18/01/2018 – Santa Margherita d’Ungheria

“Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.” (Marco 3,7-12).
Lungo il mare avvengono molti incontri di Gesù con le folle. L’Evangelo di oggi ci racconta il clamore delle guarigioni e la presenza di tanta gente che lo seguiva provenendo da quelle che oggi Papa Francesco chiama le periferie. Si tratta di gente assetata che ha bisogno di una parola, di essere guarita nel corpo e nello spirito.
Gesù quindi parla dalla barca. Annuncia la Parola. Spiega un modo nuovo di accogliere la presenza del Padre, guarisce dalle infermità. E addirittura gli spiriti impuri indicano l’identità del Maestro: é il Figlio di D-o.
C’é un bisogno profondo in noi. In talune stagioni della storia sentiamo il bisogno di guarire dentro, perché non siamo in grado di capire, di affrontare le fatiche. L’Evangelo di oggi ci racconta che é Gesù la persona che ci può accompagnare.
Abbiamo bisogno di toccarlo per essere guariti. Signore, ci affidiamo a Te in questo giorno dove il grigio non lascia spazio al sole, al tuo sole. Aiutaci!

17/01/2018 – 2ª Settimana del Tempo Ordinario

“Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano.” (Marco 3,1-6).
Ogni giorno la Parola ci scuote. É nello stesso modo Gesù scuote gli animi imbalsamati della comunità del suo tempo per farci capire come riconoscere il Signore e come riconoscerlo D-o di misericordia e di amore sia così difficile.
Oggi é il caso dell’uomo con la mano paralizzata.
Sono domande fondamentali quelle che Gesù pone alla assemblea convocata in giorno di sabato in sinagoga. Si può fare del bene o del male in giorni di sabato?
La risposta non c’é. I farisei tacciono. É un silenzio assordante di rifiuto di cogliere una nuova dimensione, di scoprire che D-o guarda oltre ai precetti del sabato.
La conclusione che ci racconta l’Evangelo é triste: Gesù trova già gli oppositori che vogliono far morire. Che tristezza! Fare del bene é un optional nel giorno di sabato.
Non ci devono stupire questi atteggiamenti. Anche nelle nostre comunità di oggi riscontriamo tristemente persone che vorrebbero sempre dettare le regole agli altri e mai verso loro stessi. Non ci resta che avere fede e pazientare con quella solerzia fondamentale per essere credenti credibili.

16/01/2018 – 2ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?».” (Marco 2,23-28).
Nel giorno di sabato i discepoli di Gesù raccolgono le spighe di grano mentre attraversano i campi. Il raccogliere spighe rappresenta per gli ebrei osservanti una attività che nel giorno di sabato, giorno dedicato al Signore, non é lecito svolgere.
I farisei pensano che il Maestro sorvoli e lasci correre su una azione di questo tipo. Al contrario Gesù cita un evento capitato a Davide e ai suoi compagni altamente più grave avvenuto in giorno di sabato.
Gesù ammutolisce anche noi che ascoltiamo la Parola, quando afferma che “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!” Quante volte nella nostra vita confondiamo i piani e trasformiamo un processo in una forma sbagliata di schiavitù verso noi stessi. Essere signori del sabato significa essere coscienti pienamente di dedicare a noi stessi e alla nostra vita il meglio per rinnovare la nostra fede nel Signore e non certo per fare un tagliando.
Che il Signore ci aiuti a scoprire questa fedeltà con coraggio.

15/01/2017 – 2ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».” (Marco 2,18-22).
I discepoli di Gesù non applicano il digiuno come i discepoli di Giovanni e dei farisei. E il motivo é semplice: non é il momento perché lo sposo é con lo loro, ovvero il loro Maestro, che é il Signore, é insieme a loro.
Che cosa vuol dire digiunare? Che significato ha nella cultura ebraica? Il digiuno ha una funzione di pentimento, di lutto o di supplica. In verità Gesù vuol far capire che il suo insegnamento rappresenta uno stacco rispetto a quanto Giovanni e i farisei intendono fare. E il digiuno é una conseguenza: non ci sono condizioni per digiunare.
É nella conclusione dell’Evangelo che capiamo sino in fondo l’insegnamento di Gesù verso i suoi discepoli: é il Signore, che é al centro ed é la novità. Per questo non si mette il vino nuovo in otri vecchi perché altrimenti si perdono il vino e gli otri.
Possiamo dire che la novità della presenza di Gesù Maestro ci pone in una condizione nuova, perfino rispetto la tradizione che viene in secondo piano. Al centro c’è lo sposo che é con noi.
Il nostro impegno quotidiano é quello di mettere al centro della nostra vita il Signore.

