05/02/2021 – S. Agata

“In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».” (Marco 6,14-29).

Il racconto dell’assassinio di Giovanni Battista ci lascia davvero tristi. Uccidere una persona per una banalissima promessa ci rende tutti più costernati della disumanità e della pochezza di quello che siamo.

E tutto è quanto mai assurdo se consideriamo il fatto che Erode, riconoscendo l’eco di quanto Gesù sta facendo, è turbato per la reincarnazione di Giovanni Battista. É il rimorso della propria responsabilità delittuosa!

Che cosa raccogliamo come insegnamento dal racconto di Marco che la liturgia odierna porta alla nostra attenzione?

Innanzitutto dobbiamo mantenere alta la fede. La missione richiede fede e preghiera. Quante volte Gesù si è ritirato in disparte a pregare! La preghiera aiuta alla resistenza di fronte ai fallimenti.

L’insegnamento di Gesù è poi un invito a far sì che l’amore fraterno resti saldo (Ebrei 13,1-8). Essere discepoli missionari vuol dire essere persone che fanno dell’amore e della misericordia il loro impegno quotidiano.

Bastano queste frecce scoccate dall’arco della Parola per farci capire che la missione ha un prima, un durante e un dopo, dove fede e amore trovano nella costanza la speranza nel Signore.

04/02/2021 – Giovedì della 4ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.” (Marco 6,7-13).

Seguire Gesù non vuol dire seguire un leader ma essere chiamati ad annunciare la novità dell’annuncio della Parola. Gesù invita i suoi discepoli ad uscire incontro alla gente, ad ascoltare la loro vita. É una missione di vicinanza.

I discepoli però non sono solo chiamati ad ascoltare ma a mettere in pratica la misericordia, la vicinanza, la compassione, l’amore verso chi incontrano. Il loro compito è guarire.

Quanto importante è guarire. Lo abbiamo capito bene in questo tempo di pandemia. Sappiamo bene quanto importante sia prendersi cura.

Quale è lo stile di chi va in missione? Gesù manda i suoi discepoli a due a due. Questo significa avere un atteggiamento di fondo: quello di condividere un cammino. Gesù invita ad essere sobri e ad essere persone umili, che si accontentano.

Compito di chi va in missione è in fondo quello di convertirsi, di cambiare atteggiamento, cioè di avere uno stile di amicizia spirituale verso chiunque è il nostro prossimo.

03/02/2021 – Mercoledì della 4ª Settimana del Tempo Ordinario

“Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.” (Marco 6,1-6).

I racconti di Marco hanno posto alla nostra attenzione le difficoltà di Gesù nella sua missione di annuncio della buona notizia. Le povera gente riconosce Gesù per la sua autorità, perché é un testimone credibile. Le autorità religiose al contrario contestano il suo insegnamento perché mette in discussione la loro non fedeltà al progetto originario di D-o.

Gesù ha trovato opposizione anche dagli abitanti di Gerasa. E ancor di più da parte dei suoi concittadini di Nazareth. Tutti sono stupiti della qualità delle sue parole e delle guarigioni. Ma questo non basta.

Il paradosso è che i concittadini di Gesù anziché riconoscere il senso e il  valore del suo messaggio, si stupiscono perché è uno di loro, è il falegname e il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, Ioses, Giuda e Simone e le sorelle sono presenti nella comunità. C’è un pregiudizio di fondo che lascia esterrefatti. É uno scandalo la sua presenza.

É sempre la solita storia: il pregiudizio rende ciechi anche se al centro c’è chi fa del bene.

Gesù prende atto della incredulità della sua gente: un profeta non è disprezzato se non nella sua patria!

E si, c’è amarezza quando i pregiudizi si trasformano in muri. Non possiamo stupirci nemmeno di questo. L’umiltà non è una virtù per chi ha pregiudizi e grida allo scandalo.

02/02/2021 – Presentazione del Signore

“Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse D-o, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».” (Luca 2,22-40).

Le parole dei grandi anziani Simeone e Anna ci aiutano ad intravvedere la bellezza della lode a D-o per il dono della vita.

La preghiera di Simeone ci introduce alla scoperta del Salvatore, il Messia, Gesù Cristo, con il Padre e lo Spirito autore della vita.

A meditare le parole di Simeone, che preghiamo prima di coricarci, si può quasi gustarela dimensione dell’accompagnamento del Signore della nostra vita. Simeone accoglie il bambino Gesù tra le sue braccia!

Meditiamo alcune parole del cantico di Simeone.

Lasciare: è una prima azione che ci aiuta a prendere distacco dalle cose di questo mondo per abitare l’essenziale della vita.

