23/10/2021 – S. Giovanni da Capestrano

Luca 5,1-11
In quel tempo. Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, il Signore Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

 

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

 

 

Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

 

 

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore».

 

Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

 

 

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

La pesca abbondantissima, “miracolosa” e la reazione di Pietro alla persona di Gesù ci forniscono spunti di riflessione preziosi, per la nostra vita.

La scena che ci viene posta davanti è quella della riva del lago e Gesù è nell’atto di insegnare alle folle. Non solo nella sinagoga, strade e villaggi, ma ovunque.

Simone quando dice «Sulla tua parola, getterò le reti» : assistiamo ad un vero e proprio atto di fede: gettare le reti anche quando tutto suggerirebbe il contrario. «Prendi il largo» è un po’ come l’invito.
Accogliere l’invito richiede coraggio e affidamento.

Anche a noi viene richiesto di accogliere la Parola di Dio. E come i pescatori affrontare il mare aperto” magari tra la diffidenza degli altri, ma ciò porterà abbondanza. Come Simone abbandoniamoci nelle mani di Dio pur con le nostre fragilità.

Simon Pietro continuerà ad essere un pescatore, ma di uomini, pescatore di umanità, proprio perché è egli stesso un uomo, nella comune fragilità, come gli altri. Toccato da Dio e chiamato a collaborare alla sua opera. Per noi un esempio di fede e speranza.

22/10/2021 – S. Giovanni Paolo II

Luca 8, 1-3
In quel tempo. Il Signore Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
Nel brano di oggi l’evangelista Luca ci racconta di Gesù che viaggia per città e villaggi per predicare, come siamo abituati ad immaginarcelo, ma in questo testo ci sono tre sottolineature particolari che mi colpiscono.
 
Innanzitutto, Luca sottolinea come “con”, quindi insieme a Gesù, ci sono sì i suoi discepoli, ma anche alcune donne. Le donneviaggiano insieme a Gesù tanto quanto i suoi Apostoli. Non era cosa comune che uomini e donne vivessero insieme, anzi era quasi considerato sconveniente che Gesù si facesse accompagnare da delle donne. Eppure Luca ci tiene a sottolinearlo, quasi a volerci far notare l’attenzione di Gesù verso queste donne.
 
In secondo luogo, Luca ci tiene anche a dirci chi sono coloro che accompagnano Gesù nel suo cammino di predicazione: ci sono i Dodici, che tutti conosciamo, ma ci sono anche alcune, anzi molte donne, delle quali l’evangelista si sofferma sui nomi. Ci sono Maddalena, che Gesù aveva liberato dai demòni, Giovanna, una donna molto ricca perché moglie addirittura dell’amministratore di Erode, e Susanna, una donna come tante altre. Luca quindi sottolinea l’attenzione di Gesù verso coloro che lo seguono, li conosce uno per uno, nome per nome.
E infine, Luca sottolinea la provenienza varia di coloro che lo accompagnano. Già sappiamo che i Dodici provengono da storie e ceti diversi e lo stesso vale per le donne, ci sono sia donne ricchissime che donne “qualsiasi”.
 
A questo proposito mi piace ricordare che oggi è San Giovanni Paolo II, un Papa missionario, che ha voluto incontrare persone provenienti da tutti i Paesi del mondo e da tutti i ceti sociali. Concludiamo quindi con le sue parole, mai come oggi tanto attuali.
 
“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”.” 

21/10/2021 – Giovedì della Settimana dopo la Dedicazione

Lc 10, 1b-12
In quel tempo. Il Signore Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni
città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!
Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi
mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a
salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi
sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in
quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua
ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno,
mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il
regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e
dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di
voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata
meno duramente di quella città».

 

Nulla di più opportuno di questa pagina per prepararci alla giornata missionaria mondiale e, se leggiamo attentamente questi versetti, non possiamo negare che vengono esplicitate indicazioni davvero preziose e puntuali per vivere la missione.

Mi colpisce in primo luogo il protagonismo di Gesù che veste i panni di “capo”, nel senso di riferimento chiaro e indefettibile: Lui convoca e invia,
scegliendo il metodo del sostegno fraterno (a due a due) dimostrando di conoscere la debolezza umana, ovvero che da soli ci si perde.

