01/11/2021 – Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Gv 5, 21-29

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: «Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole.

 

Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. 

Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.

 

 

In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

 

In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo.

 

 

Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna».
Se ieri abbiamo celebrato tutti coloro che hanno fatto centro nella vita e hanno vissuto “da Dio”, coi loro alti e bassi, oggi ricordiamo tutti i nostri cari che hanno avuto fede, ci hanno provato!

Che cosa sappiamo della vita? Forse qualcosa, ma della morte? A molti sembra soltanto che venga a toglierci la vita. In questo anno e mezzo, tanti amici hanno vissuto lutti di familiari (non solo per Covid). La morte è tornata prepotentemente alla nostra attenzione, facendo riaffiorare sentimenti nascosti e domande serie.

Qui si parla di vita eterna, forse non è la stessa cosa di “vita”: non ricordo quale definizione mi sia stata insegnata. Per me è la vita di Dio di cui non abbiamo del tutto esperienza, da uomini e donne quali siamo. Ma qualcosa si, assolutamente! siamo invitati a parteciparvi (rileggere il Vangelo di domenica!)

E mi chiedo: noi cosa c’entriamo con Dio e, visto che siamo mortali, cosa resta della nostra vita?

Le risposte potrebbero essere banali, personali, ovvie. Permettetemene solo una: l’Amore, che guarda caso è uno dei “nomi” di Dio in Giovanni, “Dio è Amore”.

Quando viviamo come Dio, amando, la nostra vita entra in una dimensione spazio-temporale diversa: tutti noi possiamo confermarlo, tutti ne abbiamo avuto esperienza in qualche modo!

Qui mi stupisce che chi ascolta la Parola del Figlio passa “dalla morte alla vita”.

La Parola quindi porta vita. Chi ascolta vive!

L’amore produce bene ed è la sua forma di manifestarsi.

Cosa resta davvero delle persone care che non vediamo più fisicamente con noi? Il Bene da loro compiuto a noi e ad altri. Certo c’è anche il male e purtroppo anche quello resta e va purificato, tuttavia il Bene è davvero più forte, o almeno è quello in cui credo!

 

Signore, aiutami ogni giorno a fare la scelta di Bene cosicchè la mia vita porti frutto e questo rimanga; ricordami di costruire la mia vita basandola sulla Tua Parola di Figlio amato e possa io essere generativa di speranza. Donami la grazia di consolare chi è nel dolore, chi è nella disperazione e ha smesso di sperare che il bene possa essere più forte del male. Solo Tu hai risposte alle nostre tante domande: sei stato con noi, ci hai indicato una vita bella umanamente possibile, cosicchè noi possiamo affidarci a Te. Sostienici nelle nostre tribolazioni, ricordandoci che ci hai fatto per vivere in Te una Vita Eterna!

01/11/2021 – Tutti i Santi

Mt 5, 1-12a
In quel tempo. Vedendo le folle, il Signore Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

 

 

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

 

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

 

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

 

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

 

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

 

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

 

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

 

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

 

 

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Oggi è la festa dei Santi, festa di uomini e donne come tutti noi, con i loro pregi e i loro difetti, con la loro umanità e il loro slancio, pieni di talento ma anche paurosi. Ciò che li accomuna è che hanno realizzato che per fare centro nella vita non dovevano mettersi loro in primo piano, ma essere riflettori e amplificatori dell’amore del Signore. Hanno fatto da specchio a Dio.

Nel vangelo di oggi Gesù ci consegna un bel programma di vita e che i santi hanno fatto loro: le beatitudini, la felicità, è tale se ogni occasione della vita diventa possibilità di lasciarsi visitare, salvare, consolare, saziare da Dio stesso e il nostro rapporto con Dio illumina tutta la nostra realtà.

Don Fabio Rosini ci aiuta a capire come.
“La povertà di spirito vuole dire una mendicanza, una situazione di bisogno, di insufficienza: è una porta che ci apre all’incontro col Signore. Così come il dolore. Nel dolore possiamo chiuderci oppure ci possiamo aprire a Dio e lasciare che ci visiti, ci consoli, venga e che il dolore ci porti dove ci deve portare.
La mitezza è la condizione di non reazione allo scontro. Cioè lo scontro è la condizione in cui si verifica la mitezza, è un luogo dove possiamo opporci violentemente oppure non reagire. Quelli che non combattono le guerre avranno in eredità la terra, cioè la terra che Dio sa donare. Perché non combattere le battaglie degli uomini? Per farci dare da Dio la nostra eredità, per non prenderci un territorio che spetta a Dio decidere per noi.