Andare in pace: è la scelta di chi non rivendica ma cerca di amare il prossimo ed essere disponibile al dialogo.

Vedere la salvezza: significa scoprire un oltre che ci appartiene e a cui tendiamo.

Luce per rivelarti alle genti: è il simbolo della vita che si illumina.

Nelle parole e nella preghiera di Simeone scopriamo quindi che l’esperienza di fede dà alimento alla vita.

01/02/2021 – Lunedì della 4ª Settimana del Tempo Ordinario

“Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.” (Marco 5,1-20).

É un racconto evangelico che sconvolge la nostra immaginazione per la situazione nella quale Gesù, ancora una volta, si trova coinvolto.

In questo caso però c’è un capovolgimento di prospettiva nell’uomo posseduto da uno spirito impuro che lo costringeva ad una vita indecorosa, tra le pietre dei sepolcri. Tutti avevano paura di lui.

Si ripete una scena che Gesù ha vissuto già nella sinagoga di Cafarnao da parte di un altro uomo colpito da uno spirito impuro.

A Gerasa l’uomo che vive tra sepolcri gridando dice: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del D-o altissimo? Ti scongiuro, in nome di D-o, non tormentarmi!». É paradossale che anche questo uomo insano sia in grado di identificare con precisione chi è Gesù.

Gesù compie una sorta di esorcismo per liberare questo uomo, di nome Legione. Quello che accade è incredibile: gli spiriti immondi si scaricano in una mandria di porci che affogano nel mare cadendo da un dirupo.

Di fronte a questo fatto la folla di Gerasa chiede a Gesù di andaresene dalla paura. Al contrario l’uomo guarito ringrazia Gesù, anzi vorrebbe seguirlo ma poi si mette ad annunciare e a testimoniare il bene ricevuto da Gesù.

Ci sono in fondo due atteggiamenti contrapposti che scopriamo in questo passo evangelico. Da un lato la gente paurosa che non vuole conoscere l’insegnamento di Gesù; dall’altro l’uomo guarito che s’impegna ad annunciare la bontà del Signore.

Noi non siamo tanto diversi. Abbiamo atteggiamenti del tutto simili: le chiusure, le incapacità a farsi da parte, sentirsi i migliori. Quello che ci manca è la convinzione di sentirci strumenti della salvezza per il quale Gesù ha cercato di coinvolgerci.

31/01/2021 – 4ª Domenica del Tempo Ordinario

“Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.” (Marco 1,21-28)

Siamo agli inizi della predicazione e della testimonianza di Gesù. É riconosciuta in lui autorità perché sa esprimere vicinanza alla gente. Insegnare con autorità vuol dire avere la capacità di esprimere in profondità la Parola delle Scritture legate alla vita ed essere uomini di D-o

Nonostante l’impegno Gesù si trova di fronte ad una prima ostacolo. Una persona posseduta da uno spirito impuro si scaglia contro l’insegnamento di Gesù. E Gesù risponde scardinando la forza della persona posseduta: “Taci! Esci da lui!”

Ci fa impressione ascoltare questo racconto perché mette in evidenza da un lato la differenza tra l’insegnamento di Gesù e quello degli scribi, dall’altro la novità che Gesù della presenza del Signore, D-o di misericordia. Cioè aiutare le persone a riconsiderare la loro vita non per schemi chiusi, ma aprendo gli sguardi all’oltre.

Dobbiamo anche noi, nel nostro tempo, avere il coraggio di seguire  il Signore non secondo le nostre logiche ma accettando che la Parola entri nella nostra vita e ci faccia cogliere l’essenza di una fede semplice ma convinta.

30/01/2021 – Sabato della 3ª settimana del Tempo Ordinario

“Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!».” (Marco 4,35-41).

Ci sono tre espressioni di Gesù nell’Evangelo di oggi che costituiscono quasi un programma per il cammino di missione di ogni credente.

“Passiamo all’altra riva”. C’è il desiderio di Gesù di coinvolgere i suoi discepoli in una realtà aperta, non chiusa. La missione, l’annuncio non sono riservati ai soliti, a quelli del giro, ai notabili. L’annuncio non ha confini, bisogna varcare i confini, andare all’altra riva.

“Taci, calmati” rivolto al mare in tempesta è un invito ad affrontare le situazioni complicate della vita. I discepoli sono paurosi e sconcertati dell’esperienza che stanno vivendo. Gesù invita i suoi discepoli ad accettare il rischio, ad avere coraggio e a non essere rinunciatari.

