riportandoci alla nostra vita, cosa risponderemmo noi se ci chiedessero chi è Gesù? A differenza di Simon Pietro, noi abbiamo avuto l’opportunità di venire dopo la rivelazione di Gesù e di essere accompagnati nel nostro cammino dalla Chiesa intera. Eppure saremmo in grado di affermare con così assoluta certezza che Gesù è il figlio del Dio vivente?

Inoltre, anche a noi il Signore ha affidato una grande responsabilità, basti pensare a tutti i talenti che ci ha donato…

Siamo in grado di fare buon uso dei talenti che il Signore ci ha affidato? E siamo in grado di spenderli per il prossimo?

Preghiamo per l’unità di tutti i cristiani, uniti dalla fede in Cristo, Figlio del Dio vivente.

17/01/2019 – Sant’Antonio Abate

Marco 1, 35-45

Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano»

Il Vangelo di oggi potrebbe essere letto come un vademecum per la giornata di ogni cristiano: quando ci svegliamo, domandarci prima di tutto di Gesù ed orientare bene l’andare. E dove possiamo trovare il Maestro? Sicuramente nella preghiera. Egli è preghiera vivente di intercessione per noi presso il Padre.

Anche noi siamo chiamati a “stare nella preghiera”, facendoci voce dei desideri profondi e delle aspirazioni dell’umanità: “Tutti ti cercano”. Il camminare, che segue questa preghiera, non sarà un vagare senza senso, non sarà un avventurarsi verso mete illusorie e inconsistenti. No, il nostro sarà un andare dietro al Signore sulla strada del Vangelo. Percorrendo questa strada, è inevitabile fare incontri che neppure ci sfiorerebbero, se ce ne andassimo per conto nostro: da Gesù, infatti, accorrono i tanti lebbrosi della vita.

Gesù non è alla ricerca di consensi, della massa; Egli ci sprona ad “andarcene altrove”, lì dove possiamo ascoltare meglio il grido di tutti gli esclusi. Questo sostare del Maestro insieme agli ultimi non è una tappa in vista di un Oltre, piuttosto è la meta, lo scopo, il senso del Suo andare! Deve diventare chiaro, anche per noi, che andare dietro al Signore significa circondarci di questi miseri che Lui ha a cuore. E se ci prende lo sconforto, perché siamo consapevoli della nostra impotenza, non dobbiamo scappare, ma unirci con questi ultimi nell’invocare fiduciosi Colui che li può salvare.

Ti preghiamo, Maestro buono, fatti trovare mentre ti cerchiamo! Donaci la bellezza dell’incontro con gli altri e di saper amare le loro debolezze, miserie, persino la loro lebbra. Donaci il coraggio di percorrere la Via del Vangelo, sicuri che Tu non ci lasci da soli.