La quarta beatitudine non vuol dire rivendicare giustizia ma sentirsi mancanti di giustizia, sentirsi assettati della giustizia del regno dei cieli, sentire di non essere giusti. Perché chi non si sente giusto si apre alla giustizia di Dio. Chi non si sente giusto viene saziato in misericordia ed è colui che trova misericordia.

I puri di cuore sono quelli che mettono in discussione quello che accade nel loro cuore, fanno discernimento su ciò che capita nel cuore e vedono Dio. Quelli che scelgono le opere di pace sono quelli che sono stufi di fare la guerra. Scoperto che è Dio che dà la terra, dà Lui la giustizia, si astengono da una vita di rivendicazioni e questi trovano la paternità di Dio, vivono da figli di Dio.

E da ultimo ci sono quanti sono aggrediti dagli altri perché sono cristiani. Ecco questi sono quelli che possiedono il regno dei cieli, sono nelle condizioni di vivere secondo ciò che veramente vale, ciò che è eterno.
Cosa possiamo chiedere?
Di essere saggi, di non farci scappare le occasioni di pregare intensamente perché la nostra povertà non ci sia di scandalo ma d’aiuto, perché il nostro pianto ci apra a Dio, perché gli scontri e le guerre non siano più il luogo dove lasciamo incastrare nella conflittualità ma siamo saggi, sono le occasioni in cui farsi dare la terra e farsi chiamare figli di dio e che questa insufficienza profonda e questa incompiutezza che portiamo è l’apertura all’opera di Dio in noi, è l’apertura allo spirito santo: accogliamola, non odiamo la nostra insufficienza.

Chiediamo di vivere di misericordia, di non essere schiavi del proprio cuore ma liberi dal proprio ego e renderci conto che se non facciamo contenti tutti, se col nostro scegliere il Signore Gesù la gente se la prenderà un po’ con noi o forse non ci avallerà, non ci applaudirà beh questa è una cosa di cui ci possiamo vantare, questa è una cosa in cui rallegrarci perché forse stiamo vivendo da profeti.

Tratto da IL DISCORSO DELLA MONTAGNADON FABIO ROSINI –
https://www.youtube.com/watch?v=H6Qyv61wPyU

31/10/2021 – 2ª Domenica dopo la Dedicazione

Luca 14,1a. 15-24

In quel tempo. Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei. Uno dei commensali gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».

 

Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi.

 

 

Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.

 

 

Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone.

 

Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.

 

 

Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”.

 

Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, perché la mia casa si riempia.

 

Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

Quante volte mi è capitato di organizzare una cena o una gita! A volte non è riuscita come avrei sperato: cioè avere tutti, ma proprio tutti, gli amici e le persone care, presenti vicino a me e un pizzico ne sono stata dispiaciuta…

figuriamoci Dio come può esser dispiaciuto che i suoi figli, FIGLI!, gli “tirino buca”.

Ognuno ha le sue motivazioni e se “scusiamo” noi i nostri amici, ancor più lo fa il Buon Dio misericordioso, ne sono sicura, se però in cuor nostro davvero vorremmo stare con Lui, nostro papà, per davvero! Una volta si può “toppare”, ma nel cuore dobbiamo chiederci se l’INVITO alla festa grande l’abbiamo accettato…. poi ci saranno un sacco di piccole occasioni in cui “saremo assenti”, ma su quello il suo cuore misericordioso colmerà le nostre mancanze.

Venite, è pronto!” (v.17) come a dire: non dovete far nulla, non portate niente, ci penso io!

Lui non si dà pace, invita tutti (vuola che la casa si riempia!), perfino quelli che noi, ancora oggi, scartiamo: storpi, ciechi, zoppi (Lc 14). Mi è capitato di “innervosirmi” nei giorni scorsi a scuola, pensando al comportamento terribile di qualche studente. Ebbene, anche loro sono invitati, anzi per loro dovrebbe giungere il Suo invito tramite me.