“Perché avete paura? Non avete ancora fede?” É il monito di Gesù ai discepoli. La sua presenza è di chi sa accompagnare, sa dare fiducia.

Gesù è più di un maestro, è un formatore, dona sicurezza.

Siamo chiamati alla sequela, per annunciare l’Evangelo affidandosi al Signore. É questo il messaggio di Gesù. Avere fiducia è il motto del discepolo missionario.

29/01/2021 – Venerdì della 3ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».” (Marco 4,26-34).

Ancora l’Evangelo ci suggerisce le parabole di Gesù legate alla vita di un seme.

Come il seme cresca, nessuno lo sa! Il seme ha delle mutazioni sin da quando é nascosto nel terreno. Ha dei propri tempi di maturazione sino a produrre un frutto. E questo a prescindere da chi l’ha seminato. Così è la Parola!

Il richiamo agreste di Gesù in queste parabole provoca in noi una riflessione: in fondo la vita di fede è un cammino alimentato dalla Parola. É un cammino fatto di varie tappe. Esse sono collegate da un filo rosso che le unisce tutte.

Gesù ci fa scoprire poi un’altro aspetto importante. Il più piccolo dei semi fa nascere un albero grande che accoglie i nidi degli uccelli. Si, la luce, la fede, la Parola maturano e crescono dal poco, dal ciò che è piccolo. É la piccolezza il perimetro della nostra fiducia nel Signore.

In questa giornata cerchiamo di osservare le cose piccole per imparare a vedere il bene che ci circonda. Il Buon D-o abita in noi nella piccolezza! Il regno di D-o è semplicemente immerso in ciò che è piccolo, in una Parola.

28/01/2021 – S. Tommaso d’Aquino

“In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce.” (Marco 4,21-25).

Il passo evangelico che oggi ascoltiamo non è di semplice comprensione. Va letto innanzitutto nel contesto della missione di Gesù.

Tutto il messaggio di Gesù é teso ad illuminare con la Parola il cammino delle folle che lo seguono. Non ci sono segreti nella missione è neppure nella Parola. Tutto é per la luce.

Il secondo passaggio è ancora più delicato. Bisogno evitare di misurare la vita degli altri con pregiudizi e con la presunzione di essere dalla parte giusta, perché potremmo essere a nostra volta giudicati. Occorre umiltà profonda.

L’ultimo versetto è un ulteriore invito ad accogliere la Parola che entra nella nostra vita e a viverla. Altrimenti il rischio è quello di perdere tutto, anche quel poco che abbiamo interiorizzato.

Questo passo evangelico è una ulteriore spiegazione della parabola del seminatore e del seme. Dobbiamo essere davvero capaci di accogliere la Parola e viverla, con trasparenza e umiltà.

27/01/2020 – Mercoledì della 3ª Settimana del Tempo Ordinario

“Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».” (Marco 4,1-20).

 


La missione di Gesù trova una spiegazione importante nella parabola del seminatore e del seme. L’annuncio di Gesù è incentrato sulla Parola, quel seme che rappresenta l’essenza del dialogo con il D-o della vita.

 


Colpisce la spiegazione di Gesù sul significato delle parabole. Sembra quasi di cogliere nelle sue parole l’invito a non dare mai per scontata la profondità della Scrittura che aiuta ma anche destabilizza la nostra gracile umanità. Il pericolo vero è bastare a se stessi.

 


Gesù in questa parabola vuole farci capire perché la Parola è importante ed anche i nostri atteggiamenti umani. É questa la sfida del credente ogni volta che medita e approfondisce la Parola. Sappiamo che la Parola di D-o non ha né tempo né spazio, perché è eterna e si incunea nel nostro vivere quotidiano perché deve essere vissuta.

 


Il seme è la Parola e cade. Che cos’è la strada, che cosa sono i sassi e rovi e il terreno buono per il seme?

 


La strada rappresenta l’uomo che corre e non si ferma. Si lascia rubare il senso profondo della vita che la Parola gli dona. E lo spirito del male lo corrode.

 


Il terreno di sassi rappresenta l’uomo che inciampa. Si lascia prendere dall’entusiasmo ma non trova la radice profonda per far crescere una vita in pienezza sostenuta dalla Parola.

 


I rovi rapprendano l’uomo che è distratto. È attratto da ciò che è apparenza e questo soffoca la bellezza della Parola che non riesce a diventare vita.

 


Infine il terreno buono è l’uomo che pur nella fatica accoglie la Parola e lascia che si immerga nella sua vita per dare frutti buoni.

 


Proviamo ad  immedesimarci in questo seme che è la Parola e meditiamo la Parola ogni giorno.