Invita perentoriamente alla preghiera: è il Padre che chiama e manda, all’uomo la libertà della risposta.

Non risparmia i dettagli sui rischi che la missione porta con sè e disillude i suoi discepoli sull’accoglienza che li aspetta: inutile credere che avranno vita facile ovunque andranno, anzi potranno incontrare rifiuto e magari di peggio, la schiera dei martiri missionari non è mai terminata.

Ma la cosa più sorprendente di questa pagina è l’indicazione a rivalutare una posizione originale di questo mandato missionario, ovvero recuperare la dimensione dell’ospitalità e della condivisione.

L’ospitalità. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non possono portare nulla, né borsa, né sandali. Solo possono e devono portare la pace. Ciò significa che devono aver fiducia nell’ospitalità della gente.
La Condivisione. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma rimanere nella stessa casa.
Cioè, devono convivere in modo stabile, partecipare alla vita ed al lavoro della gente del luogo e vivere di ciò che ricevono in cambio, perché l’operaio è degno della sua mercede. Ciò significa che devono aver fiducia nella condivisione. Così, per mezzo di questa nuova pratica, riscattano una
vecchia tradizione della gente, criticano la cultura di accumulazione che distingueva la politica dell’Impero Romano ed annunciava un nuovo modello di convivenza.

Inoltre compare tra le righe l’indicazione a vivere una sorta di comunione attorno al tavolo.
 I discepoli devono mangiare ciò che la gente offre loro. Non possono vivere separati, mangiando il proprio cibo. Ciò significa che devono accettare la comunione e non possono vivere separati e mangiare il loro cibo, che devono accettare di sedersi attorno alla tavola con gli altri. In questo contatto con gli altri non possono aver paura di perdere la purezza legale. Agendo in questo modo, criticano le leggi vigenti della purezza ed annunciano un nuovo accesso alla purezza, all’intimità con Dio.

Infine il servizio agli ultimi. I discepoli devono occuparsi dei malati e questo credo significa che devono accogliere nella comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica la società che esclude ed indica soluzioni concrete.

Beh, a voler ben guardare non è solo un “protocollo” missionario, ma un “programma” sul quale fondare ogni comunità cristiana, ogni Chiesa locale, ogni gruppo di fratelli uomini, chiamati da Gesù a operare insieme. Dall’io al noi di Cristo.

20/10/2021 – Mercoledì della Settimana della Dedicazione

Mc 6, 7-13

Il Signore Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

 

 

E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì.

 

Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

In questa pagina di Vangelo viene descritto in maniera molto chiara quale sia lo stile che deve assumere colui che vuole mettersi alla sequela di Gesù. Possiamo riscontrare in queste righe una sorta di carta d’identità del discepolo.

In particolar modo viene sottolineato la dimensione comunitaria dell’annuncio, dal momento che gli Apostoli sono inviati in coppia a trasmettere il Vangelo: viene messo in evidenza che ad essi viene richiesto di testimoniare l’amore che lega la comunità cristiana che si fonda su quello che Gesù ha mostrato agli uomini.

In queste righe possiamo riscontrare ciò che viene detto nel Vangelo di Giovanni: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri.” (Gv 13,34)

 Colgo un’ulteriore sottolineatura sul fatto che i discepoli di Gesù sono invitati ad affidarsi completamente alla Provvidenzadi Dio, consapevoli che Egli non li abbandona, ma che li sostiene e si manifesterà attraverso la premura di coloro che incontreranno sul proprio cammino. Ciò a cui sono chiamati i discepoli è il mettersi in gioco in nome del Vangelo, facendosi dono per coloro che sono in attesa del loro annuncio e facendo trasparire nei loro gesti l’Amore del Signore.

Chiediamo al Signore di riuscire a prendere il largo sulla Sua Parola facendo nostre queste parole di una preghiera di Don Tonino Bello: Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita, perché le parole, quando veicolano la tua, non suonino false sulle mie labbra. Esercita su di me un fascino così potente, che, prima ancora dei miei ragazzi, io abbia a pensare come Te, ad amare la gente come Te, a giudicare la storia come Te.