(Alla mensa di Dio c’è POSTO x tutti; noi invece limitiamo i posti a chi vogliamo noi)

 

Signore, non sono serva degna, non so andare “per le piazze e per le vie della città” (v.21) a portare il tuo annuncio di gioia, di salvezza, non sono in grado di condividere la fatica e le situazioni difficili… dammi un cuore paziente che non si arrenda al primo rifiuto, ma che con costanza sappia dare una parola buona, un invito al cambiamento, ricordare la bellezza della condivisione a tutti, soprattutto a indisciplinati, poveri di tenerezza, bisognosi di uno sguardo buono, carenti di parole delicate.

Ti ringrazio, invece, perchè nonostante i miei limiti, mi aspetti fra i tuoi amici, perchè mi ritieni “concittadina dei santi e familiare” (Efesini 2,19)

Insegnami che oggi siamo tutti “vicini, grazie al sangue di Cristo” (Ef 2,13),: aiutami a camminare INSIEME (SINODO) a tutti, perchè io pure sono “lontana” a volte, nessuno è più “straniero o ospite” (Ef 2,19). rendi la tua Chiesa VICINA, compagna di strada, serva che sappia invitare tutti al Tuo banchetto perchè “beato chi prenderà cibo nel Regno di Dio!” (Lc 14,15)

 

PS: Compito x tutti i membri delle Comunità che vogliono costruire una Chiesa unita e lieta: rileggere il brano della Lettera agli Efesini di oggi nell’ottica del cammino fraterno e sinodale…(noi/voi, vicini/distanti….), Forse ci aiuta a cambiar prospettiva!

30/10/2021 – Sabato della 1ª Settimana dopo la Dedicazione

Matteo 16,24-27
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

 

 

Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

 

 

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

 

 

Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni”.

 

Così commenta papa Francesco: “Mettersi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce – tutti l’abbiamo… – per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del successo, della gloria passeggera, ma quello che conduce alla vera libertà, quello che ci libera dall’egoismo e dal peccato. Si tratta di operare un netto rifiuto di quella mentalità mondana che pone il proprio “io” e i propri interessi al centro dell’esistenza: questo non è ciò che Gesù vuole da noi! Invece, Gesù ci invita a perdere la propria vita per Lui, per il Vangelo, per riceverla rinnovata, realizzata e autentica”.

Tutt’altro che semplice vivere questo discepolato! E’ un discepolato a caro prezzo che non ci rende esenti dalla prova e dalla sofferenza, discepolato che ci spinge ad essere dalla parte dei miti, dei poveri, dei perseguitati…Siamo cristiani autentici se non perdiamo mai di vista il crocefisso perché la vera gloria di ogni cristiano sta nel prendere la propria croce e seguire il suo Signore nella passione, nella morte e nella resurrezione.

In questo passo di Vangelo, Gesù ci parla del vero significato che dobbiamo dare alla parola “vita”. La vita è innanzitutto non quella che uno cerca di conservare ad ogni costo, seguendo l’impulso a vivere anche senza o addirittura contro gli altri, in una logica di autoconservazione che non riconosce la dinamica del dono di sé a Dio e agli altri.

Al contrario, si può addirittura spendere la vita fino a perderla nel darla e, in questo caso, la si ritrova nella potenza della resurrezione, che Dio opera come parola ultima sulle nostre vite.
La vera vita non significa guadagnare il mondo, non si identifica con l’avere, con il possedere perché nessuno di noi può pagare a Dio la propria redenzione e salvare la propria vita…

Perdere la propria vita per il Signore non è dunque un invito a disprezzare la vita ma a spenderla per amore.

29/10/2021 – S. Onorato da Vercelli

Mt 10. 40-42

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.

 

 

Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.

 

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Oggi il vangelo ci invita a scomodarci.

Gesù ha appena mandato i discepoli in missione e continua il suo insegnamento.
L’ esortazione è ad uscire dalla “confort zone”, ad accogliere l’altro, a fare posto a coloro che incontriamo nella nostra vita, possono essere i familiari, i nostri colleghi di lavoro, i compagni di studio.

Accogliere un piccolo è accogliere Gesù. Sappiamo che al suo tempo i piccoli erano considerati un nulla, senza valore.