14/01/2018 – 2ª Domenica del Tempo Ordinario

“Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù.” (Giovanni 1,35-42).
L’Evangelo di questa domenica ci presenta due grandi incontri: quello dei discepoli che insieme a Giovanni incontrano Gesù e Andrea con Pietro che incontra Gesù.
Sono due incontri straordinari. Da un lato Giovanni Battista svela l’identità di Gesù. Gesù é l’Agnello di D-o. É una immagine che ci proietta tra la tenerezza e il sacrificio nell’incontrare il Figlio di D-o.
Il secondo incontro tra Andrea e Pietro che indica Gesù come il Cristo, ci svela in particolare l’identità di Pietro e della comunità da cui scaturisce l’incontro con Gesù. Pietro é la roccia ma in ebraico significa primogenito.
Tra i due dialoghi scopriamo alcuni verbi che ci spiegano questi singolari incontri.
Chi cercate: cercare é lo scopo della nostra esistenza umana. Per trovare bisogna cercare. La fede é una continua ricerca.
Dove abiti: noi umani abbiamo bisogno di sicurezza. Abitare la fede è poterla coltivare nei luoghi della vita: nelle nostre case alla chiesa, nel lavoro come nella scuola, etc.
I verbi di Gesù, venire e vedere, sono espressione della concretezza. La fede chiede esperienza e opere.
Meditiamo quindi il nostro incontro di fede con Gesù in questa settimana.

13/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».” (Marco 2,13-17).
Proviamo ad immaginare di scattare alcune fotografie istantanee dell’Evangelo di oggi.
La prima vede Gesù che torna sulle rive del mare e incontra Levi, Matteo esattore delle tasse: vieni e seguimi e Matteo senza indugio segue il Maestro.
Altra istantanea: Gesù pranza con i pubblicani e peccatori e subisce le critiche degli scribi che si chiedono perché il Maestro si mette alla pari di persone che non meritano di essere considerate in quanto peccatrici.
Terza istantanea: Gesù spiega in modo chiaro e limpido il senso della sua missione. Ovvero riportare i ‘malati’ ad essere risanati.
Qual è il filo conduttore di queste tre fotografie evangeliche: il Padre che è misericordioso! E questo Padre che ci ama, inizia con pazienza il suo accompagnamento sempre partendo dagli ultimi.
Anche noi, nella missione di annunciare l’Evangelo, dovremmo fare altrettanto.

12/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano D-o, dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.” (Marco 2,1-12).
Il racconto della guarigione del paralitico che l’evangelista Marco ci propone questa mattina é sorprendente per noi, ma deve essere stato altrettanto per Gesù. Solo una fede coraggiosa e indomita poteva pensare di calare un paralitico dal tetto per essere guarito.
E in questo contesto si innesta l’insegnamento provocatorio di Gesù rispetto al questione di sentirsi salvati. Sappiamo bene che nella cultura dell’epoca la prima cosa che si pensava di una persona colpita da una malattia é tutto questo derivasse da un castigo di D-o. Ed é proprio per questo motivo che Gesù provoca gli scribi, perché é vero che é solo D-o il supremo giudice della nostra vita, ma il D-o che conosciamo non é un castigatore ma un misericordioso. In fondo che cosa significa rimettere i peccati se non liberarsi dal peso dei nostri umani errori e quindi sentirci salvati?
C’é di più nella nostra fede di cristiani la riconciliazione é il segno di una condivisione del progetto di D-o su di noi che ci può venire proprio attraverso l’accompagnamento di un sacerdote che é abilitato a farsi da tramite con il volere e il pensiero di D-o.
Ma l’invito di Gesù non si limita alla sola remissione dei peccati, al sentirsi salvati. Sarebbe troppo comodo! Quell’alzati, prendi la tua barella e vai a casa tua non é una mera battuta di Gesù: é l’invito alla responsabilità. Sarebbe troppo semplice pensare alla riconciliazione come sacramento che mette a posto le cose per metterci in pace con la nostra coscienza! Ma quanti invece tra i cristiani pensano a questo?
Manca nel nostro impegno spesso quello che un tempo si chiamava ‘timor di D-o’. Non possiamo farci belli confezionando una fede su nostra misura e non secondo il disegno di D-o!