19/10/2021 – S. Paolo della Croce – S.S. Giovanni de Brebeuf e Isacco Jogues

Mc. 3, 13-19
Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni.

 

 

Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

Con queste poche “righe” nasce la Chiesa.
Gesù, nel brano di vangelo di oggi chiama la sua “squadra” perché stia con Lui innanzitutto e perché vada a predicare la buona notizia, poi.

Ne vuole Dodici che vivano accanto a Lui, che abbiano gli occhi puntati su di Lui, che imparino da lui che è il Maestro e che vadano poi nel mondo ad annunciare quanto hanno appreso e vissuto personalmente.

Ma che squadra ha voluto Gesù accanto a sé?
Certo non una squadra di primi della classe, di perfetti, di giusti … c’è l’esattore delle tasse, c’è colui che lavora per i Romani, colui che ha la mania di combattere, c’è persino colui che lo tradirà!

Ma allora Gesù, ha sbagliato qualcosa nel formare la sua squadra?
No, con la chiamata di quei Dodici, Gesù ci insegna che la Chiesa non è e non deve essere un gruppo di persone con gli stessi interessi, tutti omologati… ma è il popolo chiamato dal Signore, unito da Cristo proprio con le diversità di ciascuno, anzi, grazie alle diversità di ciascuno, perché la Chiesa sia più ricca!

Il nostro compito è quello di imparare a pensarci come un gruppo di persone che testimoniano, malgrado la propria fragilità, e forti delle nostre diversità, di appartenere a un solo Signore… così Gesù ha voluto la sua Chiesa!

Impariamo da qui a camminare insieme perchè la Chiesa sia sinodale!

18/10/2021 – S. Luca

Lc 10, 1-9
In quel tempo. Il Signore Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!

 

 

Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace
scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.

 

 

Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa.

 

Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

 

Gesù invia i discepoli in missione perché arrivino prima di Lui e preparino le persone al suo incontro. Sembra una descrizione lontana dalla nostra realtà di oggi ma, se ci pensiamo bene, forse non così tanto come potrebbe sembrare.

Cos’è che contraddistingue i discepoli in quanto inviati dal Signore (e cosa contraddistingue i missionari di oggi)?

Non sono appesantiti dalle cose ma hanno il cuore libero per ascoltare la Parola del Signore e lasciarsi guidare da Lui.
Non temono le persone “forti”, le situazioni di grande ostilità, rifiuto, minaccia e derisione.
Ridonano speranza e salute a chi incontrano, sia che si tratti di salute fisica o spirituale.
Donano pace a chi incontrano: un gesto, una parola, un sorriso, uno sguardo capace di rasserenare.
Vivono di Provvidenza: sanno che quello che basta il Signore glielo concede.
Si muovono a due a due: c’è bisogno di sostegno, di conforto e di confronto quando si parte per una missione, non si può sostenere un peso così grande da soli.

Parlare di missione fa venire subito in mente uomini e donne in villaggi sperduti dell’Africa o in zone della foresta amazzonica.

Sappiamo che non solo loro sono missionari e che non è il luogo che determina il missionario ma l’atteggiamento interiore.

Ci sono insegnanti, avvocati, poliziotti, medici, magistrati, educatori, politici, imprenditori, sacerdoti, religiosi….nelle grandi città, nelle periferie, in Italia, in Europa, negli angoli più remoti della terra…che hanno accolto l’invito del Signore a essere mandati da Lui e sono (o sono stati) suoi testimoni credibili e autentici.

Non sono eroi che compiono un’impresa eccezionale, ma uomini e donne normali che si sono fidati totalmente del Signore e hanno messo la loro vita nelle mani di Dio.

Lasciamoci illuminare da loro e accogliamo la missione che il Signore ci affida, senza temere le difficoltà che incontriamo, perché il Signore è con noi e non ci mancherà niente.
Oggi, come ieri, la messe è abbondante e gli operai sono pochi!

17/10/2021 – Dedicazione del Duomo di Milano

Gv 10, 22-30

In quel tempo. Ricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone.

 

Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».

 

Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me.

 

 

Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

 

Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

 

Oggi mi colpiscono i dettagli, le singole parole.