Possiamo pensare a quali sono i piccoli che incrociano la nostra strada.
Bastano cose semplici, pensiamo d’estate quanto gioia ci può dare un bicchiere d’acqua: è sufficiente quel piccolo passo effettivo che posso fare.

Lasciarsi decentrare e accogliere il piccolo che siamo noi.
La prima cosa da fare è riconoscersi piccoli, bisognosi di cura e di Qualcuno che ci prenda per mano.

Affidare al Signore le nostre fragilità e le nostre ferite, solo così sarà più facile accogliere l’altro.

Sono capace di accoglienza? Accogliere l’altro è qualcosa di divino come ci ricorda Abramo alle querce di Mamre.

28/10/2021 – S.S. Simone e Giuda, apostoli

Giovanni 14, 19-26
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

 

 

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.

 

Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

 

 

Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

 

 

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Sembra che all’apostolo Giuda faccia problema quel che ha appena sentito dire da Gesù: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete”. Gli fa problema, forse perché lui, san Giuda, ha in mente un Messia che dovrebbe essere molto esposto, un Messia che dovrebbe imporsi come leader mondiale sia a livello politico sia a livello religioso. Un Messia che risolve tutti i nostri problemi, che moltiplica le risorse disponibili, che elimina il dolore di tutti gli uomini, che realizza i desideri di ciascuna di noi….

E, come al solito, Gesù sembra rovesciare la prospettiva.

La questione fondamentale non è “cosa fare per avere un mondo migliore ed essere tutti felici..”.
La questione vera è: “Quale è la mia posizione davanti a Gesù?”.

Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. E chi ama Gesù desidera condividere “la dimora” di Gesù e del Padre. Seguirlo, osservarlo, imitarlo… Lui, che dice le Parole del Padre e il
cui desiderio supremo è “fare la volontà del Padre” nelle concrete situazioni che il mondo Gli mette quotidianamente davanti.

A Lui come a noi.
Non siamo soli, in questo lavoro di discernimento: lo Spirito Santoci insegnerà ogni cosa”.
Affidiamoci!

Signore, ascoltami!! Anche oggi dammi orecchio per sentire e occhi per vedere e cuore per decidere secondo la voce del Tuo Spirito!!

27/10/2021 – Mercoledì della 1ª Settimana dopo la Dedicazione

(Mt 19, 9-12)
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».

 

 

Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli.

 

 

Chi può capire, capisca».

Gesù rende manifesto l’egoismo che sta dietro al pensiero dei discepoli, che guardano solo al tornaconto affettivo e, forse, dell’orgoglio. Non conviene sposarsi…che fatica dover perdere qualche libertà, nel momento in cui non tutto va per il verso giusto. Perché compromettermi?

Il Signore presenta come la “legge nuova” vada scelta compromettendosi, mettendosi in gioco nelle libertà che ognuno di noi ritiene intoccabili, come sposarsi quante volte vuole.
Così come è un “buon compromettersi” anche il vivere da eunuchi per il regno: tanti vedono in questo passo un’immagine della nostra idea di celibato. Un sì che al mondo di oggi è tanto incomprensibile, ma che ancora attira e interroga per la sua radicalità, quella che ci chiede l’amicizia con Gesù.

Quali sono le scelte che mi compromettono guardando agli altri? Come mi pongo davanti ai sì definitivi? Mi attirano o non ne vedo il senso? Sono più comodo nei sì liquidi?

26/10/2021 – Martedì della 1ª Settimana dopo la Dedicazione

Marco 10, 17-22

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

 

Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare
il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre».

 

 

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

 

 

Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Un tale corre incontro a Gesù. Forse ha sentito parlare di Lui, forse lo ha già incontrato in precedenza e per questo ritiene che sia un “maestro buono”, a cui affidarsi, un maestro capace di indicargli la retta via. Quest’uomo è spinto dalle migliori intenzioni e davvero vuole rendere la sua vita capace di aspirare alla vita eterna.

Gesù inizialmente sembra accontentarsi del suo operato, del rispetto del prossimo e di Dio, dell’obbedienza alla torah. Poi lo guarda … fissa lo sguardo su di lui e lo ama – riporta il testo –

Forse troppe volte, ascoltando queste righe di Vangelo, mi sono soffermata su quest’uomo poco coraggioso, che alla richiesta di Gesù di lasciare tutti i suoi beni, di ribaltare il suo modo di vivere, se ne va triste, perché non ne è capace.