11/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.” (Marco 1,40-45).
L’esperienza della purificazione di un male come la lebbra, che l’Evangelo di oggi ci presenta, va inserita all’interno della cultura ebraica. Non é possibile toccare una persona malata di lebbra, non solo per i rischi che questa malattia può provocare, ma soprattutto perché essa rappresenta una sorta di destino di lontananza da D-o, una forma di castigo divino.
Con la guarigione del lebbroso Gesù rompe non solo uno schema legato al tema della purificazione ma rompe la logica della condanna divina verso la persona. D-o é prima di tutto Misericordia e Amore.
E questo cambiamento di prospettiva parte da una dimensione che chiamiamo compassione e che vuol dire compartecipare alle sofferenze altrui, portandone il peso.
Gesù però non si limita ad una guarigione che evidenzi il miracolo. Tutt’altro la guarigione é strumento di conversione del cuore. Rimette in circolo la tradizione ebraica e ciò che é previsto nella Legge Mosaica: andare da un sacerdote, offrire doni a D-o ma tutto questo nel silenzio del nascondimento. Ciò che non avviene perché la persona guarita fa una pubblicità senza precedenti.
Accogliamo perciò il senso profondo del messaggio evangelico: lasciamoci convertire dalla bontà del Signore.

10/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!»” (Marco 1,29-39).
Gesù guarisce la suocera di Pietro, guarisce ammalati e indemoniati. La sua missione é di annunciare la Parola e di guarire allontanando i demoni che impediscono l’incontro con il Signore.
Ma la scena dell’Evangelo si sposta verso un’altra direzione. Gesù si ritira quando é ancora buio in un luogo deserto per pregare.
L’azione e la meditazione sono punti cardine della predicazione, dell’annuncio, del riconoscere la presenza di D-o nella vita. E Gesù invita i suoi discepoli a non farsi prendere da chi cerca i miracoli. Perché non i miracoli sono legati al riconoscere D-o per fede ma la Parola e la preghiera generano la presenza di D-o che si nasconde nel nostro agire.
Andiamo oltre, dice Gesù. Anche noi dobbiamo andare oltre per sperimentare il senso del seguire Il Maestro su territori nuovi.

09/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.” (Marco 1,21-28).
All’inizio della sua attività pubblica, Gesù viene riconosciuto per la sua autorevolezza nello spiegare la Parola. Il suo insegnamento é concreto, legato alla vita delle persone. Egli si pone come un rabbi che insegna con passione.
Stupisce nell’Evangelo di Marco che Gesù a Cafarnao incontra subito chi lo riconosce. L’Evangelo parla di un uomo posseduto da uno spirito impuro. E Gesù compie una attività da esorcista. La gente é impressionata di questo fatto, é stupita e non ha parole. Si sparge perfino la voce di questa vicenda.
Che cosa vuol dirci l’Evangelo di Marco oggi?
La presenza di Gesù colpisce perché egli si presenta con una identità forte. Egli affronta le questioni della vita delle persone, quelle più dure, senza essere intimorito. Lo Spirito impuro é la realtà del male, di ciò che ci impedisce di vedere la presenza di D-o nella nostra vita umana.
É importante che la nostra fede si interroghi sul nostro vissuto, sulla concretezza del nostro agire e si lasci illuminare dalla luce del Signore che ci accompagna. Esistono gli spiriti impuri che ci impediscono di vedere e noi dobbiamo esserne consci.