La prima domanda è comprensibile (v.24 “Se sei tu il Cristo, dillo a noi apertamente”): anche noi di fronte alle difficoltà o semplicemente alle cose che accadono nella vita vorremmo sapere tutto, avere delle certezze, perché l’incertezza ci blocca, ci mette ansia, non ci lascia tranquilli.

  Ma sapere tutto senza giri di parole ci renderebbe più sereni? E poi, sarebbe possibile umanamente parlando…? Talvolta tanti preferiscono vivere di mezze verità…

Quale domanda più profonda esiste se non la domanda su Dio? Tanti vorrebbero avere le risposte circa l’esistenza di Dio, di Gesù, del male del mondo… “anche Dio, non potrebbe una volta per tutte fare chiarezza, o meglio rivelarsi a me?” – direbbe qualcuno..

A volte sapere non è sufficiente. Non è sufficiente perché noi siamo non solo intelligenza ma anche emozioni: nulla più ci fa star bene quanto avere qualcuno accanto nei momenti duri della vita. Questo ci rasserena molto di più che il semplice “sapere”.

La svolta è il prendersi cura. Come fa Gesù, e lo spiega tramite l’immagine del pastore che accudisce le sue pecore, le conosce, ci tiene!

Dunque Gesù è passato ai fatti! (v.25 “Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me”).

      Le nostre opere, invece, cosa dicono di noi? Siamo testimoni Suoi, perché continuiamo la sua opera?

Noi siamo le sue pecore! Per noi Gesù si spende, promette a noi la sua vita eterna, è disposto a donarcela, perché tiene troppo a noi e non vuole che noi andiamo persi. (v.28 “non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”). La vita eterna del Figlio è la vita d’amore con suo Padre, nello Spirito: è disponibile per noi.

Non ci sono due opzioni, ce n’è una: o ti perdi o hai vita.

 

Se ieri il Vangelo ci ricordava che il nuovo tempio è il corpo di Gesù, oggi dobbiamo prendere consapevolezza che siamo anche noi -membri della Chiesa- corpo di Gesù, nuovo tempio, in quanto abitati dallo Spirito.

Torniamo ad ascoltare la voce del Padre che oggi si mostra a noi tramite le persone che si prendono cura di noi, ci conoscono e ci chiamano per nome, spendono tempo per farci compagnia, condividono gioie e dolori.

Proviamo a vivere con la convinzione che nulla ci può strappare dalle Sue mani!

Preghiamo per i sacerdoti, vescovi  tutti (soprattutto il nostro mons. Mario Delpini) e parroci che, da buoni “pastori” come Gesù, sappiano indicare la voce dell’unico Buon Pastore, stando in mezzo e camminando insieme (sinodalità) ai loro fedeli che gli sono stati affidati, proprio all’inizio di questo cammino intrapreso dalla Chiesa ambrosiana e italiana.

16/10/2021 – Beato Contardo Ferrini

Giovanni 2,13-22
In quel tempo. Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e il Signore Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse:

 

 

“Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”.

 

I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”.

 

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”.

 

Rispose loro Gesù:
“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.

 

Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai
risorgere?”.

 

 

Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Salito a Gerusalemme in occasione della festa di Pasqua, Gesù entra nel tempio, il luogo dell’incontro con Dio ma constata che esso non è rispettato nella sua funzione; anzi, da luogo di culto, è diventato luogo commerciale sede di traffici “bancari”, mercato dove regna l’idolo del denaro.

E il mercato si installa dove accorre la gente, sempre lenta a credere ma facilmente religiosa. E quel mercato situato proprio in quell’area del tempio riservata alle genti perché potessero avvicinarsi a trovare il Dio vivente, procurava un’enorme ricchezza ai sacerdoti, agli inservienti e a tutta la città santa.

Gesù reagisce immediatamente e pesantemente a questa situazione che non può sopportare: compie un’azione, un segno e dice una parola.

Gesù, in tal modo, si rivela come un profeta che denuncia il culto perverso dichiarando, davanti a tutti, la triste fine fatta da quella che è la casa di Dio. Ma affermando che il tempio è la casa del Padre, rivela di essere suo Figlio, dunque il Messia, il Figlio di Dio.