Oggi mi ha, invece, profondamente colpito l’espressione “lo amò”: il Signore lo ha amato fin da subito e ha continuato ad amarlo anche dopo il suo rifiuto, forse Gesù gli ha chiesto qualcosa di grande (cambiare vita) proprio perché lo amava e vedeva il suo bene, persino dove quell’uomo non lo vedeva.

Allora forse anche noi, cercatori di vita piena, uomini desiderosi di essere sempre più a “sua immagine”, uomini che puntano a realizzare già in questa vita la pienezza eterna, non ci soffermiamo abbastanza su quell’espressione: “Lo amò”.

Se ripercorressimo ogni giorno l’amore riversato da Dio nelle nostre esistenze fin dalle viscere materne, potremmo affrontare con più coraggio la coerenza della vita cristiana. Se facessimo risuonare in noi la certezza che Lui ci ama, saremmo più capaci di affidarci e fare scelte radicali, poiché chi ci ama vede prima e più di noi il nostro bene.

Preghiamo con il salmo 138:
 Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,

mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: «Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte»;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

25/10/2021 – S. Gaudenzio di Brescia – Beato don Carlo Gnocchi

Lc 9, 57-62
In quel tempo. Mentre camminavano per la strada, un tale disse al Signore Gesù:

 

«Ti seguirò dovunque tu vada».

 

E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

 

 

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre».

 

Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

 

 

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

In questo brano Gesù non fa sconti, non abbellisce la realtà della chiamata, ma tende a spegnere i facili entusiasmi.

Il suo primo ammonimento invita a lasciare le false sicurezze, che consistono principalmente nei beni materiali. Non lo si segue per inseguire il successo o la fama, ma si ottiene il contrario.

Gesù, in un ammonimento che sembra duro, invita poi a lasciarsi il passato alle spalle (“lascia che i morti seppelliscano i loro morti”). Occorre trovare la forza di guardare avanti, superare paure, preconcetti, avvenimenti che ci legano.

Infine rimane da spezzare l’ultimo legame, quello con la propria famiglia di origine. Gesù qui è radicale: ogni vocazione a cui siamo chiamati impone il distacco, che possa portare poi a una relazione matura e non più subalterna con la propria famiglia di origine.

_Quali sono le false sicurezze dietro cui tendo a proteggermi? Le so riconoscere?
_Ci sono eventi nel mio passato che riconosco di dovermi lasciare alle spalle?

24/10/2021 – 1ª Domenica dopo la Dedicazione – Mandato missionario

Marco 16, 14b-20
In quel tempo. Il Signore Gesù apparve agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto.

 

 

E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.

 

Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

 

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

 

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.   

Il Vangelo di oggi è squisitamente missionario e, allo stesso tempo, testimonia l’importanza che nessuno si possa scoraggiare quando nasce l’incredulità nel suo cuore.
Gesù si fida dei propri discepoli, nonostante i difetti: nasce qui una fiducia illimitata da parte sua verso ciascuno di noi, pur sapendo chi siamo nel nostro intimo; questa speranza e questo “avere credito”, quindi, ci trasforma, ci dà coraggio e ci rende capaci di osare.

“Adesso procedete voi ..” è l’atteggiamento che pone nelle nostre mani …. e come possiamo farlo?
Combattendo la forza del male che non dà spazio alla vita, alimentando un linguaggio che esprima benevolenza gli uni verso gli altri, essendo persone di relazione che credono fortemente nella convivialità delle differenze e, infine, prendendoci cura del povero.
Sta a noi credere nella vocazione di annunciatori!

– Come riconosco nella mia vita i segni della presenza di Gesù?
– Se Gesù oggi mi dicesse “Continua la mia missione”, quale atteggiamento sento più mio per camminare in questa direzione?
– Quale volto di Chiesa vorrei riflettere nella mia ordinarietà?

Canterò senza fine le grazie del Signore, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli, perché hai detto: “La mia grazia rimane per sempre”; la tua fedeltà è fondata nei cieli. (Sal 88)