Il gesto compiuto da Gesù per gli uomini religiosi della città santa è scandaloso: vogliono capire quale autorità abbia per compiere un’azione così dissacrante. Allora Gesù risponde con parole enigmatiche che sono una profezia che quei contestatori non possono comprendere nella loro verità. Gesù identifica se stesso, il suo corpo con il santuario, i suoi nemici potranno anche sopprimerlo ma lui, in tre giorni, risusciterà il tempio del suo
corpo.

Ormai, dunque, il luogo dell’incontro con Dio è il corpo di Gesù, il luogo del vero culto a Dio è Gesù.

Ecco la buona notizia del Vangelo: luogo della Presenza di Dio non è un edificio ma è il Cristo che è anche uomo, è la sua carne in cui “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col, 2,9). Di conseguenza, luogo della Presenza del Signore è il corpo di Cristo che è la sua chiesa perché i cristiani sono il tempio di Dio (1Cor. 3.16-17).

Rileggendo il brano del vangelo odierno ci sembra incredibile che i Giudei non riuscissero a riconoscere in Gesù la Presenza di Dio, ma noi cristiani sappiamo discernere che Cristo è in noi? E’ lo stesso S. Paolo che ce lo chiede: “Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Dio abita in voi?” (2Cor 13,5).

15/10/2021 – S. Teresa di Gesù

Luca 21, 34-38

In quel tempo. Il Signore Gesù disse:

 

 

«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.

 

 

Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

 

 

Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo.

Che il vostro cuore non si appesantisca”.
Scegli il cuore aperto. Il Signore ci pone ogni giorno nella condizione d’amare, ci aiuta a tirare fuori il meglio di noi, a liberare le capacità belle per metterle al servizio della gioia.

State attenti a voi stessi” Sappiate scendere in profondità dentro a voi stessi, esaminare le vostre emozioni e sentimenti per cogliere ciò che agita il cuore, ciò che viene da Dio e ciò che distrae perché non viene da Lui.

Lo Spirito è all’opera in ogni momento e ci chiede di scegliere e vivere nella fiducia.
Papa Francesco commentando questo inciso dice di non perdere l’identità, siamo originali e unici.

Non perdetevi in preoccupazioni e affanni
Occorre evitare gli intorpidimenti e le sclerotizzazioni del cuore che ci decentrano dal fine della nostra vita.

Quali cose ti frantumano? scelgo un intorpidimento da eliminare.
Il discernimento ci permette di vigilare, serve a smascherare i surrogati e le mediocrità che illudono il Cuore.

Una delle modalità che ci viene indicata è la preghiera (“vegliate in ogni momento pregando”), la relazione con quel Tu che ci ama e chiama.

Scegli di tenere gli occhi aperti.

14/10/2021 – S. Callisto

Luca 21, 25-33
In quel tempo. Il Signore Gesù disse:

 

 

«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra
liberazione è vicina».

 

 

E disse loro una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.

 

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»..

Mi pare che Gesù abbia mostrato spesso una grande fiducia nell’intelligenza che Dio ha donato a ciascuno di noi.

E anche in questo brano (che è da leggere assolutamente tenendo presente le righe che lo precedono e le righe che lo seguono) sembra far conto sulle nostre capacità di osservare la realtà: “Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi….”.
Osservate! Come se Gesù ci dicesse: guardate bene!

Cosa capite? L’estate è vicina.
E voi, pur vedendo solo dei germogli (minimi, deboli, dispersi) avete la sicurezza di entrare, tra qualche settimana, nell’estate, quando questi stessi rami saranno coperti da lussureggiante fogliame e, inoltre, carichi di frutti??
E avete ragione. La vostra speranza, che è la realtà in divenire, si realizza nella certezza del sopraggiungere dell’estate!

E adesso guardate gli altri “segni”: le situazioni sono disperate e gli uomini sono così poco virili che non moriranno per la violenza o il male: ma per la paura della violenza e del male.
Eppure, sono solo il “segno” della salvezza che ci sta piombando addosso.

Sappiate leggere i “segni”, miei discepoli – sembra dire Gesù – che le capacità le avete: certo, ma soprattutto – dirà due righe dopo – dovete esercitare la vostra volontà (altro dono di Dio) e “… State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni
della vita”

Signore, ascoltami!! Dammi la libertà di sollevarmi dagli affanni della vita!!